Alex, n°12

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Mentre chiedevo informazioni alla gente che mi passava accanto su come raggiungere i parcheggi sotterranei, dentro di me le domande si accumulavano sempre di più, sempre più complesse e finivano sempre con un punto interrogativo. Dopo due giri dell'intero dormitorio riuscii a raggiungere i parcheggi sotterranei. Appena varcata la soglia la puzza di polvere da sparo mi fece starnutire e la musica rock/metal echeggiava da ogni parte. Scesi le scale e mi trovai davanti una scena degna del peggior pub di tutti i tempi: da un lato parcheggiate moto, quad e veicoli di grossa taglia e dall'altra parte tavoli stracolmi di persone che bevevano birra in lattina, si facevano tatuare e avrei giurato di vedere una ragazzina che passava in mezzo a loro cercando di accendersi una sigaretta, ma sparì dietro ad un'energumeno che si voltò verso di me, facendomi sbiancare all'istante. Aveva una folta barba nera, costellata dalle briciole del suo ultimo panino, occhiali da sole neri (nonostante fosse tutto illuminato da lampade al neon) accompagnati da jeans, bandana rossa e camicia senza maniche. Alzò gli occhiali e mostrò gli occhi vitrei. Un classico biker con lo sguardo da sociopatico mi stava puntando e non sapevo cosa fare. Si alzò e con calma si avvicinò verso di me, tenendo lo sguardo fisso nei miei occhi. Non sapendo cosa fare strinsi a me lo zaino con tutto quello che avevo della mia vecchia vita e mi preparai al peggio. Quando quell'armadio a due ante mi fu a qualche centimetro di distanza disse con un filo di voce rauca:"Tu sei nuovo, vero?" e aspettò la mia risposta. Feci cenno di sì con la testa e mi irrigidii a tal punto che quasi persi i sensi. Ma l'armadio rise fragorosamente e si voltò verso quel losco bar, urlando:"Hei figli di una gran vacca in calore!" La musica si fermò di colpo e tutti si voltarono. "Questo è quello nuovo!" al che tutti alzarono i boccali urlando a squarciagola e assordandomi. La musica ripartì e il gigante buono mi diede una pacca sulla spalla, facendomi perdere l'equilibrio e si diresse di nuovo verso il bar. Dopo essermi rialzato e aver pulito la maglietta dalle briciole del terreno, sentii un dito toccarmi la spalla. 

Mi voltai e la ragazzina con la sigaretta era proprio davanti a me. I capelli rasati ai lati e quelli centrali racchiusi in uno chignon le davano un'aria indipendente e ribelle, i suoi occhi avevano un color oceano cristallino che per un eterno secondo, mi scrutarono l'anima. L'orecchino sul suo lobo sinistro aveva la forma di un cuore, color oro, che la rendeva meno aggressiva, ma solo d'estetica. Una felpa scura e pantaloni della tuta anonimi accompagnavano delle scarpe sportive nere con suole viola. Dopo essere stato analizzato dall'alto in basso dal suo sguardo giudicatore, fece un'ultimo tiro che mi soffiò in faccia, accompagnato da un semplice "cazzo ti guardi". Dopo aver tossito a causa del fumo dissi:"sto cercando Alex, il numero 12, sai dove trovarlo?". Lei si voltò verso un bancone e sorrise, rispose:"Ma certo, ce l'hai davanti agli occhi. Alex sta per Alexis, se non avessi capito, caro il mio genio. Prova a metterti un'orologio, magari compensi il ritardo". Come cazzo si era permessa?! L'avrei ribaltata a forza di sberle ma continuò a parlare:"Sei nuovo, fin qui lo capisco. Ma ora ti devi dare una svegliata e farmi vedere se abbiamo fatto bene a non lasciarti da qualche parte di questo schifo di città a farti sbranare. Ora ti spiego cosa dovrai fare, quando come e non chiedermi neanche una volta perché. In certi casi non c'è tempo per pensare. Domande?".

"Un paio ne avrei" aggiunsi in tono sbrigativo. Mi sedetti davanti a lei e cominciai: "Abbiamo solo noi questa storia dei numeri? Non capisco..." prese un paio di arachidi da un cesto lì vicino e mentre li sbucciava rispose:" A tutti viene assegnato un numero. Se qualcuno muore e troviamo un nuovo superstite gli assegniamo il numero del deceduto". La guardai incredulo, ma con calma continuò:"faccio un'esempio semplice. L'ultimo 13 è caduto dal terzo piano di un palazzo qui vicino. brutta storia, troppi vaganti quel pomeriggio. E qui arrivi tu, prendi il suo posto e ti dai da fare come puoi. Altro?" "Si, come mai vi chiamate fazione del caos?", prese un'altra manciata di arachidi e rispose:"Perché la gente che vedi qui in giro, viene dalle più disparate classi sociali: dal piccolo artigiano al medico rinomato prima di tutto questo. Vivono insieme e collaborano, niente potrebbe essere più giusto di così a parer mio. Se non hai altro dobbiamo andare, mi stai facendo arrivare in ritardo alla consegna..." spazzò le bucce e si alzò dalla sedia, esitai ma infine chiesi "Chi è Mike?" si girò di scatto, mi fulminò con lo sguardo e sibilò:"Fai troppe domande, andiamo".

B come BluvagantiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora