54. L'arte di saper perdonare

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La settimana scorre in modo strano, come se ci fossero continue battute d'arresto. C'è una palpabile tensione ovunque io vada: a casa Ruben ha i nervi a fior di pelle, al lavoro Silas mi lancia occhiate offese e Serafina sembra sempre nervosa, molto probabilmente perché i suoi genitori sono ancora in città. L'unico momento in cui mi sento abbastanza tranquillo è quando telefono ad Anthea. Sono comunque un po' preoccupato per lei, perché a volte mi sembra stanca e altre volte molto pimpante. Non capisco il motivo dei suoi continui sbalzi di energia, ma ho intenzione di indagare appena ci vedremo. Forse verrà a New York nel weekend. Ha detto che ha in mente un piano per chiedere a suo padre il permesso.

Intanto qualche giorno passa e giovedì mattina si presenta con una novità: Serafina mi chiama nel suo ufficio per darmi una notizia.  

"Il battesimo si terrà il 2 agosto." Mi dice, con una faccia impassibile. "È una domenica."

Mi siedo sulla poltroncina davanti a lei, senza distogliere gli occhi dai suoi. 

"E?"

"Devo chiedertelo per l'ultima volta."

Accenno un sorriso. Apprezzo la sua premura ma, per quanto io sappia che me ne pentirò quasi sicuramente, non voglio venire meno alla mia promessa. 

"Verrò."

"Jess, devi essere sicuro. È un viaggio lungo e sarà probabilmente un trauma per te."

"Mi sta venendo il dubbio che sia tu a non volermi."

Serafina mi fissa in silenzio e abbassa gli occhi sulle mani che tiene intrecciate sulla scrivania. È visibilmente pensosa, ma mi sembra anche molto triste. 

"Hey, Sef. È successo qualcosa con i tuoi?" Le domando, il più gentilmente possibile. 

"No. Sono ripartiti ieri sera. È solo che... il pensiero che tu conosca quel mondo mi disturba."

"Perché?" Le domando, ma non la lascio nemmeno rispondere. "Senti, forse tu la stai vivendo un po' troppo con ansia. Okay, abbiamo capito che sono belli strani, ma rimangono pur sempre esseri umani, tuoi parenti e, più di tutto, andiamo a una bella celebrazione, non a un evento di guerriglia armata. Guarda che non sono stupido, lo so che ci potrebbero essere cose strane... ma tu rimani pur sempre tu. Non penso che ti trasformerai in qualcosa che non conosco, no?"

"No." Conferma lei, sospirando lentamente. "Sarò sempre io. Probabilmente molto scocciata, ma pur sempre io."

"Quindi dove sta il problema? Non fuggirò con il primo aereo."

"Spero bene. Sei la mia ancora di salvezza."

Mi metto a ridere, perché questa frase non era mai uscita dalla sua bocca e mi fa un po' impressione. 

"Esagerata."

"Mica tanto. Comunque non mi piace assolutamente tutto ciò che sta avvenendo. Quanti maledetti cambi di programma."

"Questo 2015 sarà memorabile." 

"Nel bene o nel male?"

Mi alzo e mi aggiusta la polo. Oggi è azzurra, perché sono stranamente di umore stabile. 

"Vedremo."

"Mh." 

Mi fa un cenno di saluto e poi uno per congedarmi, ma mentre esco, mi ferma per aggiungere: "Allora io prenoto, eh. Due notti."

"Andata."

"E prega tutti i tuoi dei che vada bene, Jess."

"In cosa crede la tua famiglia?"

Joy I call LifeWhere stories live. Discover now