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NINA POV:





“Perché quell’uomo continua a venire in questa casa?” chiede Jake, un cipiglio sulla fronte.
“Voi lo conoscete?” chiedo confusa indicando Jackson.
“Ho lavorato con lui ed Alex per un po’ prima che arrivasse Jake” lo indica, si siede sul divano e divarica le gambe.
“.. è un tipo apposto, non mi sembra una minaccia” aggiunge scrollando le spalle.
“Già, anche se continuo a chiedermi cosa voglia da Alex. Un paio di giorni fa è piombato qui e mi ha letteralmente bombardato di domande. Assurdo” sbuffa.
“Aspetta, è stato qui? Di nuovo?” chiedo.
“Si, pensavo che Alex te l’avesse detto” fa spallucce.
“Shane di sicuro ne sa molto più di noi, potresti chiedere a lui” Jackson azzarda un sorriso, poi lascia perdere.
Vuole sfidarmi?
“Piuttosto mi terrò i miei dubbi. Non voglio avere niente a che fare con quell’individuo” borbotto altezzosa.
“Non avete ancora seppellito l’ascia di guerra?”
“Preferirei seppellire lui” alzo gli occhi al cielo.
“Prima o poi dovrete darvi una tregua, non possiamo lavorare in questo modo..” aggiunge.
“Quindi Alex lascerà che tu ti metta in gioco per fregare quei bastardi? A me non sembra male come idea..” dice Jake facendo una smorfia.
“Non mi diverte l’idea di diventare un bersaglio ma so bene che non abbiamo altre chance. Alex è in totale disaccordo, da quella sera non ne abbiamo più parlato. Sta evitando del tutto il discorso..” spiego.
“È un osso duro, come lo convincerai?”
“Non lo so Jake, non lo so” sussurro con la testa altrove.
“.. so soltanto che voglio che tutto questo finisca quanto prima. Voglio tornare alla normalità, uscire senza aver paura di essere rapita o sparata. Dormire la notte senza il timore di poter essere vittima di un ulteriore agguato.”
“Comprensibile dopo tutto quello che è accaduto” sbuffa.
“.. vedrai che riusciremo a farcela” mormora Jackson.
“Dovremmo essere più positivi e darci da fare. T.C. quasi non dorme la notte per escogitare qualcosa” mormoro.
“Il gran giorno si sta avvicinando..” sussurra Jake.
“Di che parli?” alzo un sopracciglio.
“.. della festa al casinò dei figli di puttana Messicani” replica.
“Oh” schiudo la bocca.
“.. mi è passato di mente.”
“Ho sentito dire che si tratta di una festa in maschera. Una di quelle stronzate a tema” sputa Jackson.
“Che puttanata” ribatte Jake.
“Hanno in mente qualcosa, forse è una strategia perché sospettano della nostra presenza.”
“.. o potrebbe essere un vantaggio per noi. In questo caso chiunque potrebbe partecipare alla festa purché abbia l’invito, persino Alex. Una festa in maschera potrebbe aiutarci a mimetizzarci con gli altri invitati, passare inosservati mentre li spiamo nel loro stesso habitat” spiego il mio punto di vista.
“Mi piace questa nuova versione di Nina stile Lara Croft” scherza Jake.
“.. attento a non dirlo davanti al tuo capo” ridacchio, lui diventa serio di botto.
“Che ti prende..” sussurro, mi volto per capire cosa sta succedendo alle mie spalle.
Alex è pallido in volto come un cencio, ha la mascella contratta e gli occhi vuoti.
Che cosa gli prende improvvisamente?
Fino a stamattina era di buon umore, sereno.
Adesso sembra che sia morto qualcuno.
Al suo fianco c’è l’uomo con la giacca di pelle, quello che mi confonde e m’intimorisce.
Mi guarda a fondo, qualcosa nei suoi occhi è cambiato rispetto alla prima volta che ci siamo scontrati in corridoio.
“Che succede amico?” chiede Jake.
“.. potete lasciarci da soli, per favore?” sospira Alex.
Alex che dice “per favore”, ma dove sono?
Sono finita in una realtà parallela o gli alieni hanno rapito mio marito e fatto il lavaggio del cervello?
I due ragazzi si rimettono all’in piedi senza dire una parola, senza commentare ed obbiettare, in gran silenzio abbandonano la stanza lasciandomi da sola con i due.
“Devo andarmene anche io? Posso..” faccio per alzarmi dal divano quando Alex appoggia una mano sulla mia spalla.
“No, sta tranquilla” sussurra, la sua voce mi accarezza.
Lo guardo dal basso, accenna uno di quei sorrisi timidi, rassicuranti, uno di quelli che dicono; ‘va tutto bene.’
Sorrido a mia volta nervosa, le mani iniziano a sudare.
“Che succede?” ridacchio tesa.
“Nina dobbiamo parlare” s’intromette l’uomo.
Alex gli lancia un'occhiata fulminea, tende la mascella e sulla fronte gli si formano le solite rughette.
“Non così, no” lo ammonisce, io lo guardo spaesata.
Inizio a pensare al peggio.
“Alex che succede? È accaduto qualcosa a Sara?” farfuglio.
“No, Nina. Sara sta bene, non si tratta di lei ma di te.”
Si siede al mio fianco e appoggia una delle sue mani sulla schiena, il signor Kellerman gira in tondo attorno al divano e si accomoda proprio di fronte ai miei occhi.
È serio, quasi imperturbabile.
Si schiarisce la voce, quando sta per parlare Alex lo interrompe e lui si zittisce cambiando espressione.
“Forse sarà meglio che parli io” sussurra Alex.
Ma cosa diavolo succede?
“Alex, vuoi farmi uno scherzo? È un’idea di pessimo gusto” borbotto agitandomi.
“Nina, Nina” sussurra il mio nome, afferra le mani e incatena i miei occhi nei suoi.
Mi ipnotizza, come sempre.
“.. ascoltami bene” si lecca le labbra, poi guarda in basso.
Infila una mano nella tasca dei pantaloni ed estrae la mia catenina, quella che non riuscivo più a trovare.
“Ce l’hai tu, pensavo di averla persa da qualche parte” sussurro confusa.
“Si, ce l’ho io” conferma.
“.. chi ti ha dato questa collana?” chiede infine.
“Alex mi prendi in giro? È uno scherzo?” faccio un sorriso amaro. “Non si tratta di uno scherzo Nina, rispondi alla mia domanda.”
“.. mia m-madre, mia madre mi ha regalato questa collana. Adesso posso sapere il perché di tutte queste domande? Sei strano, sei sicuro di sentirti bene?” farfuglio.
“.. sto bene, ma in questo momento non vorrei trovarmi in questa posizione scomoda” replica.
“Ma che ti prende?” gracchio muovendomi.
“.. vedi, tesoro.. il vero proprietario di questa collana.. non era tua madre” prende una pausa, io arriccio il volto.
“Ma tuo padre” sussurra serio.
“Che dici? Mio padre è morto! Non è sua, mia madre non mi ha mai detto nulla al riguardo, l’avrei saputo altrimenti. Non credi?” sbotto.
“Tua madre non ti ha mai detto nulla per custodire un segreto” s’intromette Kellerman.
“Lui che c’entra? Perché parla di mia madre? Nemmeno la conosci” biascico.
“Tesoro, ascolta. Calmati” sussurra Alex.
“Sono calma, sono calmissima. Non dirmi di calmarmi quando mi fai tutte queste domande senza senso” biascico, al contrario mi agito.
“Nina io e John ci siamo ritrovati di fronte ad un’incredibile scoperta. Questa collana è stata regalata a tua madre da tuo padre prima che lui partisse per il Medio Oriente, come pegno d’amore.” “Ma che diavolo vuol dire? Mio padre è morto, questo è quello che mi ha raccontato mia madre” mormoro irritata.
“Nina tua madre era all’oscuro di tutto. Tuo padre non è morto..” sussurra l’uomo di fronte a me.
“E tu che cosa nei sai? Eh? Parli come se la conoscessi” ribatto sprezzante.
