Capitolo II

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Passarono circa dieci anni. Arthur divenne un grande uomo, molto più impegnato con il lavoro che per le uscite con gli amici. Infatti, da quando suo padre morì per la stanchezza subita dalla guerra, il giovane si ripromise che avrebbe avuto abbastanza soldi per aprire il loro locale del tè. Non ci mise molto a trovare un impiego come cameriere. Lavorava giorno e notte, pur di racimolare abbastanza soldi. In più, i due agenti immobiliari con cui contrattava, erano molto severi e non avrebbero accettato un soldo in meno.

Era una solare mattinata di febbraio, e tra pochi giorni si sarebbe celebrato il carnevale. Mentre Arthur lavorava come ogni mattina al locale, il suo miglior amico Yao, che col passare degli anni, divenne sempre più schizzinoso e vanitoso. Gli disse che il suo grandioso padre avrebbe organizzato una festa in maschera, in onore del principe Francis Bonnefoy, che a breve sarebbe arrivato a NewOrleans grazie a una nave da crociera. Arthur non aveva mai sentito parlare di quel principe, e quasi subito pensò che neanche Yao fino a pochi giorni prima sapesse chi fosse. Ma l'amico lo assicurò, dicendo che a pochi mesi di distanza, sarebbe diventato re di una Piccola regione della Francia.

Intanto nel grande porto della città, sbarcarono due strane figure.
A sinistra si trovava il fantomatico principe biondo e dagli occhi blu mare di nome Francis Bonnefoy. Il ragazzo possedeva anche una folta barbetta e un vestiario da vero principe. Alla sua destra si trovava il valletto Romano Vargas, un uomo di qualche anno più grande del principe, depresso e stanco. Con moglie e figli e da anni frustato dai reali per la sua situazione sociale.
Francis si divertiva a stuzzicare Romano in tutti i modi. Ma di certo era compito del valletto tenere tutte le sue valigie mentre il Principe si divertiva a importunare persone di tutti tipi.

«Principe Bonnefoy, le ricordo che non può spendere un accidenti perché i vostri genitori hanno ritenuto che voi siate dei spendaccioni.»

«E allora Romano?»

«E allora siete rimasti senza soldi... signore»

«Avrò sempre una rosa candida al mio fianco, Romano! A che servono i soldi, quando si ha la bellezza?»
Prese per il braccio una ragazza trovatasi lì per caso.

«Ah, siete troppo giovani per capire. Inoltre le ricordo che questa sera dovrete partecipare alla festa in maschera del signor sindaco Ivan Braginski... e magari prima o poi sposare qualche bella fanciulla ricca.»Disse con un ghigno silenzioso il poveruomo ch'era Romano.

«Certo, certo.»Ma il Principe non si curava affatto delle parole di lui, il ragazzo voleva solo godersi la vita finché sarebbe stato bello e affascinante. Era sempre stato un infante dentro.

Mentre passeggiavano per le strade di NewOrleans, con il Principe soddisfatto e affiancato da Romano con ancora sulle spalle le pesanti valigie, una losca presenza fu da loro avvertita.
Romano subito si spaventò e appena dopo fece cadere tutte le valigie a terra. Francis lo invitò a stare fermo. Dopo di che quella losca figura si fece avanti, mostrando un uomo alto e muscoloso, dalla carnagione chiara, i corti capelli bianchi e gli occhi rosso sangue.
Francis si mise a ridere di gusto dopo averlo visto, l'uomo aveva un'aria molto seria, ma allo stesso tempo divertita.
Non ci mise molto a incutere timore in Romano, un po' di più ci mise per Francis.

«Ma chi siete voi... non vi ho mai visti per le strade di NewOrleans. Siete per caso dei turisti?» Chiese, perplesso, come se non avesse mai visto nessuno in quel quartiere. In effetti, non era quasi per niente visitato e i due ci erano finiti per caso, dopo aver perso la strada per la casa di Braginski, luogo in cui avrebbero alloggiato fino alla fine della loro vacanza.

«Ma va? Certo che lo siamo!»Rispose con noncuranza Francis al misterioso signore.

«Beh allora lasciatemi che vi predica il futuro...»

«Cosa? Può davvero prevedere il futuro?!» Domandò incredulo.

