The Deal.

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Sono ferito. Umiliato. L'uscita con Amalia è andata più che bene direi, a parte il fatto che appena sono arrivato al nostro solito posto d'incontro, l'ho trovata aggrappata in modo poco elegante a un tipo che le infilava la lingua in bocca e aveva la mano sotto la sua corta gonna, quando mi hanno visto sono sbucati altri due tizi da dietro a dei cespugli lì intorno. Ad Amalia è scappata una risata, probabilmente per la mia espressione ferita e incredula per ciò che i miei occhi stavano osservando. I due ragazzi sono avanzati verso di me con un ghigno, mi hanno bloccato e il ragazzo che leccava la faccia a quella troia che ha preso il mio cuore con inganno, è scattato verso di me e mi ha preso a calci. Amalia riprendeva la scena col suo cellulare (ora il video è online) e rideva, mi diceva e urlava che sono stato solo un illuso, uno sfigato come me non poteva nemmeno sognare di poter avere una ragazza come lei, continuava a dire. Le sue parole facevano più male di quei calci nello stomaco e pugni in faccia. Sembrava impossibile, ma è stato proprio così. Dopo sono scappati perché è arrivato un uomo, mi ha aiutato e portato a casa. In casa non c'era nessuno, e al mio rientro ho lanciato un urlo, le lacrime limitate da troppo tempo ormai, le ho lasciate finalmente libere. Ho urlato, sono corso in camera e ho dato un pugno all'armadio facendo un buco nell'anta. Ho preso il mio vecchio televisore non funzionante e l'ho lanciato a terra nella speranza di soddisfare il mio odio e il mio rancore che in quel momento è salito gradualmente e velocemente dentro di me. Ma niente, non mi sono calmato. Ho messo la camera sotto sopra e dopo ho smontato un taglierino e ho iniziato a tagliarmi con forza e rabbia l'interno dell'avambraccio sinistro, mentre dalla mia gola fuoriuscivano urla di disperazione. Non guardavo ciò che mi stavo procurando, urlavo e basta, mi stavo punendo, me lo meritavo. E ora mi ritrovo qui. Con il braccio sanguinante e dolorante, a terra, in un angolo, nel buio, con le lacrime seccate sulla faccia, gli occhi arrossati e gonfi, lo sguardo perso tra il disordine che ho appena causato. Sono arrabbiato con me stesso, arrabbiato con tutti. Mi sento patetico, umiliato. In questo momento posso permettermi di fare ogni cosa. Qualunque cosa. Sono accecato dalla rabbia. Sono colmo di invidia e rabbia. Rabbia, invidia, pentimento. Guardo il mio braccio e, quello che vedo mi causa la perdita di un battito cardiaco, forse due. Ho un nodo alla gola, gli occhi fuori dalle orbite e il fiato sospeso. Sul mio braccio, ho scritto con i tagli senza accorgermene, un nome...
"Shaitan".
Inizio a ridere disperatamente. Rido, rido tantissimo, come uno psicopatico, poi sto zitto. Lascio spazio al silenzio, e poi urlo a gran forza: "Satana, cosa c'è? hai paura? tu! Dio del male! Aiutami. Prenditi la mia anima se vuoi, falla tua. Sono tuo! Ma aiutami. Ora, aiutami!". Dopo queste mie frasi accentuate dalla voce assordante che non sapevo nemmeno di possedere, sento nella mia testa delle risate. Tante risate. Troppe risate. Così tante che mi tappo le orecchie e strizzo gli occhi, urlo "Basta", ma continuano. La stanza inizia a girare intorno, e io inizio a tremare più di quanto lo stessi già facendo. Ho freddo, tanto freddo, ma il tremolio del mio corpo non è causato solo da questo. Apro gli occhi con la poca forza che mi resta, sono di fronte all'armadio, nel buio, e dove ho dato il pugno attraverso il buco che ho creato, c'è un ombra, scura e lugubre. Riesco a vederla perché è più nera del buio che mi circonda, sento la sua presenza come non ho mai sentito nessun'altra presenza in tutti questi anni, nonostante io ne sia sempre stato circondato. Mi obbliga a guardarlo, sono abbandonato a qualsiasi cosa lui voglia farmi. Sono come ipnotizzato, il suono del mio respiro amplificato, come se le mie orecchie fossero tappate, la scena a rallentatore, l'aria pesante. La mia mente è manipolata, controllata, posseduta. La porta bucata dell'armadio si apre lentamente accompagnata da un cigolio, sono con il fiato sospeso. Dopo un silenzio assordante e infinito la porta dell'armadio si chiude violentemente, causando la vibrazione della lampadina appesa della mia camera, facendola accendere e spegnere velocemente. Nel mentre mi scorrono immagini di sangue e poi vedo i bagni della scuola. Non riesco a capire il significato di quella strana visione. Poi, la lampadina si schianta sul pavimento, frantumandosi. La testa mi scoppia, le gambe non reggono, la confusione mi stringe, mi accascio a terra.
  Buio.

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