“.. vedi, lo so.. perché quell’uomo sono io Nina” sospira pesantemente, le mani intrecciate.
Silenzio, il mio cuore precipita sul pavimento.
Mi sento come se la terra si stesse squarciando sotto di me ed io stessi sprofondando in un burrone.
“C-che?” balbetto, la testa mi vortica leggermente.
“Sono tuo padre” dice tutto d’un fiato, Alex stringe la mia mano come una tenaglia.
Le sue parole rimbombano nelle mie orecchie come un eco.
No, non può essere vero.
È tutto uno scherzo, tutto un brutto scherzo.
Adesso Alex si alzerà e mi scoppierà a ridere in faccia.
“Dimmi che sta scherzando” sussurro verso di lui, i nostri visi a pochissimi centimetri di distanza.
“.. dimmelo” mi si forma un groppo in gola.
“Nina” si inumidisce le labbra.
“.. non si tratta di uno scherzo. John dice la verità, è il tuo padre biologico” sussurra cauto, come se questa nuova notizia potesse causarmi un malore improvviso.
Ho il corpo pietrificato, il cuore diviso a metà.
Sono come persa nella mia spirale, non riesco ad emettere un solo verso, una sola sillaba. Nella mia mente è tutto confuso, i miei pensieri, i miei dubbi, sono stati spazzati via come un ciclone in piena. La mia intera esistenza è stata messa a soqquadro di nuovo senza che io potessi fare nulla.
Perché la mia vita deve essere così imprevedibile?
“Mio padre è morto” ripeto in un sussurro.
“.. no, ti sbagli. Sono vivo, sono qui. Guardami” John si allunga verso di me e tenta di sfiorarmi il viso.
“Non mi toccare” ribatto indietreggiando, lui impallidisce cambiando colore del viso.
“.. Nina” aggiunge in un soffio.
“Tu non sei mio padre” mormoro, alzo gli occhi su di lui.
“Nina mi dispiace, sono mortificato.”
“Tu sei mortificato” urlo balzando all’in piedi, Alex sgrana gli occhi.
“Quale razza di uomo abbandonerebbe suo figlio?” sputo.
“.. io non sapevo che tua madre fosse incinta, Alma mi ha tenuto all’oscuro di tutto” scuote la testa.
“Non parlare di mia madre, non provarci neanche” gli punto il dito contro, sono così arrabbiata che sento le vene pulsare impazzite.
“Nina, calmati” mi intima Alex.
“.. non voglio calmarmi, non voglio” urlo con voce rotta dal pianto, sono in procinto di scoppiare a piangere.
“Non è colpa sua, John non sapeva della tua esistenza fino a pochi giorni fa.”
“Ma da che parte stai?” sospiro, gli occhi pieni di lacrime.
“Nina, per favore! Permettimi di spiegarti come sono andate le cose dal principio, ti prego..” sussurra John.
“Non voglio ascoltarti” replico.
“.. ti spiegherò ogni cosa dall’inizio, ma tu ascoltami. Ho bisogno che tu lo faccia, non guardarmi come se fossi una bestia senza cuore” parla piano, come se non volesse spaventarmi.
“Non voglio ascoltare nulla, nulla” ripeto urlando, poi mi allontano da loro.
“.. va via da casa mia o me ne andrò io” gli indico la porta.
“È assurdo, dammi una possibilità. Voglio soltanto spiegarti come sono andate le cose” mormora.
“Non voglio ascoltare una sola parola. Se ne va lui o me ne vado io” mi rivolgo ad Alex.
“John, credo basti per oggi” replica Alex.
“Volevo soltanto” s’interrompe.
“.. fuori, adesso” urlo, non riesco a guardarlo in faccia.
Silenziosamente si allontana da noi, mi guarda per un’ultima volta e poi sento il rumore della porta che sbatte.
Una lacrima riga il mio viso in silenzio, dentro di me milioni di emozioni diverse e contrastanti fanno a lotta per venire fuori.
Mi stringo forte nelle braccia, poi avverto i suoi passi dietro di me.
Non riesco a trattenere un singhiozzo, mi sento come se avessi di nuovo otto anni.
Alex appoggia le mani sulle mie spalle, oppongo resistenza finché non sento il suono caldo della sua voce e mi sciolgo.
“Vieni qui” sussurra prendendomi tra le sue braccia.
“.. è tutto okay, va tutto bene. Ci sono io” continua a ripetere in quel modo rassicurante, protettivo.
Piango sul suo petto ritornando bambina, ripercorrendo con la mente tutta la mia infanzia turbolenta, dolorosa, solitaria. Sempre a chiedermi il perché mio padre fosse morto, sempre a chiedermi il perché dovesse capitare proprio a me. Sempre a chiedermi; “che cosa ho fatto di male nella vita per meritarmi una simile cosa?”
L’amore di un padre non è paragonabile a quello di una madre, ma crescere senza è come sentirsi vivi per metà, come se avessi una parte mancante, un vuoto da colmare, una ferita sempre pronta ad aprirsi.
Qualcosa che non riesci nemmeno a spiegare, e allora vorresti trovare un colpevole, qualcuno a cui addossare tutta la colpa, qualcuno da odiare per riversare tutto il rancore e la rabbia covati dentro per anni.
Tutto riemerge, tutto torna a galla.
So che è sbagliato, ma mi sento come se dovessi punire lui per la morte di mia madre.
Forse è la rabbia a parlare per me, eppure quante volte ho pensato di volere un padre, semplice, affettuoso.
Un padre che si prendesse semplicemente cura di me, che mi venisse a prendere a scuola, che mi portasse a lezione di nuoto o di danza, che venisse alle mie recite scolastiche, o che mi aiutasse con i compiti di matematica.
Troppe volte l’ho sognato, ma adesso quei sogni mi sembrano soltanto stupide fantasie di una ragazzina emarginata e sola al mondo.
“Shh” mi accarezza il viso, continua a stringermi nel tepore delle sue braccia sode.
Tiro su con il naso e mi stacco dal suo petto.
“Va tutto bene?” chiede preoccupato.
“Come credi che possa andare dopo che hai scoperto che il tuo defunto padre in realtà è vivo e vegeto?”
“Non credo avresti dovuto trattarlo in quel modo” sussurra.
“Vuoi farmi la morale adesso?” rido amaramente.
“Nessuna morale, credo che tu abbia esagerato.”
“L’ho trattato come meritava di essere trattato” ribatto, poi incrocio le braccia al petto.
“.. avresti almeno potuto ascoltare ciò che aveva da dire” mormora con quel tono irritato, indisponente.
“Non mi interessa affatto” alzo il mento.
“.. andiamo Nina, ti conosco come le mie tasche. Vuoi farmi bere che non t’interessa sapere cosa aveva da dirti tuo padre? So che stai morendo dalla voglia di conoscere tutta la verità..” borbotta sicuro di sé.
“Sai Alex, forse non mi conosci poi così tanto bene. Quel capitolo della mia vita si è chiuso nel momento esatto in cui mia madre ha esalato l’ultimo respiro…” sussurro.
“Non puoi incolpare tuo padre della morte di tua madre.”
“Posso” ribatto.
“.. no, non puoi! È ingiusto da parte tua.”
“E tutte le ingiustizie che ho dovuto subire io nella mia vita? Che colpa ne avevo?” urlo.
“Scaricare la tua rabbia, la tua ira su di lui non ti farà sentire certo meglio. Guardati” mi indica.
“.. sembri un’altra, non sei la stessa Nina che ho conosciuto mesi fa” aggiunge sopraffatto.
“Ti sbagli, sono sempre me stessa” sussurro.
“Dov’è finita quella ragazza dolce di cui mi sono innamorato?”
“È qui, proprio di fronte a te” urlo stizzita.
“.. è tuo padre, dovresti parlargli” ripete.
“Per quanto mi riguarda è soltanto uno sconosciuto che ha fatto irruzione nella mia vita sostenendo di essere mio padre” borbotto.
