Un Amore Proibito 2 - Vite Lontane

Capitolo 24 Damon

Perdiamo qualcuno senza averlo mai avuto davvero.

Arnold mi presta la sua auto per poter andare a Medford. Con i pensieri che affollano la mente, mi immetto nel traffico serale, il tramonto di un giorno qualunque colora il cielo di molteplici sfumature di rosa e arancione che accarezzano le nuvole. La sua voce che dice di non odiarmi alleggerisce appena il tormento di poterla perdere. I suoi occhi mi guardavano come se il tempo non fosse mai trascorso, come se le ombre del mio passato non ci avessero mai perseguitato. Mi aggrappo a questo, alla speranza in cui lei mi ha insegnato a credere. Pigio forte sull'acceleratore, lasciando i grandi palazzi di Boston alle mie spalle mentre attraverso il ponte sul Mystic River e mi dirigo verso la provinciale quasi deserta.

Non so cosa abbia in mente Alec, io e lui abbiamo aperto e chiuso troppe partite. Ci siamo sfidati, scontrati per un numero di volte che non riesco nemmeno a quantificare. Sembra non esistere più il ricordo di un passato nel quale eravamo persone diverse, adolescenti che facevano stronzate da ragazzi. Poi, tutto si è capovolto e siamo stati risucchiati in una realtà nella quale dovevi crescere in fretta se volevi sopravvivere. Non capendo, però, che non stavamo sopravvivendo a ciò che ci circondava ma, in verità, stavamo lottando contro noi stessi senza saperlo.

Dopo quaranta minuti, varco l'enorme cartello con la scritta bianca di Medford, in netto contrasto con il verde dello sfondo. Non avrei mai creduto che tornare qui mi avrebbe causato altri problemi, che avrei quasi perso la vita per non accettare quello che la vita mi stava offrendo... lei. Era tutto nuovo ai miei occhi e non riuscivo a credere che proprio un angelo non vedesse il demone che aveva di fronte.

Volevo salvarla da me stesso, ma spesso era stato il mio cuore a scegliere per me, sbagliando, perché non ero in grado di darle ciò che meritava, avevo solo incasinato tutto. Ora, però, basta cazzate. Sono deciso a cambiare ogni singola virgola della mia esistenza... per noi. Perché so che non potrà esistere una vita nella quale io mi volti e non incontri il suo sorriso. Sarebbe come trovarmi smarrito in un purgatorio che non ha ancora deciso cosa farne della mia anima dannata.

Imbocco Main Street, sono stato qui da poco per l'incontro, eppure i miei occhi continuano a osservare questo luogo come un'arma che aspetta di premere il grilletto. La tensione si insinua sottopelle, si mescola al sangue, salendo fino alla testa dove mette in discussione tutto. Posteggio di fronte all'ingresso. L'insegna del locale staglia le proprie luci sul marciapiede, alcuni clienti abituali si apprestano a entrare. Scendo, caccio le mani in tasca e mi avvicino; sono quasi le nove di sera ma non ho intravisto la moto di Alec nel parcheggio. Il buttafuori mi squadra da capo a piedi con le braccia incrociate al petto, dev'essere uno nuovo.

«Sanders. Damon Sanders».

I suoi occhi si sgranano di sorpresa capendo esattamente chi si trova davanti. Abbozzo un sorriso compiaciuto anche se non dovrei. Spalanca la grande porta di ferro rossa per lasciarmi il passo. Il tempo, qui, in questo buco di posto dove spesso mi sono rinchiuso, non è cambiato. Ragazze mezze svestite sculettano sui loro trampoli avanti e indietro per il locale. Le luci di un rosso soffuso rendono l'ambiente ancora più squallido e pensare che ho passato più notti qui dentro che altrove. Scocco un'occhiata tra i tavoli disposti per la sala, alcuni sono vicino alle pedane rialzate, dove altre ragazze si esibiscono nei loro numeri di lapdance. Vedo Alec che sorseggia qualcosa ammiccando alla biondina di fronte ai suoi occhi. Lo raggiungo.

«Ti diverte ancora questo schifo?», chiedo in tono di sfida, spostando la sedia e accomodandomi al suo fianco.

«A te non più, vero?», ride con riluttanza scolandosi l'ultimo goccio dal suo bicchiere. Sollevo la mano alla barista al bancone, dicendole di portarci un altro giro.