Capitolo 1

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Camminando a piedi nudi e con le dita ben strette a reggere quel misero asciugamano di spugna che le copriva il corpo, la bionda figura raggiungeva la sauna con un passo lento e cadenzato. Con fare tranquillo gironzolava per i corridoi di quel lussuoso hotel a cinque stelle, per sua immensa gioia fornito di bagni terapeutici; nulla la intimoriva a quell'ora della notte sicura che non potesse trovare nessun'altro aggirarsi nei dintorni data l'ora inusuale per concedersi il rilassante tepore della sauna.

A palmo aperto spinse la porta trovandosi immersa nel calore che la sauna regalava, era stata una giornata pesante e quel doloretto al collo le ricordava il reale motivo del suo pernottamento al Greenwich Hotel, con un sorriso disteso avanzò verso quella nuvola di vapore sistemandosi su una delle panche in legno di noce che ne facevano d'arredamento.

Si sedette lasciando vagare un sospiro scappato dalla labbra carnose e seducenti, con le dita andò a scostarsi quel ciuffo ribelle sfuggito dalla morsa della crocchia e sospirando nuovamente, dovuto al miracoloso effetto che i vapori le stavano diffondendo nel corpo, accasciò il capo indietro con le iridi castane a fissarne il soffitto in travi di legno.

Fare l'avvocato fiscalista non era di certo una passeggiata, questo Lucy lo sapeva bene, se poi si associava alle estenuanti e sofferte trasferte che doveva subire a causa di clienti ricchi e capricciosi, ciò rendeva le sue giornate sempre più stanche e stressate, ma come dar torto a loro? Conosceva bene quel mondo sfarzoso di ricchezza e frivolezze, un tempo anche ella ne faceva parte, la principessina Harris era soprannominata al liceo grazie a quell'altezzosità e arroganza che la caratterizzava. Ma quei ricordi liceali da ragazza pon pon e reginetta del ballo scolastico erano solo fonte di vergogna oggi, ormai ventottenne e con una carriera di tutto rispetto non le importava più sfoggiare il lusso con cui era cresciuta, la principessina Harris era morta da anni ormai, forse precisamente da quel giorno, quello in cui quell'incidente in auto portò via mamma e papà.

Chiuse gli occhi accoccolandosi meglio al bordo della panca, doveva ammettere però che almeno in questo caso non le era andata poi così male, quel ricco imprenditore le aveva offerto una stanza di tutto rispetto in uno dei più prestigiosi hotel di Manathan per un lavoro che avrebbe potuto svolgere anche in ufficio. Si trattava solo di controllare un mucchio di scartoffie ma quel tizio, un certo Davis, fondatore della Davis corporation, aveva espressamente chiesto che il lavoro fosse svolto in un luogo sicuro, da lui imposto, onde evitare fughe d'importanti notizie.

Inclinò il collo di lato arricciando le labbra -Davis sarai pure un super figo gentile ma resti comunque un cafone- mormorò a voce bassa con la pelle ormai imperlata da tantissime micro perle di sudore. Non sapeva molto di lui, tanto meno l'aspetto, il signor Nathan Davis si era guardato bene dal farsi vedere, Lucy non lo aveva mai incontrato di persona in nessuna occasione durante quei tre giorni di lavoro, nonostante fosse stato proprio Davis stesso a insistere che l'incarico fosse affidato esclusivamente a lei.

Ricordava ancora quel giorno, quando Mister Wilson si era introdotto con foga nel suo ufficio, tra l'altro durante la sua meritata pausa pranzo, ordinandole concitatamente di mollare qualsiasi lavoro stesse facendo pur di assecondare quel ricco facoltoso.

Ancora perplessa nel domandarsi per quale motivo il presidente della Davis co. avesse insistito proprio su di lei per l'incarico, era stata la sua migliore amica a distoglierla dai mille pensieri -Caspita Nathan Davis! - aveva esclamato Sarah con la bocca piena di spaghetti di soia per metà ancora cadenti nella confezione -La sua fondazione fa una smisurata beneficienza, pensa che i giornali l'hanno soprannominato "Il benefattore di Newyork" - aveva continuato poi con tanto di gesto scenico fatto con la mano. Ma Lucy aveva scrollato le spalle difronte a tanta meraviglia -Sarà il solito vecchio pomposo che dopo una vita ingorda ora tenta di redimersi- aveva soffiato quasi con sdegno prima che quegli occhi miele illuminati di malizia di Sarah l'avessero trafitta -Non leggi mai "Vanity Fair"- l'aveva rimbeccata poi, allungandosi verso di lei pronta a una pausa pranzo ricca di pettegolezzi.

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