Il primo incontro

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Ero disteso sull'asfalto, il sapore del sangue mi impregnava la bocca e i miei vestiti erano umidi. Provai a muovermi ma avevo qualcosa che mi bloccava il corpo dal torace in giù. Le braccia potevo ancora usarle, respiravo a fatica. Aprii gli occhi, era appena arrivata la sera e il cielo era torbido di nuvole grigie e fumo nero, come uno stagno di catrame con una leggera distesa di sabbia, un fascio di raggi che creava il sole, ormai morente. La testa era libera, dolorante ogni volta che la muovevo. Provai a capire cosa stesse succedendo attorno a me. Capii solo di essere nel mezzo di un incrocio, grazie ai semafori intermittenti. Mi voltai a destra, direzione da cui giungeva luce e odore di bruciato. Vidi una colonna di auto bloccata da un pullman quasi completamente in fiamme, con qualcosa di ormai carbonizzato che bloccava l'accesso principale, iniziai ad agitarmi. Girai la testa a sinistra per cercare conforto, ma non trovai altro che un condominio in rovina, con nastri gialli e neri (con un simbolo già visto nei libri di chimica) che copriva tutta la sua facciata, incluso quello che sembrava un campetto da basket sul lato sinistro dell'edificio. Non riuscivo ancora a capire cosa stesse succedendo. Era tutto un casino, un fottutissimo casino infernale e non mi ricordavo niente, nemmeno il mio nome. Dopo essermi orientato a malapena in tutto quel disordine, con la coda dell'occhio vidi un qualcosa muoversi, era veloce e correva da auto ad auto, sbirciando sempre dagli angoli. Cercai di attirare la sua attenzione urlando:"Hei! Heii! Cosa sta succedendo? Mi serve una mano, ti prego aiutami!". Lo spaventai, visto che si rannicchiò all'istante dietro al cartellone pubblicitario. "Tu, dietro il cartellone! Aiutami, ti prego". Sgattaiolò da me non appena mi individuò. Aveva un giubbino grigio strappato in più punti, dei jeans infangati e un berretto macchiato in testa, capelli lunghi e stropicciati, con una barba lunga e incolta. la faccia era rinsecchita e sporca, con uno sguardo da ratto che ha appena trovato un'intera forma di Asiago.  Mi disse sotto voce:"Ssshhh amico, parla piano! Sei ferito? ti hanno morso?". Feci cenno di no con la testa, lui sorrise. Si avvicinò ancora di più ma non prese le mie braccia tese verso di lui, mi sfilò lo zaino che avevo ancora addosso. Riuscii solo a pensare:"Figlio di puttana!" che un'altra persona mi scavalcò con un salto e afferrò lo sciacallo, stringendo le mani al collo secco e molle. Scaraventato a terra, il ladro cercò di divincolarsi dalla stretta dello sconosciuto, che però strinse fino al punto di fargli scricchiolare il collo, finendo il malcapitato con un pugno in faccia e il rumore del suo cranio rotto. Quei capelli lunghi e mal curati si adagiarono del tutto a terra. La cosa che mi impressionò fu il modo quasi silenzioso (eccetto il rumore della caduta e delle ossa) in cui quel bastardo morì, non riuscì neanche a urlare. La luce solare era ormai minima e vidi del "salvatore" solo la parte posteriore, con una maglietta a maniche corte e delle bermuda da spiaggia. Era scalzo con una specie di morso sul polpaccio sinistro, con un'inizio di cancrena nera e torbida, quasi come un polipo oscuro tatuato sulla pelle chiara e spellata. Rimase lì sul malcapitato, per un po', prima che attirassi la sua attenzione afferrandolo per la caviglia. Si voltò verso di me e mi fissò dritto negli occhi. Non mi misi a urlare solo perché non avevo abbastanza aria nei polmoni per farlo. Il viso era ricoperto da lentiggini nere che si stagliavano per tutto il collo, come un'arcipelago. Al posto degli occhi c'erano due biglie nere, lo stesso colore di quello che rimaneva della sua anima, contornate da chiazze nere, come se avesse pianto inchiostro. Dei rigagnoli dagli occhi raggiungevano persino la maglietta, annebbiando quella che sembrava una tavola da surf. Emanava un'odore marcio e acidulo, al tatto la pelle sulla sua caviglia aveva la stessa consistenza del pane bagnato e fredda come il ferro. Ansimava senza sosta come un mastino assetato. Mi fissò così per un breve istante, per poi urlare in modo stridulo, come un grosso pipistrello, mostrando i suoi denti, stranamente azzurrognoli e luminescenti. L'emicrania diventò insopportabile mentre cercavo di tenere i suoi denti lontano da me. Il sibilo di un dardo in testa mise fine al suo ansimare e si accasciò accanto a me, gorgogliando. Da quel momento capii solo a tratti cosa stava succedendo. Sentii il peso sopra di me alzarsi, mentre delle mani mi trascinavano via da esso. Una carcassa puzzolente di cavallo con quello che rimaneva del fantino sopra il suo dorso, mi aveva bloccato fino a quel momento. Fui trascinato in un furgone e mi lanciarono sul petto una borsa, chiudendo le porte posteriori. Nel buio del vano di carico persi i sensi.

B come BluvagantiWhere stories live. Discover now