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Era l'alba. Un silenzio assoluto e inquietante regnava al reparto sei.
Si udiva solo il sottile rumore delle gocce d'acqua, le quali cadevano dal rubinetto del bagno; un ticchettio regolare spezzato solo dopo pochi secondi.

Infatti di lí passò Rose che chiuse per bene il rubinetto. Ora i suoi passi risuonavano dappertutto. Lei era sempre la prima ad arrivare di mattina per dare il cambio ai colleghi del turno notturno, e Silvia era la seconda. Quel giorno però Silvia non arrivò alla solita ora, e a Rose parve strano. Guardò per l'ultima volta l'orologio da polso e poi si tirò giú nervosa la manica del camice. Dal giorno dell'accesa discussione con Silvia avrebbe voluto rimproverarla, umiliarla, e non si fece sfuggire quell'occasione. Dunque, mentre faceva su e giú per il freddo corridoio, prese il cellulare e digitò il numero della dottoressa. Dopo pochi squilli rispose.

«Pronto?»
«Silvia, quando hai intenzione di venire?» a quel punto si fermò davanti alle camere sette, otto e nove.
«Sto arrivando diamine! Cosa succede?»
«Succede che sei in ritardo. »
Le loro voci riecheggiavano in tutto il reparto.
«Non mi sembra di essere mai arrivata in ritardo Rose, e se lo faccio oggi non c'é nessun problema no? O mi sbaglio?»

Rose riattaccò inferocita e andò a prendere la colazione per i pazienti. Quel giorno non avrebbe regalato un sorriso a nessuno.
Tornò con una carrello colmo di colazioni e decise di partire dalla fine del corridoio come aveva sempre fatto.
Appoggiò la mano alla maniglia della stanza sette e in quel momento udí un respiro affannato e degli scricchiolii che provenivano da dietro la porta. Immaginò che la paziente di quella camera avesse molta fame.
Aprí la camera sette e non fece in tempo ad entrare che sentì qualcuno piombarle addosso, facendola cadere all'indietro e facendo scivolare il carrello per qualche mentro piú in là.

Rose poteva soltanto pregare.

Nel frattempo Silvia era al volante della sua auto e accanto a lei era seduto Mike Stander. Quest'ultimo si stava aggiustando con cura le maniche della giacca. Era da sempre stato un perfezionista e una persona alquanto particolare. Lo si poteva notare dall'orologio giallo fluorescente e dai lacci colorati delle scarpe.

«Alla fine quindi mi aiuterai?» chiese Silvia soddisfatta.
«Si, ci ho ripensato. Magari potrei ricominciare. Perché dovrebbero essere dei traumi passati a bloccare la mia brillante carriera?» si domandò spiritoso.
Silvia scoppiò a ridere.
«Hai perfettamente ragione. Ecco, siamo arrivati. »
Silvia posteggiò la sua macchina e poi scesero dal veicolo. Mike fece un lungo respiro e poi si diresse insieme alla sua vecchia amica al reparto.
«Che silenzio» constatò Mike.
«Qui nessuno arriva mai puntuale tranne me e Rose. Anzi, mi sembra strano che non sia ancora piombata davanti a me per rimproverarmi»
«Da come la descrivi non andate molto d'accordo. »
«Non ti sbagli, ma é una lunga storia. Ti faccio vedere la paziente, okay?»
«Certo andiamo. »
Camminarono lungo il corridoio e ad un certo punto Silvia notò qualcosa di strano.
«Cosa ci fa lí il carrello delle colazioni?» domandò piú a se stessa che all'amico.
«Magari questa Rose sta dando la colazione a qualche paziente. » rispose Mike con un vago gesto delle mani.
«Se cosí fosse sarebbe entrata col carrello. Andiamo a vedere. » fece cenno di seguirla.

Affrettarono il passo e arrivarono alla fine del corridoio.
Il silenzio ora le risultava più pesante e denso.
Si voltarono verso la camera sette.
«Oh mio dio!»

LA PAZIENTE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora