Troubles

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Si erano ritrovati in quella tavola calda in centro, lo stesso in cui andavano da quando erano ragazzi.
Davanti ad un caffè, appoggiato su quel tavolo in legno, continuavano a parlare di quello che era successo al loro amico.
"Lo andrà a dire a tutti?" Brendon non sapeva cosa pensare, si era pentito di averglielo detto il secondo dopo che l'aveva fatto ma ormai non poteva più tornare indietro.
"Non lo so, Bren." I suoi amici lo stavano ascoltando, o almeno Gerard, visto che Frank sembrava piuttosto scosso. "Perché glielo hai detto?"
"Non lo so." In verità lo sapeva bene, i suoi modi di fare, come rispondeva, come sembrava non aver paura di niente.
Il modo in cui pensava di poter risolvere qualsiasi situazione da solo e la sua faccia tosta.
Come voleva far credere agli altri di essere forte e il suo non avere paura di dire la sua, anche se voleva dire mettersi contro tutti. "Forse mi ricorda lui." Lo disse, sapeva che non avrebbe dovuto, non era esattamente una cosa normale.
Insomma, nessun professore va a raccontare ad un alunno della sua vita privata.
"Ma chi è, poi?" Chiese Frank, uscendo dal suo stato di trans.
Brendon roteò gli occhi, perché sicuramente gli avrebbero detto qualcosa appena avrebbe fatto il suo nome.
Non gli andava proprio di venire rimproverato dagli unici amici che aveva, sapeva che aveva sbagliato, non c'era bisogno di mettere il dito sulla piaga.
"Ryan Ross."
"Quello nuovo?" Chiese Frank.
"Alto più o meno così-" Gerard fece un segno con la mano. "Castano, apparentemente amico di Kellin Quinn, sfacciato?" Brendon sembrò confuso.
"Si, tu come-"
"Oggi ha coperto Kellin per essere arrivato dieci minuti in ritardo alla sua punizione." Si ricordò come anche lui lo coprisse quando si cacciava in qualche guaio e la cosa era reciproca.
Avrebbero fatto di tutto l'uno per l'altro ed era la sensazione più bella del mondo.
"Bren?" Frank lo fece distogliere dai suoi pensieri, accorgendosi solo dopo di essersi incantato a guardare un punto indefinito.
Brendon guardò il suo amico, sempre più confuso, non stava capendo cosa stava succedendo.
Lo guardava, con gli occhi spalancati -e poté giurare che erano gonfi e rossi, come se avesse appena pianto- probabilmente indeciso su cosa dire.
"Hai una cotta per un tuo alunno?" Gerard quasi si strozzò con il caffè e sta volta fu Brendon a spalancare gli occhi.
Una cotta? Per Ryan Ross? Per chi l'aveva preso, per una dodicenne in calore?
"No! No!" Provò a contenersi. "Come ti viene in mente, i-io non lo farei mai." Non gli credevano, glielo leggeva in faccia. "Okay, ragazzi. Sarebbe illegale."
"Molte cose sono illegali, questo non ferma le persone dal farle." Rispose Gerard, con un ghigno sul volto.
"Gerard!"
"Gee, ti ricordi Patrick Stump e Pete Wentz?" Brendon alzò gli occhi al cielo, sperando che non avrebbero iniziato a fare la lista di tutti i professori della nostra scuola che avevano avuto rapporti con degli alunni.
Sfortunatamente, solo loro due erano stati beccati.
"Oh sì, dev'essere così felice adesso Pete, in quel metro quadro di prigione."
"Io non ho una cotta per un mio alunno, smettetela, siete così infantili." I due scoppiarono a ridere mentre Brendon diventava rosso dalla rabbia.
Come potevano solo pensare una cosa del genere?
Per chi l'avevano preso?
Brendon Urie non aveva cotte, non si innamorava, non provava niente del genere.
Alzò lo sguardo verso la porta, dalla quale era arrivato quel odioso tintinnio che faceva, ogni volta che qualcuno l'apriva e non seppe bene cosa fosse: il destino, forse quello stronzo del karma, o un presunto Dio che ce l'aveva a morte con lui.
