Il numero 23

144 12 0
                                    

S Wacker Drive, Loop, Chicago.

9.54 a.m.

Thomas spese il resto della mattinata a cercare un lavoro. L'ultimo lo aveva perso ad agosto e da allora, fatto salvo un part time di tre settimane in una lavanderia con il ricavato del quale era riuscito a coprire metà dell'affitto per il mese di ottobre, non aveva più lavorato. Mancavano solo quattordici giorni al saldo di novembre e se non avesse trovato subito un impiego sarebbe stato obbligato a traslocare tra i bidoni del vicolo dietro casa.

Due ore più tardi e sette poco convinti le faremo sapere noi, si arrese all'evidenza che l'ostacolo più grande al conseguimento del suo obiettivo erano stati il passeggino che spingeva e la bambina che vi era sdraiata sopra, così accantonò l'orgoglio e si fece coraggio.

Ricordava a malapena l'ultima volta che aveva percorso gli affollati marciapiedi della trafficata South Wacker Drive ma pur avendo rimosso l'episodio, riconobbe il palazzo senza difficoltà. Attraversò l'asettico atrio del piano terra e si infilò dentro ad un ascensore tra le occhiate schifate degli anonimi dipendenti preoccupati che le gocce di pioggia rimaste sulla copertura di plastica del passeggino non macchiassero loro i vestiti.

Il trentaduesimo piano faceva capo per intero ad un unico dirigente. Thomas chiese ad una delle segretarie della reception se fosse possibile essere ricevuti dal signor Shepherd e la donna, che lo squadrò ancor più disgustata delle persone in ascensore, gli consegnò un foglio di carta con stampato il numero ventitrè.

La coda che lo precedeva si esaurì solo dopo un'ora e mezza, e quando gli fu concesso di entrare era talmente arrabbiato che per sfogarsi pensò di investire la segretaria antipatica con il passeggino.

L'ufficio in cui venne ammesso aveva la stessa estensione del suo appartamento (incluse scale, soffitto e terrazza sul tetto), e per la seconda volta in poche ore Thomas si ritrovò dall'altra parte di una scrivania occupata da un giovane uomo.

"Siamo il numero ventitrè, George", disse lanciandogli contro il foglio di carta appallottolato che rimbalzò sopra la tastiera del computer. "Grazie per averci ricevuto subito".

"Se ti fossi presentato alla reception usando nome e cognome non avresti aspettato insieme agli altri candidati".

"Candidati per cosa?"

"Una delle mie project manager si è fatta ingravidare così ho dovuto licenziarla". "Come posso esserti utile?"

"Devi tenermi la bambina".

"La mia segretaria può fornirti il numero di un'agenzia di tate".

"Non mi fido, la babysitter che ho chiamato a giugno ha dimenticato l'accendino sul davanzale". "Vengo a riprendermela alle cinque".

"Non è possibile, Thomas. Ho altri dodici colloqui in agenda, un pranzo di lavoro molto importante, un meeting alle quindici e un aperitivo presso il consolato francese alle diciotto e trenta".

"Non potresti chiederlo a tua moglie?"

"Martha sta rientrando in questi minuti da New York". "Adesso sarei un po' impegnato. Ci sentiamo tra qualche giorno? Ti telefono io."

"George, ho bisogno che mi aiuti di più con la bambina". "L'influenza del mese scorso le ha devastato lo stomaco, ha perso l'appetito e adesso si stanca anche solo ad ascoltarmi leggere una fiaba. Di notte si sveglia ogni venti minuti in preda a degli incubi tremendi e io non so più che cosa fare".

"Dovresti discuterne con un professionista".

"Il pediatra le ha prescritto un sonnifero che le ha indotto uno stato comatoso che mi ha costretto a vegliarla per paura che smettesse di respirare. Se l'avesse vista un estraneo avrebbe pensato che fosse morta". Thomas non si pentì solo di aver parlato ma anche di essere nato. "Mi dispiace."

Uno squillo del telefono sancì la fine dell'incontro.

"Ti servono soldi?" domandò George con lo sguardo incollato allo schermo del computer.

"No".

"Allora temo di non poter esserti utile".

~

Red GiantDove le storie prendono vita. Scoprilo ora