QUARANTUNO

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L'avevano dimessa quella mattina. Kate stava rimettendo le sue cose nella borsa, aveva indossato un paio di jeans puliti con una tshirt bianca, aveva anche abbandonato le sue immancabili scarpe con i tacchi per un paio più comode di tela da ginnastica. Si sciacquò il viso e si specchiò nel piccolo bagno della sua camera in ospedale, singola, perché come si era lasciata sfuggire un infermiera, era il signor Castle ad occuparsi di tutti gli extra. Avrebbe quantomeno dovuto ringraziarlo. Non era stata molto bene in quei due giorni lì in ospedale, doveva ancora capire se per motivi solo fisici o altro, ma aveva sentito il peso di tutta quella situazione schiacciarla pesantemente e si era sentita troppo debole per sostenerlo. Aveva tenuto il cellulare spento ed evitato ogni incontro con i suoi amici. Non voleva essere compatita.

La sua borsa senza la scatola era molto più leggera, ma era piena e pesante di tutto quello che quei tre giorni le avevano lasciato. La chiacchierata con Joy dove aveva voluto vedere qualche spiraglio positivo per il loro futuro, c'erano le sue paure che aumentavano e si amplificavano man mano che prendeva coscienza di se e del suo ruolo, c'era l'affetto sincero di Martha che ogni giorno era passata a salutarla senza mai farle mancare una parola di conforto e un po' di quell'affetto che sentiva di aver bisogno di ricevere, Martha che non faceva mai domande e non chiedeva spiegazioni, Martha che mai le aveva chiesto il perché di tutto, come se non ne avesse bisogno o come se già conoscesse la risposta. Chiuse la borsa, portandosi dietro tutto quello, step indispensabili pensava. Parlò ancora con il dottor Porter che si assicurò del suo stato di salute, il dolore locale stava sparendo, per il resto lui non avrebbe potuto farle niente, poi firmò le sue dimissioni e prima di andarsene, quando era in ascensore, invece di scendere al piano terra, salì al piano superiore.

Bussò alla porta della camera di Joy, poi la aprì piano per entrare. Non era sola. Rick era seduto vicino a lei e la accarezzava amorevolmente. Si voltò, sentendola entrare, diede un bacio a Joy che sembrava dormire e andò verso Kate portandola fuori.

- Volevo solo salutarla. - Si giustificò lei.

- Non è il caso adesso. - Disse Rick serio.

- Cosa c'è? - Chiese Kate preoccupata

- I primi effetti della terapia. Stanotte non è stata bene, è molto debole adesso e... niente, non è stata bene.

Castle le parlava a bassa voce, sembrava provato e Kate si allarmò ancora di più.

- Che cosa vuol dire non è sta bene, Castle? - Ora la sua voce era più risoluta.

- Nausea, vomito, febbre, non ha dormito mai stanotte, sono venuto qui ieri sera appena mi hanno chiamato... Si è addormentata poco fa. Ho chiamato Thompson, abbasseranno un po' i livelli nei prossimi giorni e vedranno come va. Al momento sembra troppo debole...

- Potevi avvisarmi. - Gli disse non ricordandosi che aveva tenuto il cellulare spento tutto il tempo che era stata lì. Lo accese immediatamente per vedere se avesse avuto delle chiamate ma lui le rispose prima.

- Non ce n'era motivo.

Kate lo guardò scuotendo la testa e sbattendo le palpebre più volte. Cosa voleva dire che non c'era motivo? Era talmente stupita da quella sua risposta che non riuscì a ribattere.

- La posso vedere adesso? Solo pochi minuti, Castle. - Lo pregò.

- Meglio di no, Beckett... Meglio se Joy non subisce altri stress.

Quindi lui la vedeva così, uno stress per lei, una fonte di malessere, un agente esterno nocivo. Si appoggiò con la schiena alla parte, prendendosi il volto tra le mani e mentre lui stava rientrando lo fermò.

- Puoi dirle almeno che sono passata? Che avrei voluto vederla e che... niente... che le voglio bene.

- Sì, certo. Glielo dirò.

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