FAME DI TE

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I miei occhi si erano abituati al buio. Vedevo bene, come di giorno. Anche i miei movimenti si erano velocizzati. Mettevo i piedi uno dietro l'altro, rapidi.. così rapidi che io stessa non potevo capacitarmene. Ero veloce. Forse l'occhio umano nemmeno riusciva a captare i miei spostamenti. Avrei dovuto chiedere meglio a Valentine, che mi aveva portato in un parco quella sera. La sera, in cui ero nata.

Diceva che era uno dei posti migliori, per i novizi come me. Se mi avessero detto che mi sarei ritrovata in un parco, con un vampiro, per imparare a mia volta a cacciare, avrei riso. E invece ero qui.. ci ero davvero; appollaiata su un ramo che mi reggeva chissà come. E nemmeno avevo fatto gran fatica a salirci.

Annusai l'aria, c'era un profumo diverso, un profumo buono. Valentine mi osservava senza dire niente, sentivo il suo sguardo presente, la sua mente invece era altrove.

Emisi un gemito involontario, quando una ragazza si sedette sulla panchina che stavo tenendo d'occhio da un quarto d'ora. Era un tipa semplice ma aveva un profumo inebriante. Mi sporsi dal ramo a cui ero aggrappata, annusando l'aria, annusando lei. Era così dolce, così delicata. Il profumo buono che avevo sentito arrivare, era il suo. Come potevo sentir arrivare un profumo? Avevo un olfatto così sviluppato?

Mi passai la lingua sulle labbra, i canini si stavano allungando. Avevo scoperto ch'erano retrattili. Uscivano solo quando volevo io; anche se Valentine diceva che per i novellini, nasconderli era sempre un'impresa.

«Profuma vero?» domandò in un angolo del ramo Valentine, elegantemente seduto con la schiena contro il tronco, una gamba penzoloni e l'altra raccolta al petto.

«Ha un odore così» e non trovai aggettivo adatto nel descrivere quella fragranza. Buono. Sì, era buono. Eppure non rendeva l'idea.

«Hai sete?» domandò ancora, dietro di me. Lo sentii aderire col suo corpo al mio, con il suo petto marmoreo alla mia schiena. Espirai tremando. Questo contatto era così strano per me. Tutto era strano. Ero appena nata.. o meglio, morta e rinata e sinceramente non sapevo nemmeno come funzionasse questa cosa di "bere". Avevo sete? Forse sì, anzi, sicuramente si. Mi bruciavano le vene, pulsavano frenetiche

«Io.. ecco io non saprei» sussurrai, piano con la paura di esser sentita.

Lui mi passò una mano sulla gola, scendendo poco sopra il seno «Brucia vero? Guardala.. guardale la vena del collo» e così lo assecondai.

La vena della ragazza batteva, con tenacia. Era come un richiamo, come se volesse invitarmi da lei. Dovetti deglutire, avevo la gola secca, arida. Sentivo la necessità di bere; ma come? Volevo il sangue. Sapevo chiaramente che era ciò che desideravo. E lo desideravo.. Dio quanto lo desideravo. Era una necessità impellente, una smaniosa necessità eppure allo stesso tempo non la volevo uccidere.

Perché per cibarmi dovevo ucciderla, no? Era così che funzionava.

La ragazza ancora non si era accorta che la guardavo, rideva, chiacchierando al cellulare con un'amica. La sera dopo doveva uscire, a ballare con un tizio "fico". Sarebbe stato sbagliato nutrirmi di lei. Ucciderla era come togliere le caramelle ad un bambino; scorretto. Eppure sapevo anche che infondo, questa era la dura legge della natura: il più debole era destinato a soccombere. Io ero una predatrice, ed ero affamata.. e volevo lei. La volevo molto prima di averla vista. La volevo da quando il suo odore si era impiantato nelle mie narici. Vederla era solo stata una conferma. Il collo liscio, delicato, morbido. Sì, era lei che volevo.

Mi girai a fissare Valentine che sorrise divertito. Quello che per me era nuovo, per lui era abitudinario, forse anche troppo. Chissà quanti anni aveva. Non gliel'avevo ancora chiesto; ma troppe cose avrei dovuto chiedergli che nemmeno ero certa di poterle ricordar tutte.

Il Segreto di Lynda JonesWhere stories live. Discover now