50. Quindi divento zio?

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Non ricordo un giorno nella vita passata al suo fianco in cui abbia visto Ruben ridotto in uno stato simile: sembra essere fuori di sé dalla paura, tutto pieno di lacrime, muco, capillari rotti e singhiozzi. Tiene in braccio Honey come se fosse una preziosa ancora di salvezza, ma la piccolina non mi pare molto d'accordo e squittisce a più riprese, nel tentativo di svincolarsi dall'abbraccio sgradito. Prima che vada a finire in tragedia - cioè che Honey si ricordi che possiede forti incisivi e li usi sulla pelle di Ruben - glielo tolgo dalle mani, le faccio una carezza e la rimetto subito nella gabbietta. 

"Va bene, Bub. Ora ne parliamo." Gli dico rapidamente, per fargli capire che non ho intenzione di lasciarlo da solo, anche se ho il cuore che batte a ritmo sostenuto e un ronzio fastidioso nelle orecchie. 

"Non c'è niente di cui parlare." Mugula lui, cacciandosi le mani nelle tasche per cercare un fazzoletto utilizzabile. "Sono un uomo morto."

"Su, su. Non ti sembra di esagerare?" Gli domando io. Faccio un passo verso la credenza a fianco della finestra, apro un cassetto e ne estraggo un pacchetto di fazzoletti di carta. Glieli lancio, ma Ruben non li prende al volo e impattano con un soffice tonfo contro il suo petto. Lui abbassa lo sguardo sulla mano destra in cui il pacchetto è atterrato, strizza gli occhi e ricomincia a singhiozzare con la disperazione di un bambino. Mi fa malissimo vederlo ridotto così, anche perché non posso negare a me stesso una certa parte di colpa. Forse avrei dovuto dirglielo, anche se era solo un abbozzo di presentimento, derivato dalle parole di un barista divertito. La cosa peggiore è che nei giorni in cui Anthea è stata qui, me ne sono completamente dimenticato. 

"Dai, Bub." Gli dico gentile, sedendomi al suo fianco, prendendo il pacchetto ed estraendo per lui un fazzoletto. "Ora ti calmi e ne parliamo davvero. Magari non è vero, no? Ne sei così sicuro? Te l'ha detto proprio Tanya?"

Lui finalmente si soffia il naso, mentre spinge gli occhiali tra i ricci. Ha il viso tutto rosso e le guance bagnate di lacrime. Sembra molto più giovane di quanto in realtà non sia e devo ammettere che mi fa profonda tenerezza. Prima di lasciarlo rispondere, lo abbraccio.

"Non fare così."

Mi si aggrappa alla maglietta come non faceva dai tempi dalla prima grande rottura con Tanya. È davvero disperato. 

"Jess" piange, "io giuro che non so come sia successo."

"Mi allontano da lui quel poco che serve per posargli saldamente le mani sulle spalle e guardarlo negli occhi. 

"Te l'ha detto lei?"

Ruben annuisce, con un smorfia di sofferenza mentre preme indice e pollice della mano sinistra sugli occhi, trascinando la pelle verso il basso, assomigliando per un secondo a un tristissimo cocker. 

"Sono andato a parlarle durante la pausa pranzo e mi ha dato la notizia. Ha detto che è colpa mia." 

Deglutisco a fatica. Quindi è davvero questo a cui Tanya aveva accennato al bar. È un duro colpo anche per me: improvvisamente la gravità della situazione mi precipita addosso. 

"E tu sei certo che sia così?" 

È una domanda stupida, ma non so neanche cosa dirgli.

"Non... non lo so."

"Tanya non prende la pillola?"

"No, ha sempre sostenuto che la fa ingrassare. Me ne occupavo delle... precauzioni."

Cala un momentaneo silenzio fatto di puro imbarazzo. Nonostante la nostra forte amicizia, Ruben e io abbiamo sempre evitato determinati discorsi, un po' perché io sono un rigidone, un po' perché Bub ha lo spirito di un ragazzino del liceo che nasconde ancora le proprie esperienze sessuali alla famiglia. È sempre stato più forte di noi: quando lui portava a casa Tanya, io avevo già preso puntualmente un appuntamento notturno da Serafina o Ben. Non volevo sapere nulla di quello che combinavano e Ruben faceva in modo di farmi trovare tutto in ordine il giorno dopo.  

Joy I call LifeWhere stories live. Discover now