«Signore, non ci dovremmo fidare di quest'uomo.»

«No, no... e perché? Sono un semplice uomo di provincia.»In effetti, il ragazzo non sembrava avere cattive intenzioni, ma dall'aria strana che si aggirava intorno a lui, poche erano le possibilità che fosse una persona apposto. Romano avrebbe tanto voluto scappare, ma non poteva fare in modo che il Principe Francis corresse dei pericoli, senza che lui fosse testimone. L'unico modo per prevenire il carcere era affiancarlo sempre... nonostante le scelte stupide che faceva.

Dopo, i due si fecero portare dall'uomo dal nome ignoto in una stanza, decorata in stile gotico e a varie linee... strambo.
"Scusatemi... ancora non mi sono presentato. Il mio nome è Gilbert Beilshmidt e sono un indovino."

«E quel pulcino sulla sua spalla?» Chiese stranito il principe.

«Mm... lui è il mio pulcino Gilbird» A quel punto il pennuto alzò l'ala come per salutarli.

Così si spiegarono il motivo per cui volesse tanto portargli nella stanza.
«Signore, questo uomo vuole essere pagato per farci prevedere il futuro, ma noi non abbiamo soldi, mi spiace!»Disse l'ultima frase riferendosi al certo Gilbert.

«No... per chi mi avete preso. Mi sono offerto io di predire il vostro futuro, perché appena vi ho visti, ho subito pensato che mi avreste portato tanto piacere...»

A quella affermazione Francis deglutì. "Cosa vuole intendere per piacere?" Si chiedeva.

«Allora, c'è qualcuno che vuole iniziare?«

«Io!»disse Francis, ponendo la mano all'indovino.

«Va bene.» Così tirò fuori dal cassetto un mazzo di carte, ed iniziò con il "rituale".
Mentre girava le carte, il Principe fu ammaliato dalla sua velocità e destrezza. Mentre Romano sperava solo che tutto sarebbe finito per il meglio.
A quel punto, dopo aver girato per bene le carte, ne tirò fuori dal mazzo dieci.
Inoltre, chiese a tutti e due di prendere casualmente una carta tra quelle.

A Romano capitò la carta della sfortuna, brutte cose lo attendevano.
«Bene. La carta del cataclisma... di sicuro significa che per un momento le cose non sembreranno andare per il meglio... ma, prima o poi i desideri si potrebbero avverare.» Lo disse con così tanta cattiveria da far innervosire il povero Romano.

Invece a Francis capitò la carta della ricchezza.
«Avrai soldi e belle donne, chiunque sarà ammaliato dalla tua benevolenza. Ma solo se seguirai alla lettera quello che serve per acquisire ciò... sarai felice.»

«Dillo! Dillo subito!»
Dopo che il Principe esclamò ciò, Gilbert iniziò a ridacchiare imprevidibilmente.

«Ora scambiatevi le carte.»Dopo aver detto ciò, quei due uomini scambiarono ognuno le carte dell'altro. E subito una fitta nebbia calò. Francis venne legato alla sedia dove era seduto da delle corde incantate, mentre Romano, troppo codardo, si nascose dietro a uno di quei teschi a cui lo stregone tanto teneva.
Poi Gilbert prese in mano il suo pulcino e lo condusse verso il dito del principe.

«Ah. Ah! Sei così ingenuo... stupido principe.» La sua cattiveria si poteva percepire da tutti i pori, dopo di che Gilbird il pulcino, prese a morsi il dito di Francis e subito dopo si trasformò in legno. Cadendo sulle gambe del ragazzo bloccato.

«Cosa mi vuole fare!» Cercò di urlare Francis, ma lo stregone si limitò a fasciarli la bocca e ad iniziare la vera fine del suo incantesimo.

Spazio Autrice
Lo so... in genere nelle storie di questa iniziativa Gilbert è sempre il cattivo. Ma io non ce la facevo a non farlo cattivo! Gilbert per me è l'antagonista ideale. Si crede il più magnifico, è bello, è figo, è malvagio, è Pucci ed è anche un paese che ora (per quanto ne so) non esiste più!!! Basta. Lo amo. Beh spero che la storia vi stia piacendo. Grazie di tutto
Ciao~~~~

Il Principe e il Ranocchio ~FrUk~Where stories live. Discover now