9-incontri o forse meglio dire scontri

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New York 2017

<Charlotte ti muovi?> dissi. Possibile l'avevo svegliata alle 6:50 per arrivare a scuola in tempo per l'iscrizione, ma erano le 7:20 ed eravamo ancora a casa.
<Ok sono pronta> annunció Charlotte. A scuola ci saremmo presentate come sorelle e Jack sarebbe stato il suo ragazzo e nostro coinquilino. Come se mi avesse letto nel pensiero Charlotte si guardó intorno e mi chiese <Jack dov'è?>
<Ti avevo detto di svegliarlo> gli dissi. Se non lo aveva fatto l'avrei strozzata.
<In camera non c'e pensavo fosse già giù> mi disse e in quel momento la porta si aprì e spuntó Jack. Ero nervosa così presi il suo zaino e mentre uscivo glielo sbattei contro le sue cose. Come dispetto funzionó e si piegó, dietro di me Charlotte scosse la testa e disse a Jack
<Te la sei cercata>
<Nervosette le ragazze?> disse Jack ancora dolorante. Tirai fuori la macchina dal garage e mi posizionati già nel vialetto. Avevamo mantenuto la casetta nel bosco di Charlotte e Jack solo che Esme e io l'avevamo ristrutturata e ora era bianca, ariosa, luminosa e grande. Era l'unico posto in cui potevamo essere noi stessi.
Arrivammo a scuola alle 7:45, avevo corso come una matta con la mia 500. A casa ero quella che aveva più cose visto che molti erano regali da parte dei Cullen. In garage avevo: la 500 cge usavo per andare in giro per non dare nell'occhio, una moto Harley Devinson il mezzo a cui tenevo di più, e una Ferrari regalata da Edward di solito la usavo per andarli a trovare.
Dopo aver parcheggiato ci dirigemmo verso la segreteria. Tutti ci fissavano, soprattutto a me e Charlotte, potevo sentire i ringhi di Jack a chi guardava la sua compagna. Nel nostro piccolo clan avevamo deciso che sarei stata io il capo ,visto che noi eravamo una sorta si sotto clan dei Cullen e io ero la più vicina a Carlisle; e anche perchè non avendo un compagno ero quella che si faceva coinvolgere. Da subito la lotta per il posto di capo era tra me e Jack in quanto lui sosteneva di essere uomo, il più anziano e di essere di natura completamente diversa; io invece di essere single e riuscire a ragionare più lucidamente, essere la più intelligente, la più forte e essere amica di Carlisle. Avevo vinto.
Entrammo in segreteria e parlai io.
<Vorremo l'orario delle lezioni> dissi alla donna dietro al bancone.
<Certo, i vostri nomi per favore> ci chiese un po' stupita nel vederci.
<Anne Cullen, Charlotte Cullen e Jack Black> Charlotte aveva preso il mio cognome perchè così sarebbe stato più semplice. Poi aggiunsi <io e mia sorella potremmo avere lo stesso orario> io e lei saremmo andate in terza mentre Jack in quarta. Avevamo discusso molto per arrivare a quella decisione.
<Certo tesoro. Che corso di scienze volete?> ci chiese gentilmente.
<Io e mia sorella fisica, Jack chimica> dissi decisa.
<Perfetto. Quest'anno c'è anche un corso speciale di musica, volete farlo?> io guardai i miei compagni tutti sapevamo suonare uno strumento infatti tutti annuirono.
<Sì grazie> dissi infine.
<Perfetto ecco i vostri orari. E buon anno> ci disse la donna. La ringrinziammo e salutammo e poi uscimmo. Alla prima ora io e Charlotte avevamo inglese mentre Jack aveva arte, gli avevo insegnato a disegnare e se la cavava. Prima di andare Jack bació la sua ragazza, giusto per marcare il territorio, e poi mi disse.
<Mi raccomando non uccidere nessuno, dopo ti rovini l'appetito per il pranzo> e rise.
<Stupido> gli dissi alzando gli occhi al cielo poi ognuno andò nelle proprie classi.
Le ore passavano veloci, nonostante io e Charlotte non facessimo praticamente niente visto che sapevamo già tutto. Nelle prime tre ore mi divertii a fare un disegno, stavo rifacendo la foto mia e di Edward che aveva lui. Ormai a Edward ci pensavo poco, era un fratello per me, nel tempo avevamo messo a posto le cose e ci eravamo "dimenticati" tutto. Alla quarta ora era la volta di ginnastica. Quel giorno avremmo giocato a pallavolo, io e Charlotte fummo messe in squadre diverse e lei aveva raccolto la sfida che gli avevo lanciato: vedere chi era la più forte. Nelle squadre facevamo tutto noi, difendevamo ci alzavano la palla e schiacciavamo. Le ragazze avevano capito che eravamo le più forti. L'ora finì e vinse la mia squadra con un 25 a 13.
<Charlotte ti stai rammolendo?> dissi tra le risate.
<Ma piantala> mi disse offesa. Io mi cambiai velocemente e usci. Non mi piaceva stare con le ragazze della mia età apparente. Mentre io uscivo e mi avviavo alla sala da pranzo un ragazzo mi venne addosso. Nell'impatto mi cadde la penna che mi aveva regalato il figlio di Martha il poco tempo che lo avevo accudito.
Infatti dopo la morte di Martha e la promessa fatta la rispettai stretti con quel bambino 4 anni. Lo aveva chiamato Thomas era simpatico, sveglio e intelligente: assomigliava molto alla madre. Purtroppo un giorno si taglió e il suo sangue aveva davvero un odore buonissimo, così scappai. Per un po' lo tenni d'occhio da lontano, ma appena capii che era cresciuto lo lasciai stare. Di lui mi rimaneva solo quella penna smaltata di blu come i suoi occhi e con puntini gialli che rappresentavano le stelle.
Mi abbassai per prenderla, ma il ragazzo che mi aveva urtato mi precedette, ci alzammo e lui guardó la mia penna.
<Posso riavere la mia penna?> gli chiesi gentilmente. Era un ragazzo alto, soprattutto per me che ero bassina, e si vedeva che andava in palestra, ma non era di quelli super muscolosi; i capelli erano castani più chiari dei miei e il ciuffo restava in alto. Gli occhi grandi e azzurri con tutte le sue sfumature mi sorpresero, mi persi qualche secondo in quegli occhi.
<Sì, scusami. Scusa se ti sono venuto addosso pensavo di essere in ritardo> mi disse imbarazzato osservando ancora la penna così allungai la mano. Ma lui mi sorprese e mi chiese
<Dove l'hai presa?> gli umani di solito facevano domande che ti aspettavi e anche alquanto stupide, ma quel ragazzo mi spiazzó completamente.
<Me l'ha regalata un mio vecchio amico che non vedo da tempo, ci tengo molto a quella penna quindi me la potresti ridare?> e lo guardai con sguardo interrogativo.
<Ah. Certo. Scusa. Mi sembrava simile a una penna che avevo regalato a una mia amica molti anni fa, ma forse mi sbaglio> disse il ragazzo e mi ridiede la penna e scosse velocemente la testa come per cancellare quel ricordo.
<Grazie> gli dissi
<Prego. Mi dispiace averti trattenuta. Io sono Thomas, tu sei la ragazza nuova?> mi chiese. Il suo nome mi fece irrigidire e anche il fatto della penna. Ma quello che mi fece irrigidire e scattare fu una folata di vento. Una porta rimasta aperta portò aria e odori direttamente a me e con loro anche il profumo del sangue del ragazzo davanti a me istintivamente tratenni il respiro.
<Sì> me la sbrigati veloce volevo andarmene, in quel preciso istante arrivò Charlotte. La presi a braccetto e ce ne andammo senza salutare da quel ragazzo che sapeva troppo di buono.
<Ma che ti prende> mi chiese.
<Muoviti> gli dissi nervosa. Probabilmente in quel momento avevo gli occhi neri. Mi prese per le spalle e mi bloccò al muro.
<Anne calmati. Ok? Adesso respira, tranquilla. Se ne andato ok?> feci quello che mi diceva. Lei sapeva come fare e lo faceva; io sapevo come fare, ma perdevo lucidità e correvo via. C'era da dire che lei era molto meno incline a bere sangue, io ci "vivevo".
Mi calmai e Charlotte se ne accorse.
<Bene, ora andiamo in mensa> mi disse calma. Quando entrammo in mensa c'era Jack ad aspettarci e ci mettemmo in fila per il cibo.
<Ma perchè prendi il cibo se non lo mangi?> mi chiese Jack disgustato dall'idea di buttarlo.
<Perchè a te non basta e ti dò il mio> gli risposi con ovvietà. Jack mangiava un sacco essendo un lupo. Annui. Preso il cibo cercammo da prendere posto, quando un tipo di quinta mi si parò davanti. Cercai di raggirarlo, ma lui voleva che restassi lì.
<Che vuoi?> chiesi seccata
<Io e te dobbiamo parlare> mi disse con voce minacciosa, quello che non sapeva e che lui a me non faceva un baffo. Sospirai e diedi il vassoio a Charlotte.
<Che vuoi?> gli dissi di nuovo.
<Sei bellina sai?> mi disse sperando di essere sexy. Ecco i nervi stavano saltando.
<Non dirmi che mi hai fermato per dirmi questo> dissi alquanto seccata. Intanto gli studenti iniziavano a guardarci. Sembrava che quando questo buffone ti fermasse succedesse qualcosa di brutto. Ecco questa era l'ultima cosa che volevo: difendermi o attaccare a modo mio. Da un lato era fortunato ad aver trovato me: se fosse stato Jack i suoi nervi gli avrebbero detto ciao da un pezzo.
<No non solo questo> mi disse ancora con quella voce che sperava mi facesse effetto.
<E allora che diamine vuoi?> dissi con voce più alta. Ancora poco e avrei ringhiato. Il mio pensiero fisso era "non spaccare nè il muro nè la sua faccia"
<Devi dire al tuo amico di fare meno il figo> mi disse con una punta di acidità. Non rispondere e spegnere non era nel mio stile, anche se non volevo iniziare una guerra.
<Oh è questo? Hai paura che il novellino di quarta ti rubi la scena e le ragazze? Povero bimbo> lo avevo provocato e lui rispose. Pensava di essere veloce e forte, ma si sbagliava, non sapeva di quanto. Caricò il braccio per tirarmi un pugno non so dove, ma la mia mano senza fatica arrivò lì qualche millesimo di secondo prima che lui colpisse. Il suo pugno con la forza che aveva caricato contro la mia mano di marmo causò uno schianto: la sua mano rotta. Lui imprecava mentre muoveva la mano e mi guardava con sguardo impaurito. Anche gli studenti mi guardavano stupiti, forse ero la prima che non avevo paura di quel tipo e lo avevo affrontato. Sospirai e andai al mio tavolo mentre gli studenti gasati guardavano il bullo di quinta contorcersi dal dolore.
Uno sguardo mi colpì di più tra tutti: il suo.

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