55. Cristallo batte infelicità uno a zero

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Anthea arriva di sabato pomeriggio, accompagnata da un velo di pioggerellina calda che penetra nei vestiti, nella pelle e nelle ossa, fino al midollo. Arriva con un borsone da viaggio blu e un sorriso vivace sulle labbra. Arriva con la pioggia, ma porta con sé il sole. 

Appena mi vede mi corre incontro e sono costretto a prenderla al volo per evitare di cadere per terra. Non mi dà il tempo di dire nulla: mi prende il viso e mi bacia, come se non ci vedessimo da mesi.

"Anche io sono felice di vederti." Le dico ridendo, appena mi concede il lusso di tirare un respiro. Lei mi abbraccia, posando la guancia contro la mia spalla e risponde: "Diventa sempre più complicato mantenere la mia dignità."

"La tua dignità?" Chiedo, senza riuscire a calmare la mia risata. "Ma che stai dicendo?"

"Ho preso un sacco di freddo andando in stazione." Ribatte glissando sulla mia domanda, staccandosi da me e riprendendo in mano la sacca, che aveva abbandonato con poca grazia a un metro da noi. La prendo per mano e mentre scendiamo in metro le domando: "Non ti ha accompagnato nessuno?"

"No."

"Perché?"

"Ho litigato con mio padre."

"Non poteva acompagnarti tuo fratello?"

"Mio fratello non guida."

Alec Carroll è un altro grande interrogativo senza risposta nel vasto mare delle cose che ancora non conosco di Anthea. So buona parte dei suoi gusti in fatto di fiori, ma l'unica cosa che ho capito chiaramente è che a suo padre non piace. Tanto quanto non gli piace la sorella. Sono a conoscenza di ancora meno cose riguardanti il signor Carroll, ma già poco lo tollero. 

"Come mai hai litigato con tuo padre?"

Prendiamo posto, come al solito, sulla metro. Essendo un sabato pomeriggio è gremita di ragazzini che approfittano della loro ora d'aria per fare banda e andarsene da qualche parte. Normalmente Central Park è una delle mete più gettonate, ma oggi non è la giornata giusta.

Anthea si accoccola contro di me, rabbrividendo per i vestiti umidicci.

"Non voleva lasciarmi andare."

"Non ha creduto alla storia delle ricerche in biblioteca?"

"Gli ho detto la verità."

Mi irrigidisco, a disagio. Non era previsto che glielo dicesse così presto. 

"Cioè?"

"Gli ho detto che ho conosciuto una bella persona a New York e che volevo passare un pomeriggio con lei, oltre a studiare."

Ah, molto meglio. Non ha detto proprio tutta la verità. Mi rilasso un poco.

"E non gli stava bene?"

"Non gli sta mai bene quando deve pagare per una cosa non strettamente necessaria. Soprattutto se quella cosa mi riguarda."

Capisco la sua frustrazione. Le stringo un braccio attorno alle spalle, carezzandole con la mano i capelli che tiene sciolti sulle spalle. Dalla sua testa esala il morbido profumo dello shampoo al gelsomino. Ci poso sopra le labbra, mentre penso al fatto che è davvero molto infreddolita.

"Hai la pelle d'oca. Appena arriviamo a casa ti cambi."

Detto fatto: anche se prendiamo l'ennesima acquata - ho un ombrello troppo piccolo per proteggere due persone e un borsone contemporaneamente - riusciamo ad arrivare a casa prima di ritrovarci zuppi da capo a piedi. Non appena apro la porta, Anthea mi supera dopo aver abbandonato le scarpe fradicie a fianco dello zerbino ed esclama un: "Ciao, Ruben!"

Joy I call LifeWhere stories live. Discover now