Capitolo 15 Damon

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Spesso ci sentiamo persi solo perché non siamo

in grado di ritrovare noi stessi.

Sento la porta aprirsi, apro gli occhi e vedo Allyson sgattaiolare fuori in punta di piedi. Passo la mano sulla fronte mentre il sole incomincia a filtrare dalla finestra. Mi sono addormentato aggrappato alla sua maglia del pigiama fino a non avere più lacrime da versare. Mi siedo poggiando la schiena alla testiera del letto.

«Dannazione», abbaio contro me stesso, sbattendo il pugno contro il materasso. Non dovevo venire da lei in quelle condizioni e non avrei dovuto bere, ma la testa aveva perso la ragione. Le parole di Sebastian mi rimbombano ancora nelle orecchie, si ripetono come un fottuto loop che si annida nella testa, incatenandomi a qualcosa che non sono in grado di gestire. I suoi occhi mi guardavano con aria di sfida, la bocca si piegava in un ghigno malevole mentre vomitava tutta la merda che mi ha buttato addosso. Scuoto il capo sconvolto. La porta cigola e sulla soglia compare Al con in mano un vassoio.

«Ti ho portato la colazione», mormora chinando lo sguardo sul cibo.

«Non ho fame... non devi preoccuparti per me... anzi, ora vado, tolgo il disturbo».

Posa il tutto sulla sua scrivania di fianco alla finestra.

«Scappi, Sanders?», mi rimprovera restando di schiena.

«Sai che da te non potrei mai più scappare...», confesso mentre mi alzo e lei si volta.

«Allora non lo fare. Ho detto a mio padre che non sarei andata a lezione. Lui è già uscito e.... e pensavo che avresti voluto dirmi cosa ti è successo», chiede in una supplica, i capelli raccolti in una crocchia disordinata dalla quale cade qualche ciocca che le incornicia il viso stanco. Deve aver passato la notte sveglia.

«Come fai?», domando allungando una mano per accarezzarle la guancia, lei la afferra e se la porta alla bocca, baciandomi il palmo. La sento calda contro la pelle; chiudo gli occhi un istante per godermi questa sensazione che mi stordisce per quanto sia piacevole.

«Ad amarti?», chiede a sua volta facendo spallucce. «Ho forse altra scelta?», sorride e sull'angolo della bocca si forma una piccola fossetta.

«Ti amo, piccola... lo sai, vero?».

Annuisce e mi cinge le braccia in vita posando la sua testa contro il mio petto. Inspiro il profumo della sua pelle e la stringo a me, incatenandola al mio cuore. Lei è la mia unica certezza in questa vita, la ragione che riesce a non farmi perdere il controllo.

«Ora vuoi dirmi cosa è successo e chi ti ha ridotto così?», la scosto per darle un bacio sulla fronte e indugio qualche istante per prendere tempo ed elaborare un'altra ondata di dolore che sta per travolgerci.

«Ciò che sto per dirti non dovrà mai venire fuori. Promettimelo», la imploro.

«C-certo...», balbetta.

Conosco lo sguardo che è impresso sul suo volto. Troppe volte le mie parole l'hanno resa prigioniera, intrappolandola in tutto lo schifo che mi circondava, ma questa volta sarà diverso, la terrò lontana da tutto, a costo della mia stessa vita.

«Ero andato a New York da Arleen...», le spiego mordendomi il labbro dove sento la ferita riaprirsi e il sapore metallico del sangue scivolare in gola. «Mia madre ha accettato di lavorare per mia zia. Non ci ho visto più e mi sono precipitato lì. Non voglio che abbia a che fare con Sebastian, è pericoloso e l'ho capito troppo tardi...», ammetto, la sua mano prende la mia per metterci seduti ai piedi del letto. Tengo la testa tra le mani, chiudo gli occhi e rivedo il suo piede bloccare le porte dell'ascensore. «Lui era lì, mi ha provocato ma non ho reagito, fino a quando mi ha raggiunto entrando in ascensore con me...». Ascolto il suo respiro accelerare. «Ha iniziato a parlare di Cindy, a dirmi che l'aveva puntata da tempo per farsela amica... sperava che mi sarei smarrito sempre di più senza avere più una vita da dover vivere. Ho visto il buio avvolgermi, l'ho sbattuto contro gli specchi dell'ascensore. Rideva, Al... rideva della morte di Cindy! Urlava che era morta per colpa mia e che meritavo la sua stessa fine...».

Un Amore Proibito 2 - Vite LontaneWhere stories live. Discover now