Interrogatorio

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Mi svegliai il giorno seguente, avevo il corpo formicolante per la pozione scomoda nella quale avevo dormito, e la testa appoggiata sulla spalla di Jakub che mi stringeva a se. Aprii lentamente gli occhi sperando di trovarmi nella mia camera da letto, invece la luce del sole filtrava tra le sbarre di una finestra opaca. Guardandomi attorno i ricordi della sera prima mi tornarono alla mente in tutta la loro spietatezza, avevo fatto una cavolata, come al solito, ma almeno questa volta non l'avevo commessa da sola! Eravamo, noi tutti vandali, chiusi in una stanza disadorna, sporca, di un colore bianco grigiastro, una di quelle camere dove tengono i sospettati nei film polizieschi, ma questo non era un film. Jakob si accorse che mi ero svegliata ed aprì anche lui gli occhi azzurri, subito si affrettò a spiegarmi il suo piano:
- per fortuna sei sveglia! Aspetta che ti dico una cosa prima che vengano ad interrogare anche te!
Mi ero accorta solo in quel momento che alcuni dei ragazzi mancavano all'appello, probabilmente erano in un altra stanza lurida con una luce puntata negli occhi ed uno sbirro che faceva domande colpevolizzanti. Mi misi dritta a sedere e fissai Jak con un'aria mista tra stupita, sperduta, e spaventata, lui mi prese una mano e disse:
- tranquilla, risolveremo tutto. Allora, ho già spiegato tutto agli altri, tu non centri nulla, non hai dipinto il muro, ci hai solo accompagnati.
A quel punto mi irrigidì, non era giusto, avevo sbagliato anche io come loro, non potevo fare la stronza che la passa liscia e lascia nei guai tutti gli altri!
- no, aspetta! Non va bene! Non vi voglio lasciare nei casini!
- ma noi ci siamo già! Ci hanno già beccati e ci conoscono, ma tu fai ancora in tempo a non metterti nei guai.
Rimasi per qualche istante a fissarlo, quello che doveva essere il classico cattivo ragazzo, era mille volte migliore di quegli schifosi ricconi del centro, compresi i miei ex. Cercai ancora di fargli cambiare idea, ma non ci fu verso di convincerlo del contrario, non sapevo più che fare, mi sentivo una pessima persona, cosa che in effetti ero, mi facevo pena da sola. Improvvisamente la porta di ferro della stanza si aprì di colpo, producendo un forte rumore metallico, io sobbalzai ed il poliziotto chiamò Jackub all interrogatorio. Mentre il ragazzo si allontanava dalla stanza cominciai a singhiozzare, non volevo, ma che altro potevo farlo, a momenti probabilmente sarebbe arrivato mio padre, e sarebbero stati casini seri, che situazione tremenda. Mi sentii male, mi vennero i giramenti, cominciai ad avere la nausea, non mangiavo da giorni, corsi in un angolo e vomitai quegli schifosi liquidi aciduli dello stomaco. Quando mi sentii lievemente meglio, nonostante lo stomaco mi andasse sempre a fuoco, mi stravaccai sulla panca, e mi presi la testa tra le mani aspettando il mio turno. Dopo aver atteso parecchio tempo vidi Jak tornare nella camera, aveva il viso spento e rassegnato, e avrei giurato che i suoi occhi luccicassero leggermente. Nonostante tutto non piangeva, voleva mostrarsi forte davanti a me, non voleva farmi capire che le speranze per loro erano praticamente perse. Prima che anche io fossi portata via per l'interrogatorio mi fece l'occhiolino, io abbassai lo sguardo mordendomi il labbro, non volevo mentire, ma non avevo altra scelta. Lo sbirro mi portò in una piccola stanzetta con un tavolo al centro e due sedie, e mi fece segno di sedermi in attesa che un suo collega arrivasse. Poco dopo un poliziotto con un quaderno ed una penna entrò nella camera, e si sedette di fronte a me squadrandomi con le volte sopracciglia scure aggrottate. Mi pose un numero infinito di domande, e continuavo a mentire mentre torcevo convulsamente la maglietta tra le mani e mi sfregavo nervosamente i pantaloni. Cercavo di sembrare naturale ma era una tortura, ero solo una ragazzina, come potevo affrontare tutto quello!? Alla fine l'interrogatorio volse al termine, e lo sbirro posò la penna sul tavolo lanciandomi un ultimo sguardo aggressivo. Poi con voce gracchiante mi disse:
- ti sei salvata al pelo ragazzina, i tuoi amici però non se la caveranno così facilmente...
Un poliziotto mi riportò nella stanza dove gli altri ragazzi erano rinchiusi in attesa dei propri genitori o tutori. Appena fui dentro abbracciai Jakub respirando affannosamente, mi sembrava di dover scaricare tutta la tensione del l'interrogatorio. Lui mi domando tenendomi le mani tra le sue:
- hai fatto come avevamo stabilito?
Devi cenno di si col capo ed appoggiai la testa sulla sua spalla, rimanemmo abbracciati per un po' dondolandosi prima su un piede e poi sull'altro. Riuscivo solo a pensare a come stava andando a rotoli la mia vita, altro che quelle oche di ragazzine che per un vestito nuovo fanno scene imbarazzanti e poi minacciavano il suicidio. Mi ero appena un po' calmata che una voce ben nota mi costrinse a voltarmi di scatto, quando vidi a chi apparteneva per poco non mi venne un attacco di cuore. Mio padre mi fissava furioso dall'altra perte delle sbarre, riuscivo a vedere l'ira nei suoi occhi, e capii che questa volta ero davvero nei guai seri.

BrokenWhere stories live. Discover now