X. Nei labirinti della mente (pt. 3) - Ricordi

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Una marcia incalzava fiera tra le mura del Palazzo di Aleah. I pavimenti di mosaici cristallini risplendevano sotto un'aurora dalle sfumature dorate. Le statue marmoree dei grandi corridoi raffiguravano gli avi che avevano difeso Aleah con onore. I loro occhi erano animati dal fuoco di quei raggi deboli. Le grandi tele narravano storie che tutti gli abitanti conoscevano. Anche se ne ignoravano la parte più oscura, come succede spesso. Lo sguardo della Principessa scorreva dubbioso su ogni oggetto, ne accarezzava la superficie e ritornava a disperdersi nell'eccessiva calma che la circondava. Le guardie non sembravano curarsi dei suoi pensieri. Perché avrebbero dovuto? Non era loro compito. Dovevano solo fare in modo che arrivasse all'altra ala del palazzo sana e salva. E che adempisse alla sua responsabilità. Era proprio questa la difficoltà maggiore. Era noto che la Principessa non avesse un carattere facile. Fino a quel momento aveva disertato alla maggior parte dei molteplici doveri che le spettavano. Ma a quel particolare dovere non poteva sottrarsi, lo sapeva bene. Eppure l'inquietudine intrappolava i suoi pensieri in dubbi di ambra ben edificati e dai quali nessuno avrebbe potuto distoglierla. Era in momenti come quelli che pensava al suo rifugio.

- Principessa! Oh, insomma, Principessa! Vi sembra il momento di giocare a nascondino? – la voce apprensiva e spazientita della donna che la inseguiva la divertiva. Si nascondeva sempre nello stesso posto, ma la balia non riusciva mai a trovarla. Sarà stato perché quello era il segreto che suo padre le aveva lasciato prima di partire. Sarà stato per le meraviglie che racchiudeva. Sarà stato perché portava in un luogo che la bambina reputava magico. La natura lì cresceva diversamente. Sembrava quasi avere vita propria. Gli alberi univano le loro chiome in alto, per non permettere a nessuno di entrare. O meglio, a nessuno che non ne fosse degno. A nessuno che non fosse puro. Il ruscello era libero da ogni vincolo e cambiava percorso a suo piacimento. La Principessa era incantata ogni volta dalla meraviglia di quel luogo. La Radura, come l'aveva nominata, accettava la sua piccola presenza perché lei era di quanto più puro gli alberi avessero percepito. I lunghi capelli neri si muovevano spensierati a ritmo del vento. Le dolci iridi nocciola battevano insieme al suono della terra. Le piccole mani delicate sfioravano l'acqua senza ferirla. La sua innocenza era disarmante. Quel luogo, apparentemente senza tempo, sarebbe diventato la sua casa in un futuro che sempre più violento si faceva spazio nel presente. Ma la Principessa non poteva saperlo. All'epoca era solo una bambina. Rimaneva lì per tutto il tempo di cui aveva bisogno e tornava al palazzo sempre prima che l'imbrunire si facesse avanti. Era troppo piccola per capirlo, tuttavia qualcosa la spingeva ad allontanarsi. Non le piacevano le tenebre che vedeva avvicinarsi.

Al continuo incalzare della marcia, avrebbe solo voluto correre via. Sentiva che la Radura la stava chiamando. Percepiva la disperazione del suo grido d'aiuto. Ma doveva mantenere l'ultima promessa fatta al padre. Che sarebbe diventata Regina di Aleah. Si lasciava trascinare dal macigno della parola data, mentre l'organo che le batteva in petto si dimenava rabbioso. Strinse i pugni. Lo faceva ogni qual volta sentiva le sue iridi sfumare nel rosso. L'autocontrollo non rientrava nelle sue maggiori abilità, anzi era la sua principale debolezza. Tutti lo sapevano. Quand'era piccola molti bambini si divertivano a provocarla di proposito. Non era abbastanza forte per resistere. Si chiedeva spesso se avrebbe mai appreso quell'arte così saggia e sottile. "La sottile lamina di un rasoio", qualcuno l'aveva definita tale. Ne era sicura. Eppure non ricordava chi. Non era il momento di soffermarsi su simili dettagli. Doveva rimanere concentrata. Quel richiamo continuava a sconvolgerla nel profondo. Non poteva più resistere.

- Abbiamo ancora un'ora, giusto? – la voce ferma le vibrava in gola con tono grave.

- Sì, Principessa, ma abbiamo l'ordine di... – non le importava altro.

- Sarò qui tra un'ora esatta – si voltò e si incamminò decisa verso il piccolo nascondiglio, sotto lo sguardo basito delle guardie. Sapeva che uno di loro l'avrebbe seguita a distanza, ma il chi la rassicurava. Era l'unico, a parte lei, a sapere del luogo incantato.