Si, ogni tanto ce li vedeva uno di quei permalosissimi dei greci a prendersela con lui.
Anche se non intendeva proprio quello, in quel momento.
"È qui." I suoi amici smisero di ridere una volta per tutte e si girarono verso la porta in contemporanea.
"Wow, questo dev'essere una specie di segnale." Lo prese in giro, Gerard.
"Fottiti." Eppure era veramente lì, con i capelli castani che gli ricadevano davanti alla fronte e lo sguardo perso nel vuoto, mentre la sua amica continuava a parlargli di cose incomprensibili all'orecchio di Brendon.
Pensava che lei non lo sopportasse, per questo restò a guardarli più del dovuto, per assicurarsi che quella fosse davvero Clare Watson o se fosse una persona che le somigliava molto.
Poi si ricordò che gli aveva detto che erano amici, nello stesso momento in cui la ragazza si voltò verso di lui, incrociando lo sguardo con il suo e iniziando a scuotere Ryan ripetutamente, fino a che anche lui non si girò verso Brendon, costringendo quest'ultimo a distogliere lo sguardo.
"Signor Urie!" Clare iniziò a tirare il suo amico verso il loro tavolo.
Quella ragazza era la persona più inopportuna nella faccia della terra.
"Salve!" Come se fosse stata la sua migliore amica si mise a sedere nel posto vuoto, proprio accanto a Brendon. "Ma c'è anche il signor Way! Salve." Gerard sorrise, imbarazzato. "E l'altro, che non ho idea di chi sia, a scuola però dicono che è stato picchiato dal ragazzo." Vedendo Frank irrigidirsi, a quelle parole, Brendon si voltò subito verso la sua alunna, fulminandola con lo sguardo.
"Ti sembra una cosa opportuna da dire?" Non la capiva, quella ragazza.
Un giorno era buona e tranquilla, non dava noia ad una mosca e il giorno dopo era irritante come un dito infilato violentemente su per il culo.
"Quindi che mi vuole fare? Mettermi in punizione?" Ryan, che era stato in silenzio fino a quel momento, in piedi davanti al nostro tavolo, diede una pacca sulla spalla a Clare.
"Andiamo Clare, non esagerare." Disse, con un lieve filo di voce.
"Perché? Che ho fatto di male?" Ignorò il suo amico, tornando a parlare con noi. "Comunque complimenti, oggi mi avete fatto annoiare a morte.
Voglio dire, lei-" indicò Gerard. "Ha messo in punizione Kellin e lei-" indicò Brendon. "Ha fatto andare Ryan dalla psicologa, perché sua madre si è messa a gridare per tutta la scuola."
"Clare." Continuò a non ascoltare il suo amico.
"Mandateci lei dalla psicologa."
"Clare." Ryan alzò gli occhi al cielo, cercando di trascinarla via.
Stava per aprire bocca un'altra volta, probabilmente rendendo la situazione ancora più imbarazzante di quanto non fosse quando il suo amico la precedette, dicendo: "È arrivato Kellin!" La ragazza bassina, dai capelli castani, si alzò di scatto, andando velocemente verso l'ingresso del locale, dimenticandosi completamente di quello che era appena successo.
"Mi dispiace." Ryan si scusò per lei e fece per andarsene ma venne bloccato prima di fare il primo passo.
"Ryan." Brendon lo aveva chiamato, se ne accorse soltanto quando ebbe i suoi occhi -insieme a quelli increduli dei suoi amici- puntati su di se. "Ehm.. Riguardo a quello che ti ho detto oggi, preferirei che rimanesse fra me e te." Il più piccolo inarcò le sopracciglia, probabilmente non si sarebbe neanche immaginato che avrebbe tirato fuori quel argomento una seconda volta.
"Certo." Rispose lui. "Non vedo perché dovrei dirlo a qualcuno."

I'm the worstDove le storie prendono vita. Scoprilo ora