9. Madri invadenti, zii sapienti

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Vi è mai capitato di andare a letto sperimentando una specie di delirio di onnipotenza per poi svegliarvi il giorno dopo sentendovi in punto di morte? No? Allora siete fortunati. 

Quando mi sveglio, dopo la notte più irreale della mia esistenza, mi ritrovo a fissare il soffitto e a chiedermi se sia stato tutto un sogno. Perché se non è stato un sogno, vuol dire che è e sarà un incubo nella realtà. A momenti non ricordo nemmeno come mi chiamo, annichilito come sono dagli ultimi brandelli di sonno, eppure nella mia mente penetra comunque il suono della voce di Ruben.

Ruben? 

"No. Sono a casa. Nella mia stanza." 

Mi tiro seduto, imbambolato, aspettandomi di sentire qualcuno che gli risponde. Ma c'è solo silenzio. Poi: "Non ti sto mentendo. Sono davvero nella mia stanza."

Altro silenzio. 

"No. Non te lo passo. Sta dormendo."

Silenzio un po' più lungo.

"Mamma, sono le otto. E oggi è sabato. È abbastanza normale che la gente dorma, sai?"

Realizzo subito che è sabato. Il sabato è, da anni, il giorno dell'Inquisizione. Il giorno in cui Gayane Kaloosh, cinquantadue anni, segretaria, moglie e madre di due figli, telefona al suo primogenito. 

Ripiombo con la testa sul cuscino, sospirando e sbattendo le palpebre nel tentativo di svegliarmi. È in questo momento che il ricordo della festa mi cade addosso, come una goccia di pioggia all'inizio di un temporale. Beh, in effetti il paragone è azzeccato. Perché come un acquazzone, segue un rovescio di pensieri ansiogeni, negativi, cupi e una gragnuola di Cos'hai fatto, Liang?!

Ottimo, direi. In realtà non so rispondere alla mia coscienza che all'improvviso reclama delle motivazioni - o la mia testa. Suppongo sia stata una botta di adrenalina ad avermi indotto a dire e fare tutto quello che ho fatto e detto. Ma il problema non è perché. Il problema è cosa

Ho davvero trascorso la sera con una ragazza. 

Ho davvero fatto delle battute a causa delle quali in una situazione normale mi sarei sotterrato vivo. 

E ho davvero promesso a quella stessa fanciulla di vederla a cena. 

Ma. Cosa. Mi. È. Preso. 

Gambe e braccia formicolano a causa dell'improvvisa ansia e ho la sensazione che la mia testa si stia allontanando bruscamente dal resto del corpo. Stringo le mani attorno al bordo del lenzuolo che mi arriva all'inguine e quando sto per avere la certezza di essere in vista di uno svenimento, la porta della mia camera si apre di uno spiraglio e la voce di Ruben sussurra: "Jess? Hey, Jess? Dormi?"

"N-No..." Rispondo,  con una voce che non assomiglia molto alla mia.  

"Senti, mia mamma pensa che le stia mentendo. Le puoi assicurare che mi trovo a casa con te?"

Ruben non si è accorto di quello che mi sta succedendo. Bene. Meglio. Respiro cercando di pulire i miei pensieri e mi siedo. 

"Passa pure."

"Grazie."

Ruben entra e mi schiaffa in mano il suo telefonino. Me lo porto all'orecchio e dico: "Pronto?"

"Jess?"

La voce vagamente tremante - più del solito - di sua madre mi fa intendere la sua ansia. Ruben stava combinando un casino. 

"Buongiorno, signora Kaloosh. Come sta?"

"Bene." La sua voce si fa un poco più forte. "Un po' in ansia. Ho un figlio molto sciocco."

Joy I call LifeWhere stories live. Discover now