Era poco più di una ragazzina quando passò la prima notte da sola nella Radura. La disperazione la avvolgeva come un mantello. Aveva visto la morte quel giorno. Disseminata come la peggiore delle epidemie portate dagli esseri viventi. Aveva visto case rase al suolo, famiglie dilaniate dalle fiamme, bambini uccisi senza pietà. Aveva visto morire suo padre per mano di un uomo che non avrebbe mai potuto dimenticare. Non si sarebbe data pace finché non l'avesse ucciso. Si rifugiò nella Radura che l'accolse come sempre. Ma i sentimenti di odio che le scoppiavano in petto la rendevano meno pura alla vista degli alberi. La Principessa non poteva saperlo. Non aveva ancora capito la potenza di quell'oasi naturale. Così, per capire quanto si fosse diffuso quel sentimento amaro nel suo sangue, i rami la accolsero e la cullarono finché non si addormentò. Quella notte il suo sonno venne turbato da incubi che la agitarono con violenza. La figura dell'uomo che aveva assassinato il padre si ergeva fiera davanti a lei. Una risata crudele le risuonava nelle membra. L'odio le strisciava fino al cervello. Avrebbe voluto ucciderlo all'istante, ma non poteva. Qualcosa le aveva legato mani e piedi. Era a terra. Intuiva che quello non era un incubo qualunque e che non era un uomo qualsiasi quello che aveva davanti.

- Finalmente ci conosciamo, Principessa – la voce profonda sapeva di tenebre.

- Miserabile farabutto! – l'odio prese forma per essere sputato ai piedi dell'uomo. Rise.

- Ma che bel caratterino! Mi ricordi tanto il tuo amato Padre! – a quelle parole le iridi della Principessa divennero rosse. Riuscì a liberare mani e piedi dalla stretta di quei rami emostatici e si mise in piedi. Corse verso l'uomo, gettandolo a terra. Le sue luride mani, ancora sporche del sangue di innocenti, la spostarono e cercarono di strangolarla. A quel punto si svegliò. Gli alberi avevano visto abbastanza. Avrebbe potuto uccidere l'uomo a mani nude nel sonno. Non l'aveva fatto. Per loro questo era sufficiente. Si svegliò imperlata di sudore. Istintivamente si portò le mani alla gola, le faceva male. Respirando a fatica si trascinò accanto al ruscello. Rabbrividii quando vide i segni delle dita insanguinate intorno al collo. L'acqua sussultò al suo tocco, aveva avvertito le ombre che la pervadevano. Ma non cambiò percorso. Si lasciò prendere e rinfrescò il viso della Principessa. Quando le mani bagnate accarezzarono la gola, vide sparire il rossore e i segni e tornò a respirare regolarmente. Solo in quel momento capì che quel luogo l'aveva protetta per tutto quel tempo. Ma perché? Questa era una domanda che avrebbe trovato risposta a breve. All'improvviso, si accorse che un paio di iridi nere la scrutavano.

Aveva solo un'ora di tempo. Doveva muoversi se voleva rispettare il suo dovere. Arrivata alla Radura, si bloccò di colpo.

- Sapevo che mi avresti seguita, Karma – sorrise, senza voltarsi a guardare la guardia.

- Ho giurato a tuo Padre che ti avrei sempre protetta, Black – si avvicinò lentamente portandosi davanti alla Principessa – Ed è quello che farò. Perché sei scappata qui? Cos'hai sentito?

- La Radura si sta agitando. Potevo percepirne la disperazione oltre le vetrate del palazzo. Guarda – le mani apprensive indicarono tremanti la natura. Il ruscello cambiava percorso velocemente. I rami si intrecciavano e infittivano in alto, per coprire ogni possibile passaggio visibile.

- Cosa sta succedendo? – anche Karma sembrava preoccupato.

- Non lo so. Ma c'è solo un modo per scoprirlo – lo sguardo serio si posò sul letto di rami e nuvole davanti a lei.

- Stai scherzando, vero? Ti pare il momento di schiacciare un pisolino? – la perplessità lo rendeva buffo. Black si limitò a sorridergli.

- Va bene. Io resto qui. Non ti lascio sola – l'aiutò a salire sull'intreccio stabile che la accolse come la prima volta – Cerca solo di non farti male, Principessa – le sfiorò una guancia. Lei si addormentò. Quel sogno le avrebbe cambiato per sempre la vita.

 Quel sogno le avrebbe cambiato per sempre la vita

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Iride d'Angelo Ribelle - #Wattys2016 [TORNO PRESTO, PROMESSO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora