Il risveglio

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Mi ero svegliato sudato in un letto, ansimando e agitando la testa. Ero in una modesta camera bianca, illuminata da piccoli faretti sui lati dei muri con un letto e un'armadio, anch'esso bianco. La porta che divideva la stanza dall'ignoto esterno era solida, da isolamento. Accanto alla porta c'era il mio zaino: uno zaino da trekking, logoro e sgualcito come se lo avessero inzuppato in acqua. provai ad alzarmi, stranamente non ebbi problemi a mettermi in piedi o a girarmi. Dovevo solo fare attenzione alla flebo attaccata al braccio, che tolsi con diligenza. Appena la sostanza venne staccata dalla mia vena, mi accecò una visione di quello passato la notte prima, il ragazzo con quegli occhi, quei denti... Alla fine di quell'istante di follia mi ritrovai a terra. Mi rimisi subito in piedi per paura di avere altri attacchi. Raggiunsi lo zaino e lo riportai sul letto. Prima di aprirlo, guardai un'ultima volta la flebo, un liquido roseo riempiva la sacca e avvertii un'improvvisa voglia di bere. Cercai nello zaino qualcosa per soddisfare la mia sete, trovai dei vestiti puliti, un'orologio probabilmente mio, un walkie talkie con una targhetta. Su questa fu scritto "saluta" e infine una foto con una scritta in rosa e due persone che si baciavano. Tolsi il sangue raggrumato dalla foto e vidi la mia faccia incollata a quella di una ragazza coi capelli neri, tagliati corti. Sul suo braccio sinistro appariva un pesce koi, rosso sgargiante. La scritta rosa diceva "solo noi" con un cuore sulla i. Ripetei più volte tra me e me quella frase finché un'altro attacco di visioni mi fece vedere, brevissimi istanti di quella che sembrava una passeggiata notturna sul bagnasciuga di un grande specchio d'acqua, come in quei film sdolcinati che si vedevano spesso in tv, ero con lei. Mi ritrovai di nuovo rannicchiato per terra, alla fine degli spasmi di memoria. Mi vergogno a dirlo, ma il mio primo pensiero è stato quello di mettermi di fronte a una tv e rimanerci finché tutto questo strano sogno non fosse svanito. Mi grattai il mento, quegli infidi peli erano cresciuti un bel po' e quasi mi scordai del walkie talkie. Buttai via lo zaino, cambiai il mio camice con un paio di bermuda beige sorrette da una cintura bianca e una maglietta nera. Accesi la ricetrasmittente e salutai, dopo un paio di secondi una voce mi rispose:"Heilà 13, ben svegliato, io sono Mike e benvenuto nella zona sicura. Sei pregato di seguire ogni mia indicazione, qualunque incidente accada durante questo percorso sarà solo colpa della tua incompetenza". Rimasi perplesso, ma la stanza stava diventando troppo stretta e angusta, dovevo  cambiare aria. "Che cosa devo fare?" chiesi, mi venne risposto:"Un'attimo prego". La porta scattò elettricamente e si aprì. passai alla stanza successiva, il corridoio di un'ospedale. Le luci di emergenza lampeggiavano e la zona era silenziosa. Oggetti medici, da barelle a defibrillatori, da siringhe a garze erano sparpagliati per terra. Trovai lì vicino uno zaino azzurro della Eastpack vuoto. Ricominciai a cercare qualcosa da bere, dato che la mia sete si era pian piano impossessata dei miei pensieri. Trovai qualche garza, del cotone e un portafogli in cuoio nel raggio di cinque metri dalla porta iniziale. Avanzai nella prima porta a destra del corridoio e trovai una scena raccapricciante: il sangue era ovunque, quello che sembrava un infermiere era stato pugnalato più volte e la faccia era irriconoscibile. C'erano un paio di corpi, sangue e vestiti. Con il corpo congelato da quella scena di orrore, mi avvicinai al coltello e lo estrassi dal cadavere. Feci fatica, il corpo era irrigidito e freddo, pulii la lama meglio che potevo sul grembiule azzurro e misi il coltello tra le bermuda e la cintura a mo' di fodero. Chiusi la stanza e continuai a muovermi. Il corridoio sembrava infinito: camminavo passo dopo passo con il terrore che potesse succedere qualcosa, qualsiasi cosa. Pensavo a quell'infermiere e alle pugnalate sulla sua schiena. Tenevo una mano serrata sul manico in legno del coltello. La lama alta rendeva più certa la possibilità che quell'arnese fosse da cucina e la ruggine sotto le chiazze di sangue raggrumato dava un senso di usura, come se fosse rimasto lì da mesi. Quasi non me ne accorsi, assorto nei miei pensieri ma il corridoio aveva un bivio. L'ansia per poco non prese il sopravvento. Feci un bel respiro e avanzai cauto, passo dopo passo avvicinandomi alla lampada a led intermittente che segnava il bivio tra un'infinità di avvenimenti della via di destra e quelli di sinistra. Arrivato a pochi metri dal bivio spalleggiai il muro di destra e guardai a sinistra. La via procedeva, ancora sotto scarsa illuminazione, mi rilassai. Sbirciai la via di destra,  vidi solo una barricata di sedie, barelle e stampanti. La luce ad intermittenza si spense più a lungo del solito, scovai lo stesso una bottiglietta d'acqua, cautamente la raccolsi da terra, evitando di toccare il sacco (o quello che era) lasciato parallelo al muro. Annusai la bottiglia, certo l'acqua puzzava un po' ma ormai ero ipnotizzato dalla sete. Bevvi tutto d'un fiato e mi scappò una risata di soddisfazione. Sbadatamente nell'inginocchiarmi il walkie talkie mi cadde sul sacco, "che mani di burro" pensai. Fu nel riprenderlo che la lampada si riaccese, rivelando che il sacco non era altro che una persona con la gola aperta, squarciata. Feci un balzo all'indietro e andai a toccare il muro accanto, mi ritrovai vicino ad un poliziotto in divisa, sdraiato e con lo stomaco dilaniato. Questa volta mi scappò un'urlo mentre indietreggiavo strisciando, tenendo tremante il coltello e puntandolo contro le ormai putrefatte carcasse. Dovevo andarmene da lì e velocemente. Non c'era tempo di esplorare ogni singola stanza. Ripresi il cammino, un po' più spedito, cercando di non pensare a quella povera gente. Raggiunsi l'atrio principale. Esaminai il chiosco del bar lì vicino. Presi delle merendine, altra acqua e un piede di porco, accanto alla serranda quasi chiusa. Il walkie talkie si animò:"Finalmente sei arrivato al chiosco, pensavo di dover aspettare ancora venti minuti, ma vedo che ti sei armato. Complimenti, sei uno dei pochi che pensano alla propria difesa." Questo era veramente terrificante, come cazzo faceva a sapere dove ero, cosa avevo e quanto tempo ci avessi impiegato per arrivare lì? Lo avrei scoperto più tardi? Non lo sapevo, non sapevo niente tranne una cosa: dovevo sbrigarmi, dovevo andarmene.

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