3. Accento francese

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Novembre 1928

Conobbi Claudette in una calda estate del 1919 d'Inghilterra, il luogo dove sono nato. Stava seduta in un vecchio caffè della bellissima Londra, il suo abito rosso spiccava fra le numerose persone impegnate a sorseggiare il loro the in riva al Tamigi. Soltanto avvicinandomi mi accorsi di come quel colore scarlatto mettesse in risalto la sua pelle bianca, come le perle che mia madre indossava per le occasioni importanti. La notai da lontano, sedeva di spalle, i capelli corti corvini e le game accavallate con eleganza. Mi avvicinai.
"Chiedo scusa signorina, ha da accendere?" chiesi. Lei mi guardò e dai suoi occhi vidi un pensiero profondo affievolire piano. Gli occhi erano di un verde intenso, il che mi sorprese perché mi fece pensare ai prati inglesi, ai grandi e vissuti alberi.
"No, mi spiace" sorrise gentilmente. Notai qualcosa di diverso in quella splendida fanciulla, la sua voce forse.
"Se non sembro scortese, cosa legge?" mi guardò con sospetto, posò la mano sotto il mento e mi passò il libro.
"Voglio conoscere questo posto" disse "Capita spesso, a chiunque, di essere irrispettosi nei confronti dei luoghi lontani che si visitano. Non vorrei essere irrispettosa nei confronti della cortese signora che è Londra". Per un momento rimasi a guardarla con la bocca semiaperta, poi accennai un sorriso e, di nuovo, la guardai.
"Cosa vi porta a Londra?" le chiesi dondolandomi sui talloni. La mia voce mi tradì, ero nervoso ed intimidito dallo sguardo dolce di Claudette.
"Ero curiosa di conoscere i luoghi che al tempo ospitarono William Shakespeare. E voi, siete londinese?" mi fece segno di sedermi al tavolo e, per un attimo, esitai. Non volevo essere scortese o poco virtuoso.
"Sì. William. Will Harper" tesi la mia mano, dopo essermi seduto. Lei posò il suo libro e la strinse.
"Claudette" rispose sorridendo "Descreau". Notai dal suo nome un accento francese e solo così capii cosa mi affascinava di quella donna.
"Siete francese? chiesi.
"Sì" rispose "Fate sempre tante domande?" mi guardò con dolcezza per non far apparire la sua domanda come un rimprovero.
Andai ogni giorno in quel bar per incontrarla, finché non ci innamorammo. Ritrovai in Claudette la mia voglia di vivere la vita e l'unico motivo per migliorare me stesso. Quando lei terminò il suo viaggio a Londra, decisi di scriverle delle lettere e alla fine decidemmo di incontrarci a Parigi. Mi innamorai immediatamente della Francia, dei paesaggi e soprattutto di Claudette. Sembrava un amore folle, impossibile, ma la sposai. Ci trasferimmo in Inghilterra per poco tempo, finché non mi accorsi della malinconia nei suoi occhi per la sua famiglia e la sua amatissima Parigi.
Tornammo in Francia, in una casa piccola e accogliente. Stavamo bene, eravamo vicini, era mia moglie. Immediatamente le nostre vite si riempirono della passione del nostro amore, trovai un lavoro come giornalaio, finché un giorno entrai nella grande stazione dei treni di Parigi. Claudette, invece, si occupava della nostra casa, di tanto in tanto cuciva degli splendidi eleganti abiti per le donne parigine. Scriveva delle poesie per me, in cui raccontava di noi.
"Will" disse con voce profonda, entrando in cucina.
"Sì, cara?" le sorrisi, avvicinandomi a lei.
"Vorrei..." esitò "Vorrei raccogliere le poesie che ho scritto in tutti questi anni e farne un libro" sorrise timidamente. Amavo quella donna, era ingenua, timida ed estremamente saggia. Ma il tempo mi ingannò, portandomela via troppo presto. Ricordo il giorno in cui morì, quel 24 Novembre del 1928 pioveva e lei, ormai da mesi, era distesa sul nostro letto, priva di forze e speranze. Mi lasciò stringendo la mia mano e straziante fu vedere i suoi occhi fissare un punto fermo della stanza, la mascella serrata e l'espressione vuota del suo volto. Il medico posò una mano sulla mia spalla, la TBC non ebbe pietà per la mia bellissima sposa. La morte le portò via il sorriso, oltre che la vita, ed io rimasi a guardarla mentre cercavo di ricordarla con addosso il suo vestito scarlatto, la sua pelle pallida e gli occhi verdi, come l'acqua di mare. Posai un bacio sulle labbra di Claudette e lei risucchiò il respiro dei miei polmoni, portandosi fino alla tomba la mia felicità.
La cercai in ogni angolo delle strade di Parigi, finché non mi abituai al freddo del mio letto vuoto. Imparai ad amare il ricordo di Claudette, resi la mia vita più monotona possibile e cercai di accostare ogni tentativo di gioia che la vita mi presentava.

L'eredità di ClaudetteWhere stories live. Discover now