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Dopo minuti si staccano. Si guardano, le loro braccia ancora dietro la schiena dell'altro. Mario non si azzarda a chiedere spiegazioni, si vive il momento, lo vivrà sempre. Claudio anche, a modo suo si sta vivendo il momento. Oggi mi lascio trasportare. Mario prende l'iniziativa. Partiamo dalle cose semplici.

«Hai già fatto colazione?».

Claudio tutto d'un tratto si rende conto che dal giorno prima non ha mangiato. Ha fame.

«Be', ora che mi ci fai pensare, non ho toccato cibo».

Mario sorride. Bene. «Se ti porto in un posto, vieni con me?».

Claudio guarda i suoi occhi, vede lontano, vede posti, vede sapori. «Andiamo».

Mario è contento ma sta provando anche quella sensazione. Perché adesso? È troppo bello per essere vero. Cosa nasconde? Decide di fregarsene, la vita va vissuta sul momento, sennò te la perdi in domande a cui non si può dare risposta. «Prima mi devo cambiare». Si gira per entrare. Claudio rimane fermo, imbarazzato. «Tranquillo, dormono tutti, entra, non ti mangio mica». Ride. Poi lo guarda, dalla testa ai piedi. «O almeno ci provo». Mario spavaldo, Claudio lo adora e anche il suo cazzo. Lo segue, entrano.

«Posso prendere un bicchiere d'acqua?». Claudio è sull'entrata della cucina.

«No...». Mario si diverte a metterlo ancora più in imbarazzo, come se fosse possibile. «Sto scherzando scemo, fai quello che ti pare. E smollati un attimo, non ci siamo sposati». Ride, tutto questo lo fa ridere, la felicità di averlo lì con questo atteggiamento lo fa ridere, ridere dentro.

Claudio alza gli occhi al cielo. Non lo sopporto per più di cinque minuti, partiamo bene. Entra in cucina, prende un bicchiere, beve. Lo appoggia, è solo, d'istinto va verso la camera di Mario. La porta è socchiusa, si intravede una parte del letto, lo specchio, e poi Mario. In mutande, cerca vestiti. Claudio lo guarda da fuori. Dio santo. Non capirò un cazzo di relazioni ma cazzo, ditemi voi come si fa a resistere con lui. Mario infila un braccio nella maglietta, la testa, e mentre infila l'altro, si guarda allo specchio e lo vede. Beccato.

«Che c'è? Ti piace spiare la gente?». Ride.

Ma Claudio è sempre Claudio. Lo scherzo dura fino ad un certo punto. Mi prendi in giro? Ok. «Come siamo simpatici oggi», dice entrando e chiudendosi la porta alle spalle. «Ti faccio ridere?».

Mario deglutisce. Lo guarda dallo specchio. Riconoscerebbe Claudio eccitato in mezzo ad un milione di versioni. Il petto gli sporge leggermente in avanti, il ciuffo è più alto, gli occhi sono più scuri, le labbra sono più rosse. O forse, è tutto nella sua testa. «Be', nella versione buona fai un po' ridere».

Addio. Sa di aver superato il limite, ma vederlo così, che sta per tirar fuori la parte cattiva, glielo fa diventare duro. In più, stanno giocando entrambi con un solo fine.

«Vediamo se ridi adesso». Claudio lo afferra per l'inizio dei jeans e lo tira. Gli prende i capelli e gli tira indietro la testa. «Lo so che è questo il mio lato che ti fa impazzire». Gli bacia il collo, «È inutile che cerchi di negarlo».

Mario non sta negando, per niente.

Anzi. Non risponde, non ce n'è bisogno. Lo tira per i fianchi mentre indietreggia, tocca il letto. Si siede, si sdraia sulla schiena. Lo guarda con desiderio, fa un mezzo sorriso, fa la sua faccia buona. «Per favore, mi puoi far vedere quanto sei cattivo?», dice abbassandosi la lampo dei jeans. Dio santo. Mi dite come si fa a sopravvivere? Claudio decide di non trovare risposta a questa domanda, si toglie la maglietta e si distende su Mario.

Stanno fumando, nudi, distesi sulla pancia, di traverso al letto. Caviglie incrociate, mento appoggiato sui pugni. Due statue, due modelli. Muscoli tirati dal sesso. Ormai è ora di pranzare. Lo stomaco di Claudio si fa sentire. «Cazzo, adesso sì che sto morendo di fame».

Mario piega la testa verso di lui. «Il posto che pensavo io è buono per la colazione, a pranzo non saprei».

Claudio fuma. «Lo conosco io un posto, non ha mai deluso nessuno». Nessuno chi? Anche se stanno bene, ci sono momenti in cui Mario inevitabilmente si sofferma sul fatto che ha davanti Claudio. Purtroppo, non può abbassare la guardia così facilmente.

«Ok dai, vestiamoci».

Si alzano.

Claudio Zanca non scherza, soprattutto per quanto riguarda ristoranti e alberghi. Il posto a cui aveva pensato Mario per la colazione era un barettino a conduzione familiare che aveva scoperto una mattina, passeggiando sul mare. Mattonelle azzurre, tavolini in legno, i dolci della nonna erano spettacolari, ti riempivano di calore. Mario non stava ancora pagando che era già diventato il nipote preferito della nonna in cucina. Pensando a quel posto, ora, si sente in imbarazzo. Cioè, fanculo, ci tornerò altre centinaia di volte, ma guardandosi attorno e guardando Claudio, non riesce ad immaginarsi lì dentro con lui. Non c'aveva ancora pensato. In fondo lui di Claudio sa poco ma ripensando al suo stile, alla sua macchina, alla sua casa, deve aver condotto una vita molto lontana dalla sua. Il posto è enorme, vista pazzesca sulla scogliera, lampadari, camerieri in divisa. Tutto il necessario apparente. Poca gente, gente ricca, che mangia in silenzio. Mario si sente un po' scomodo. Quei posti che ti danno l'idea di andare a fare un incontro segreto, dove nessuno dice quello che ha visto. Seguono il cameriere.

«Prego».

Si siedono, il mare è azzurro sotto di loro. Ordinano.

«Che lavoro fai?». A Claudio brillano gli occhi all'istante.

«Sono un avvocato».

Mario sorride. Sexy. Ce lo vedo tantissimo. «Difendi i ricchi per togliere ai poveri?». Mario ride. È più forte di lui.

Anche a Claudio viene da ridere ma lo nasconde prendendo un sorso di vino. «I ricchi mi cercano perché sono bravo, sul serio. Ma ho preso spesso clienti pro-bono perché credevo nella causa e che si meritassero un buon processo». Claudio non l'ha mai detto a nessuno. Non sa perché lo dice a lui.

Mario lo osserva. Quando ha detto quelle parole avrebbe voluto alzarsi e baciarlo.

Mangiano. Dessert.

Claudio sbadiglia.

«Sei stanco?».

Annuisce. «Stanotte non ho dormito, nemmeno un'ora».

Mario alza il sopracciglio. «Come mai?».

Claudio fa il segno al cameriere per il conto.

«Non so, le zanzare, il traffico».

Sì, certo.

In macchina, la radio, i pensieri. Mario sorride, la testa appoggiata al finestrino. Davanti a casa sua si salutano senza abbracci, senza baci. In fondo, sono fatti così tutti e due. Mario rientra a casa sereno ma con una sensazione strana, come se gli avesse detto addio. Claudio guida verso casa, ripensa alla giornata e si convince che domani tutto potrà essere diverso.

Mattia e Luca stanno salendo in aereo.

Occhi dentro occhi Where stories live. Discover now