“Sei arrabbiata, è comprensibile. Ma non appena tutta la rabbia sfumerà via ti renderai conto della grossa cazzata che hai appena commesso” ribatte serio, torvo.
“Non voglio avere niente a che fare con lui, discorso chiuso.”
“Pensaci Nina, almeno tu hai la possibilità di conoscere il tuo. Mio padre per quel che ne so è morto o è un drogato di crack da qualche parte nel mondo. E Jack è stata la cosa più vicina ad un padre che potessi avere, lui mi è stato accanto e io farei carte false per essere suo figlio.”
“Non voglio litigare Alex” sussurro.
“E allora smettila di fare la bambina” urla.
“.. perché mi tratti in questo modo?” arriccio la fronte.
“Perché sono stufo dei tuoi capricci, gesù” impreca portandosi le mani nei capelli.
“Una bambina, eh” ripeto, il respiro mi si ferma a metà della gola e gli occhi sono inondati dalle lacrime.
Non so per quale motivo reagisco in questo modo.
Faccio per andarmene via, lui impreca sotto voce borbottando parole confuse e strane.
“.. va a farti fottere” biascico tra i denti.
“E non seguirmi” urlo continuando a camminare.
Una volta nella nostra camera da letto sbatto così forte la porta che ho paura possa staccarsi dalla parete.
Alex si arrabbierà moltissimo, ma chi se ne importa.
La testa gira troppo e sono costretta a stendermi al centro del letto per calmare i miei nervi.
Sembra di stare su una barca ed io ho il mal di mare.
Guardo il soffitto adombrato, tutte le immagine sfocate della mia infanzia sfilzano davanti ai miei occhi come un film in bianco e nero proiettato su un telo a muro.
Mia madre, i nostri problemi, i suoi sacrifici, le mie mancanze, i soldi che finivano troppo in fretta.
E ancora, il cibo raccolto in giro, dai vicini, da chiunque avesse un buon cuore. I vestiti comprati al mercato delle pulci, presi in prestito, regalati. Giocattoli usati, libri scolastici che non potevo permettermi, la scuola di danza che costava troppo. Tutte le cose brutte, tutti gli avvenimenti spiacevoli ripiombano nel mio cervello ripescati dal dimenticatoio, una scatola che avevo riposto nei meandri dei miei ricordi.
Ho la pelle d’oca, non posso crederci.
Mio padre, il padre che ho sempre voluto conoscere.
L’uomo che da bambina sognavo ha il volto di quell’uomo, non posso credere che mia madre abbia avuto una storia d’amore con lui. Non posso credere di avere il suo stesso sangue, di essere carne della sua carne.
John Kellerman, mio padre.
Nemmeno mi piace il suo nome, e odio quel suo modo di fare arrogante e saccente.
Kellerman.
Da dove viene? È spostato? Ha altri figli? E se non fossi sua figlia e tutto questo ci stia sfuggendo di mano?
E se fosse tutta una grossa bufala?
Se fosse un tranello?
Una macchinazione?
Se addirittura lavorasse in gran segreto con i nostri nemici?
Dio, la mia mente mi sta giocando brutti scherzi.
La voglia di sapere cresce ogni istante di più.
Perché mi ha abbandonata? Perché ha abbandonato mia madre? Era davvero innamorato di lei oppure si trattava forse di una storiella di passaggio?
Ho visto mia madre piangere per lui, ho visto mia madre disperarsi, distruggersi, consumarsi a poco a poco.
Perché ci hai fatto questo? Perché proprio a noi?
Avrei talmente tante cose da chiedergli, ma sono troppo ferita ed arrabbiata per ammettere a me stessa che ho voglia di ascoltarlo, dargli la possibilità di spiegarsi.
No, fa troppo male per il momento.
Mi sento come se qualcuno si stesse divertendo ad aprire una ferita chiusa e cicatrizzata tempo fa.
E mio marito non mi aiuta per niente, perché non si rende conto della merda a cui ho dovuto assistere.
Gli occhi mi si fanno pesanti, in poco tempo collasso addormentata in pieno pomeriggio.
A svegliarmi è il tocco di una mano che preme sul mio bacino, sfregando contro il cotone della blusa che indosso.
Riconosco il suo profumo, lo riconoscerei ovunque.
Accarezza i miei capelli e solletica quel punto dolente che parte dall’orecchio fino al collo, la mia pelle si ricopre di brividi di freddo.
“Hai dormito parecchio” sussurra dietro di me.
“Che ore sono?” farfuglio sfregandomi gli occhi.
“Non importa.”
“.. si che importa, devo preparare la cena” biascico tirandomi su, ma lui mi trattiene verso il basso.
“Rilassati, siamo soli” dice, perdo un battito.
“Che vuol dire?”
“.. vuol dire esattamente quello che ho detto. Non sei felice?” chiede.
“Si” sussurro confusa, la testa tra mille nuvole.
“Cosa?” borbotta stringendomi.
“.. a patto che tu non voglia parlare di nuovo di tu sai chi. Non voglio litigare con te Alex, non lo voglio. E non voglio nemmeno che quell’uomo sia la causa principale delle nostre discussioni.”
“Quell’uomo è tuo padre Nina” sospira.
“.. Alex io non sono pronta, non me la sento. Sono cresciuta pensando che mio padre fosse morto, adesso improvvisamente, dopo ventitré anni, si presenta a casa mia e mi dice di essere vivo aspettandosi forse un abbraccio padre e figlia. Non voglio vederlo, almeno per adesso non voglio. Ti chiedo di rispettare la mia decisione, i miei tempi..” borbotto.
“Non voglio forzarti a fare qualcosa di cui non sei sicura ma voglio che tu sappia che John è una brava persona. Forse la migliore che conosco dopo te e T.C. È stata la cosa più vicina ad una padre per me, è stato il mio consigliere, il mio punto di riferimento. Mi ha fatto da mentore, non si trattava soltanto del mio capo, lui si è preso cura di me come se fossi figlio suo e io non potrò mai dimenticarlo. Vedi, entrambi abbiamo avuto la sfortuna di crescere senza dei genitori. Mio padre è disperso chissà dove mentre il tuo chiede soltanto di conoscerti e farsi conoscere. Non sprecare questa possibilità, te ne pentirai in seguito” mormora piano.
Faccio un piccolo sorrisetto, lui sospira pesantemente.
“Cosa c’è?”
“Niente, pensavo a quanto fosse buffa e spietata la vita. Sono cresciuta senza un padre credendo fosse morto quando in realtà faceva il padre con te, mio marito, l’amore della mia vita. Non è contorta come cosa?”
“.. è fottutamente ingiusto, ma nessuno dei due ha colpa.”
“Mi chiedo in continuazione come sarebbero andate le cose se mia madre gli avesse detto di aspettare un bambino” sussurro.
“Non possiamo saperlo, erano troppo giovani allora.”
“Cosa sarebbe accaduto? La mia vita sarebbe cambiata in qualche modo?”
“Non puoi torturarti in questo modo” sibila.
Mi giro verso di lui e lo guardo profondamente negli occhi.
“Alex giurami che non mi lascerai mai” chiedo con un groppo alla gola.
“.. Nina” fa un sorrisetto, gli blocco il viso con entrambe le mani.
“Giuralo” ripeto con la paura che traspare dagli occhi.
“Te lo giuro, non potrei mai lasciarti” sussurra serio.
“.. mi ami?” chiedo ancora, ho bisogno di sentirglielo dire.
“Con ogni goccia del mio sangue.”
“.. e tu mi ami?” ansima.
“Più della mia vita stessa” replico.
“Qualsiasi cosa accadrà promettimi che farai di tutto per tornare da me.”
“Nina non accadrà nulla, sta tranquilla” mi culla, il suo viso nei miei capelli sciolti.
“Ho paura” rivelo.
“Di cosa?” mi accarezza piano.
“È tutto talmente perfetto che ho paura possa essere soltanto un sogno.”
“Non permetterò nemmeno a Dio di separarci, puoi starne certa” mi rassicura.





The herd. (IL BRANCO) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora