DICIANNOVESIMO CAPITOLO

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Salvador si era sfogato a suo piacere con lei. Non aveva ascoltato le sue suppliche, e gli era stato indifferente che lei si fosse opposta. L'importante era placare i suoi istinti carnali. Si era sentita come un pezzo di carne tra le sue mani. Questa era la visione che l'uomo aveva delle donne, e soprattutto di sua moglie, devono obbedire e sottomettersi senza battere ciglio.

-Se ti fossi rilassata un pó avresti provato più piacere!- risultava talmente volgare quando parlava, quando la toccava, le ripugnava persino la sua vicinanza, dover condividere la stessa aria. Non solo aveva fatto di lei ciò che voleva ma ora sembrava anche lamentarsi. Fortunatamente per lei era tutto finito, si era rivestito e aveva abbandonato la sua camera, lasciandola di nuovo sola.

Francisca aveva solo una gran voglia di piangere. Avrebbe voluto rinchiudersi di nuovo in bagno, si sarebbe buttata nella vasca, per togliere dalla sua pelle, qualsiasi segno che lui potesse aver lasciato, per togliersi il suo odore di dosso. Si sentiva sporca e la cosa peggiore era che questa volta ancora di più. Quel giorno doveva essere il più bello della su vita, si era finalmente riavvicinata all'amore della sua vita e avevano condiviso di nuovo una intimità, e invece si era trasformato in un incubo. Sentiva come se avesse tradito Raimundo. E tutto per colpa di Salvador. Perché doveva sempre rovinare tutto? si domandava.

Stava cercando ormai da troppo tempo di trattenere le lacrime ma non ci riusciva più. Iniziò a stringere a sé il cuscino e in pochi secondi aveva iniziato a piangere disperatamente. Non aveva nemmeno il coraggio di andare a salutare suo figlio, era tale la vergogna che provava.

Casona, pomeriggio...

Francisca si trovava seduta sul divanetto dello studio. Quel luogo era sempre stato il suo rifugio, fin sa bambina. Si era sempre sentita al sicuro tra quelle quattro mura. Stava leggendo un libro, o per meglio dire, stava cercando di leggerlo, quando a un tratto suo figlio Tristan aveva varcato la porta. Don Enrique era uscito con lui, dopo che la stessa Francisca gli aveva chiesto del tempo per stare da sola.

-Mamma sai ove sono tato?- era felice e voleva condividere la sua nuova avventura.

Francisca cercava di mostrarsi serena davanti al bambino, di sorridergli come se nulla fosse successo, ma le stava risultando difficile. La pena che sentiva era immensa.

-No, dimmi dove ti ha portato il nonno?- lo prese in braccio e lo mise a sedere sulle sue gambe, magari la sua vicinanza sarebbe riuscita a calmarla.

-Sono andato a vedee i cavalli!- gli raccontava con grande euforia il piccolo.

-E ti sono piaciuti?-

-Siiii, volio salie sopa!-

-Quando sarai più grande potrai salire su tutti i cavalli che vuoi, ma ora è troppo presto!- cercava di fargli comprendere il perché della sua negativa.

-E peche?- era pur sempre un bambino di due anni e non gli sembrava per niente giusto non poterli cavalcare.

-Perché sono pericolosi e tu sei ancora troppo piccolo!-

-Ma io no sono piccolo!- voleva fargli cambiare idea, era stufo di sentirsi chiamare così.

-Tristan, non fare i capricci adesso!- quando lo chiama con il suo nome e usava quel tono era perché stava per scoppiare.

Sentendo che sua figlia stava quasi per perdere il controllo, Enrique entrò nello studio

-Tristan perchè non vai a cercare Leonor e gli chiedi di prepararti la merenda?- la sua intenzione era allontanare il nipote con una scusa qualunque.

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