Capitolo 10

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10.
Il giorno dopo ero raffreddata, molto raffreddata!
Che cosa avevo fatto?
Non sapevo se essere fiera di aver fatto qualcosa con un po' di brivido per la prima volta, oppure essere delusa dal mio comportamento.
Mi aveva dato alla testa.
Lui e quei suoi stupidissimi occhi.
Lui e quei suoi meravigliosi capelli.
Lui e quelle sue labbra, che sulle mie erano il paradiso.
Dannazione, l'avrei rifatto anche quella sera!
Decisi che la scelta della sera precedente era la cosa migliore che avrei potuto fare.
Quella casa era bellissima.
Eravamo in collina quindi si vedeva un pezzo di città e la vista era mozzafiato.
Ero contenta quella mattina quando andai a scuola.
Quel giorno non vidi Occhi Verdi, il che mi sorprese dato che almeno di vista lo vedevo sempre.
Probabilmente mancava.
Finite le 6 strazianti ore ritornai a casa e dopo aver mangiato con la mia famiglia, mi ritrovai alle 15:30 tutta sola a casa.
Mio padre era medico quindi lavorava moltissimo, quindi quel giorno non c'era, come quasi tutti i pomeriggi.
Mia madre era anche lei a lavoro. Aveva una riunione o qualcosa del genere.
Infine mio fratello era da Laura perché sarebbe partito il giorno seguente.
Di studiare non avevo proprio voglia, i compiti li avevo già finiti in classe, durante un'ora di supplenza.
Decisi così di passare un pomeriggio davanti a Netflix, insieme alla mia coperta è una camomilla.
Ero alla seconda puntata della mia serie preferita quando sentii il campanello suonare.
Chi poteva essere?
Magari Alice era nella mia stessa situazione e aveva deciso semplicemente di suonare alla porta.
Oppure era Carola.
Corsi ad aprire e mi ritrovai una scena orribile.
Occhi Verdi si teneva a fatica in piedi, aveva il labbro spaccato e si teneva la pancia con la mano.
"O mio Dio! Ma che cavolo hai fatto!"
Urlai io allarmata.
Mi veniva da vomitare.
Piccole lacrime iniziarono a pizzicarmi gli occhi ma le ricacciai indietro.
Stavo lì impalata a guardarlo.
Quando mi sorrise molto dolorante intuì che dovevo fare qualcosa.
Decisi di lasciare un attimo la preoccupazione e lo shock e reagii.
Avvolsi il braccio di lui sulle mie spalle e lo portai in soggiorno.
"È bello vederti Pasticcino!"
Disse lui con voce molto sofferente.
"Sdraiati sul divano io vado a prendere il kit di pronto soccorso."
Dissi io impassibile.
Lo lasciai sul divano, sentii un "non serve" da parte sua ma me ne fregai altamente e mi diressi in bagno.
Dove lo avevano messo?
Io non mi intendevo di queste cose accidenti!
Perché non c'era mio papà, oppure mio fratello!
Dio anche il gatto di mia zia sarebbe stato più indicato per quella situazione.
Cercai di calmarmi e finalmente trovai il kit.
Tornai da lui con il disinfettante, un panno bagnato, una pomata e il ghiaccio.
Pensai che quelle potessero essere le cose fondamentali.
Pensavo a quelle volte che da piccola ero caduta e mia mamma aveva preso queste cose.
Disinfetti la ferita sul labbro e ci misi un cerotto, mi tremava la mano ero agitatissima.
"Forza adesso ti devi togliere la maglietta!"
Dissi io impassibile.
"Solo se lo fai pure tu."
Mi rispose lui.
Ma come faceva a fare lo spiritoso anche nelle situazioni meno opportune questo io non lo sapevo.
"Okay ho capito..."
Dissi io, togliendoli la maglietta con attenzione.
Era tutto rosso, gli sarebbero venuti dei bei lividi.
Lo avevano pestato ipotizzai.
In quel momento mi accorsi ancora di più di quanto poco conoscevo quel ragazzo.
Lui sapeva molto di più, soprattutto perché la mia vita era molto noiosa.
Ma io?
Nulla...
Cercai di non soffermarmi troppo sui suoi addominali scolpiti.
Tamponai prima il tutto con il panno bagnato e poi gli misi la pomata.
"Chi è stato?"
Domandai fredda.
Ero arrabbiatissima.
Avevo una voglia matta di uccidere chi gli aveva fatto ciò.
Lui non rispose.

Andreas pov.

"Chi è stato?"
Mi chiese gelidamente.
Non capii se fosse arrabbiata con me per essermi fatto picchiare oppure con chi mi aveva ridotto così.
Forse l'insieme delle due.
Non risposi.
Volevo raccontarle tutto, avrei tanto voluto.
Ma questo significava legarmi a lei ancora di più di quanto non avevo già fatto.
Non potevo.
Cavolo non sapeva niente di me.
Vidi che ci rimase un po' male per il mio silenzio.
"Dai forza adesso alzati, ti porto su in camera mia. Non puoi tornare in queste condizioni dai tuoi zii. Rimarrai qui per questa notte. Però adesso sbrighiamoci prima che arrivi mia madre."
Disse lei fingendo un sorriso.
La vedevo ancora confusa e triste.
Ma apprezzavo la sua poca invadenza.
Annuii e basta.
Era la cosa migliore, zia Michelle si sarebbe preoccupata moltissimo e l'avrebbe detto a quello stronzo di mio padre.
Non avrebbero dovuto sapere cosa avevo fatto.
Salii piano piano le scale insieme a Giulia ed entrammo in camera sua.
Come le avevo detto il giorno prima aveva una camera molto carina: oltre alla scrivania, un grande armadio e un letto ad una piazza e mezzo, il muro non era solo pieno di foto con le sue amiche ma anche di un cantante di cui non mi ricordavo neanche il nome.
Patetico, la faccia era proprio patetica.
Mi mise sul suo letto e uscì per un attimo.
"Ecco questi sono dei vestiti puliti di mio fratello. Cambiati io vado di sotto a pulire il soggiorno. Se hai bisogno chiamami pure al cellulare."
Disse lei sempre gentilmente ma ancora un po' ferita.
"Giulia..."
Dissi io titubante mentre lei stava già andando alla porta.
"Si?"
Chiese lei.
"Grazie..."
Le dissi guardandola negli occhi.
Lei sostenne lo sguardo per una manciata di secondi.
"Di nulla."
Mi rispose poi sorridendomi.

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