Capitolo 29 Allyson

58.5K 2.2K 424
                                    

Come pezzi di un puzzle, ci incastriamo all'inevitabile.

Cammino lentamente fino a raggiungere il portico di casa mia, l'auto riparte dopo che Damon ha affondato il suo sguardo nel mio; con un groppo in gola trattengo il fiato e mi dirigo sul retro. Attraverso il giardino fino al garage, entro e mi siedo al volante della mia macchina. Fisso le mani che tremano e le sbatto ripetutamente sul volante prima di afferrare la testa. "Ti aspetto al Mark Twain Museum di Hartford, così mi parli un po' di April Neelson". Il cuore mi rimbomba nelle orecchie mentre quel messaggio si ripete nella testa. Faccio retromarcia cercando di occupare la mente con qualsiasi cosa per le successive due ore di macchina che mi attendono. Non posso ancora crederci che sappia di lei, ripeto incredula a me stessa.

Il senso di colpa per aver mentito a Damon si fa spazio come una nebbia che cala all'improvviso, facendomi ritrovare smarrita, persa in una strada che non riesco a ritrovare. Non potevo dirgli la verità, non in quel momento. Ci siamo promessi di essere sinceri l'uno con l'altro, ma ci sono verità che forse non vorresti conoscere, perché il tempo ti ha remato contro e tu hai perso la tua occasione per poter dire la cosa giusta nel momento giusto. Ho perso quell'occasione mesi fa e ora, mentre pigio forte sull'acceleratore su questa autostrada, inizio a sentire il peso di ogni parola non detta, che è rimasta sepolta in una parte di me. Inizio a chiedermi cosa voglia da me, a come potermi togliere da tutta questa situazione, ma so che non posso, ci sono dentro fino al collo, ormai.

Oltrepasso il cartello della città e seguendo le indicazioni che avevo impostato su Google Maps, inizio a svoltare in diverse vie di questa cittadina nella quale non ero mai stata; mi domando: perché proprio qui? Forse perché non ci conosce nessuno e nessuno può vederci, penso immettendomi sulla Farmington Ave che mi conduce nel luogo dell'appuntamento.

Posteggio vicino al museo, di fronte a una serie di alberi che si stagliano lungo il marciapiede. Scendo dalla macchina e controllo l'ora, sono le sei del pomeriggio; mi mordo il labbro nervosa all'idea di essere così lontana da lui e con l'ultima persona al mondo con la quale vorrei trovarmi faccia a faccia.

«Sapevo che saresti venuta».

Mi volto verso Sebastian che si stringe nel suo cappotto costoso, qualche ciuffo biondo gli ricade sulla fronte; i suoi occhi mi trapassano come una lama che mi mozza il fiato per la paura.

«Cosa vuoi?», chiedo cercando di mascherare la tensione, anche se la voce che trema mi tradisce all'istante. Non voglio apparire fragile ai suoi occhi.

«Lo sai benissimo cosa voglio, Allyson», scandisce alzando il mento verso di me. «Andiamo a sederci», indica un locale alle nostre spalle e mi irrigidisco. Anche se un posto affollato non sarebbe male come idea, non voglio stare con lui un minuto di più.

«Dimmi ciò che devi e finiamola qui», ribatto sostenendo il suo sguardo. La sua risata mi schernisce paralizzandomi all'istante, mentre vedo la follia prender vita sul suo volto.

«Troppo facile, Al... è così che ti chiama, non è vero?», sibila sporgendosi verso di me e lo sento inspirare profondamente.

«Sebastian», lo supplico.

«Dopo di te», dice inarcando un sopracciglio, la sua mano che mi invita a dirigermi verso il locale. Deglutisco a fatica, trascinandomi al suo interno. Non riesco a percepire niente, non osservo le persone sedute, cosa facciano o dicano, ma mi appresto solo a sedermi nel primo tavolo libero in attesa che tutto questo abbia fine. Sebastian si toglie il cappotto e si siede, inclinando il capo per osservarmi meglio.

«Allyson Evans», ride, «Non puoi immaginare quanto ho aspettato questo momento», confessa con la libidine nel suo sguardo che mi scruta con attenzione.

Un Amore Proibito 2 - Vite LontaneWhere stories live. Discover now