Capitolo 4.10 : L'inferno di Alex

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"Dov'eri?"

"Ero nel mio studio."

"Ti ho chiesto di stare con Alex e ti sei chiuso nello studio?"

"Sono sceso a controllare."

"Io sono a casa da mezz'ora e non ti ho mai visto."

"Non ci siamo incrociati per un soffio."

Il muro di bugie di George crollò sotto la pressione di una piccola spinta.

"Un'ora fa mi ha chiamato la polizia chiedendomi di accertarmi che Alex stesse bene perchè la nostra ex vicina di casa ha detto di averla incontrata a Evanston."

"La vecchia farnetica, la bambina non è mai uscita."

Thomas indicò la figlia. "Dice che la gattaiola della cucina è chiusa con i chiodi." George impallidì tanto che al suo confronto l'uomo livido che gli parlava sembrò abbronzato. "Come hai fatto a non sentire il telefono di casa?"

"Lo studio è insonorizzato."

"Sei un figlio di puttana", sputò Thomas con cattiveria. "La tua parola vale meno di zero. Mi avevi garantito che avresti tolto tutti gli oggetti pericolosi dal piano e non hai mosso un dito. Solo in questo corridoio ci sono tre specchi. Se vuoi che Alex continui a vivere in questa casa dovrai darti da fare."

"Ma noi non vogliamo che viva qui", intervenne Martha. "Puoi portartela via, giusto George? Noi non la vogliamo."

Il marito si allontanò dalla moglie. "La bambina resta, è mia figlia e questa è casa sua."

"Tua figlia?" Martha forzò il lifting in una smorfia di sconcerto. "Noi non abbiamo figlie."

"Infatti stavo parlando di me."

All'incredulità subentrò subito la stizza e la signora Shepherd, intuendo su quale argomento sarebbe finita quella disputa, scelse la fuga.

"Ne discuteremo quando avrai smesso di sragionare."

George ignorò la moglie e tornò a perorare la propria difesa con Thomas.

"Mi è passato di mente", si scusò scegliendo la linea difensiva sbagliata.

"Ti è passato di mente di controllare che stesse bene? Dopo che ti avevo pregato di aiutarmi?"

"Non succederà più."

"Di questo puoi starne certo."

Alex fu la sola dei tre ad accorgersi che la zia non se ne era andata. Guadagnata l'uscita si era fermata davanti all'attaccapanni, aveva preso l'unico cappotto appeso ed era tornata indietro.

"Devi credermi, Thomas. Ho dimenticato di controllare l'orologio, ero molto concentrato e ho perso la cognizione del tempo. Stavo per scendere."

Martha lanciò il cappotto ai piedi del marito. Toccando il pavimento, dalla manica uscì l'estremità di una sciarpa rosa con i pon pon. "Perché non ci spieghi su cosa eri concentrato? O forse dovrei chiederti sopra chi eri concentrato."

George raccolse in fretta la prova che smascherava la realtà delle sue attività all'ultimo piano. "Chiudi quella bocca", intimò alla moglie nascondendo il cappotto dietro la schiena.

"Tessuto sintetico e sciarpa di nylon", lo schernì Martha. "Quanto sei caduto in basso."

L'arrivo di William, entrato in casa dall'appartamento a fianco, fu provvidenziale.

"State tutti bene?" domandò.

"Non hanno ancora pranzato", gli rispose George trattenendo la moglie per il polso. "Te ne occupi tu?"

Come misero piede in cucina, Thomas sparì in direzione delle camere mentre William cercò una pentola.

"Nostalgia di Evanston?" chiese alla nipote.

"Mi mancano i miei gatti."

"Quella casa non è più vostra." "Hai rischiato che i nuovi proprietari chiamassero la polizia."

"Dov'è andato papà?"

"Non lo so." "Sono stato a trovare Noah in ospedale. Vuoi vedere una sua foto?" William le mostrò il cellulare. "Ti ho dato un bel cuginetto?"

La foto ritraeva un neonato minuscolo con la testa ricoperta da una folta peluria bionda e la faccia semi nascosta da un cerotto che teneva fissa una cannula per l'ossigeno. Lo zio lo aveva definito bello ma l'unica parola a cui Alex riusciva a pensare era strano.

"Elliott e Sam hanno i capelli scuri", disse per non fare scena muta.

"Il padre di Charlie da giovane era biondo."

Thomas tornò in cucina con un asciugamano sulla spalla. Il suo aspetto non era migliorato e al pallore del volto si erano aggiunti la fronte sudata e il singhiozzo.

William gli piazzò il cellulare sotto al naso. "L'ho scattata due ore fa."

Thomas guardò il display di sfuggita. "Bene", mormorò spostandosi davanti al lavandino.

"Nient'altro? Solo bene?"

"Somiglia ad Evan." Thomas ruotò il rubinetto verso l'esterno e posò le mani sui bordi del lavandino. Respirava usando la bocca e sembrava stesse aspettando qualcosa.

"Lo dice anche Charlie." "Stai bene?"

"No."

"Che cosa sei andato a fare di là?"

Thomas si piegò in avanti e finì di vomitare.

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