23. Non esistono finali aperti

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  «Osare è perdere momentaneamente l'equilibrio,
non osare è perdere se stessi»
Soren Kierkegaard

  «Osare è perdere momentaneamente l'equilibrio, non osare è perdere se stessi»Soren Kierkegaard

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E m i l y

Non c'era più alcun appoggio: c'ero solamente io, con ogni mio timore e ogni mia forza, che cercavo di mettere fine a quella questione una volta per tutte. Mi accorsi solo in quel momento di quanto tutto ciò fosse diventato importante per me, così tanto da arrivare a prendere la decisone di compiere un gesto simile.

Avrei potuto perdere tutto, oppure raggiungere a pieno il mio obbiettivo, ma di certo non sarebbe stata possibile una via di mezzo tra le due. Non si trattava più di un semplice rapporto mai instaurato tra dei consanguinei, rimpiango i momenti in cui reputavo quest'ultimi il male peggiore.

Tutto ciò che c'eravamo immaginati era un semplice gioco, non si poteva usare un'altra terminologia per rappresentarlo. I giochi potevano essere manipolati in ogni modo possibile, bastava, semplicemente, possedere completa fiducia per chi li conduceva.

Eravamo i personaggi dell'insulso giochetto prestabilito da Jason, e lo saremmo stati fino a quando qualcuno non si sarebbe deciso a cambiare il suo schema. Si trattava di un sistema, bastava cambiare il destino di uno per sconvolgere quello di tutti gli altri.

Fu proprio quando mi ritrovai di fronte all'abitazione che compresi che quel ruolo spettava a me.

Le basse temperature erano percepibili in modo totale, nonostante mi fossi procurata una giacca per non patire eccessivamente il fastidio che il gelo mi procurava. Incrociai le braccia al petto e strinsi con il massimo delle forze che possedevo in quel momento, non volevo ancora fare il mio ingresso.

Non potevo, però, esitare un attimo di più, la casa non sarebbe stata vuota ancora per molto.

Il profumo di Justin si faceva sempre più acuto, quasi come la sua assenza. Senza di lui quelle mura diventavano ancora più malinconiche di quanto già non lo fossero.

Cercai di non pensarci, di non pensare che se qualcosa fosse andato storto avrei potuto rendergli la vita ancora più straziante. Al momento non m'importava di nulla, se non di non fargli più patire alcuna sofferenza.

Mi avvicinai alla porta che m'avrebbe portato in quella stanza, percepivo il cuore palpitare ad un ritmo poco abitudinario. Anche applicando il massimo delle mie forze sembrava impossibile forzare la serratura. L'aveva fatta fare appositamente per poter prevenire qualsiasi scoperta compromettente, me lo sarei dovuta aspettare.

Fu dopo innumerevoli tentativi che riuscii a fare il mio ingresso, constatando un totale cambiamento rispetto a quando l'avevo vista per la prima volta. La mensola era sparita, anche i buchi sul muro erano stati coperti in modo attento.

Controllai dappertutto, ma della cornice non c'era traccia. Poi sentii la porta sbattere in modo violento, e capii che non c'era più alcuna via d'uscita.

Fix You » jdb [wattys 2018] ; [completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora