Capitolo 43

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43.

Giulia pov.

I giorni successivi facemmo finta di nulla .
Continuavamo a stare insieme e a vivere la vita normalmente.
Io non avevo fatto più domande a lui e lui non aveva più tirato fuori l'argomento.
Non nego che spesso la sera ci pensavo, ma ero troppo codarda e impaurita per dire o fare qualcosa.
Non avevo più incontrato Colton in giro, ma dentro di me ero combattuta.
Avevo paura, ma ero allo stesso tempo molto curiosa.
"Giulia mi stai ascoltando?"
Chiese Matt dal banco affianco al mio.
Alzai lo sguardo e incontrai il suo leggermente scocciato.
"Ehm scusa mi ero incantata..."
Sussurrai io imbarazzata.
"Giulia io ti voglio bene, ma ti devi concentrare ho bisogno del tuo aiuto per questo progetto!"
Disse affranto.
Aveva ragione, ero così impegnata nell'essere indecisa che stavo trascurando il progetto di storia.
La consegna del progetto doveva avvenire il giorno successivo, quindi bisognava sbrigarsi.
"Hai ragione scusami veramente tanto."
Detto questo iniziammo a lavorare duramente e per fortuna questo riuscì a farmi dimenticare i miei problemi per un po'.

"Ragazzi ma vi rendete conto che mancano tre mesi e poi è finita la scuola?!"
Esclamò Elena.
"Mamma mia! Hai ragione. Noi abbiamo gli esami quindi quattro mesi, però poi tutto sarà finito."
Rispose sognante Lucas.
Concentrai il mio sguardo sulla mia bevanda.
Anche questo argomento mi turbava molto, era possibile che non avessimo mai parlato di cosa volesse fare Andreas successivamente?
Sapevo che gli sarebbe piaciuto fare qualcosa di scientifico, ma non avevo idea di dove volesse andare.
Questa storia che non si apriva mai mi stava stufando.
"Non tirartela troppo pero è!"
Esclamò Alice irritata dall'altra parte del tavolo.
Ci trovavamo al bowling, ma avevamo appena fatto una pausa e ci eravamo seduti a mangiare qualcosa.
"Chi è pronto per un'altra sconfitta?"
Urlò Matt alzandosi.
Tutti si alzarono esultando e lo seguirono.
Io stavo per fare lo stesso, quando vidi Andreas seduto sulla sedia e con lo sguardo perso nel vuoto.
"Occhi Verdi non vieni?"
Chiesi io avvicinandomi.
Lui non mi rispose e continuava a non guardarmi.
Mi abbassai alla sua altezza e lo richiamai nuovamente.
"Pasticcino tu dici di amarmi, giusto?"
Rispose dopo un po' con un'altra domanda.
"Si."
Dissi semplicemente un po' confusa e impaurita.
"È vero?"
Chiese nuovamente.
Continuava a guardare un punto fisso senza alzare la testa.
"Ma certo... Andreas, mi stai preoccupando.... che succede..."
Affermai io avvicinandomi alla sua guancia.
Non appena la mia mano toccò la sua pelle, spostò lo sguardo nel mio come scottato da quel contatto.
Per la prima volta da quando lo conoscevo, non riuscivo a decifrare i suoi occhi.
Non riuscivo a mettere a fuoco i suoi sentimenti.
Probabilmente erano tutti in contrasto tra di loro.
Rabbia, frustrazione, tristezza, malinconia, pentimento.
Mi sembrava di vederli tutti e di non vederne nessuno.

Andreas pov.

Ero così arrabbiato che avrei potuto rovesciare tutti i tavoli del ristorante e scaraventare tutti le palle da bowling addosso a una persona.
Ma non una persona qualsiasi.
Allo stesso tempo però ero così triste e distrutto che non sapevo nemmeno se sarei riuscito ad alzarmi.
Come se non bastasse gli occhi di Giulia mi stavano scrutando preoccupato.
Mi avrebbe odiato.
Mi avrebbe lasciato.
Ma avrebbe fatto anche bene.
Non meritavo l'affetto di nessuno.
"Io..."
Non sapevo da dove iniziare.
Odiavo essere obbligato.
Sin da quando ero piccolo odiavo i ricatti.
Spesso facevo i capricci anche se non mi dispiaceva fare le cose che mi venivano richieste. Ma li facevo semplicemente per il fatto che mi venivano imposte.
In quel momento però odiavo ancora di più Colton che mi aveva ricattato.
Non riuscivo a capire perché si divertisse a mandare a rotoli la mia vita.
Quando mi aveva messo alle strette e mi aveva detto che se non avessi detto a Giulia la verità lo avrebbe fatto lui, ero stato stupido e non gli avevo creduto.
Il fatto che la avesse seguita voleva dire molto.
Ero abbastanza intelligente da capire che le avrebbe fatto più male saperlo da qualcun altro.
Ma non riuscivo proprio a trovare le parole.
Avevo paura.
Paura di perderla.
Ma ancora più paura di farla soffrire.
Spostai nuovamente lo sguardo perché non volevo vedere i suoi occhi tristi.
"Ti ho mentito..."
Cominciai.
Lei rimase fermai lì a guardarmi senza spostarsi di un millimetro e senza dire nulla.
Presi un respiro profondo e iniziai a raccontare.
Dopotutto, cos'altro potevo fare?
"Hai presente quando ti ho detto che mio fratello ero venuto qui in gita e io lo avevo raggiunto appena saputo la notizia?"
Chiesi titubante.
Lei non rispose perché era una domanda abbastanza retorica.
"Ecco non è andata esattamente così... cioè che mio fratello era in gita era vero... ma io ero già qui in città..."
Le mani mi sudavano e mi veniva da vomitare.
"In realtà sono qui in città dall'inizio dell'estate...
In pratica la decisione di fare l'ultimo anno via l'avevo presa da un pezzo ormai, perché non vedevo l'ora di andarmene di casa.
Ma il motivo principale era un altro.
Come ti avevo già detto ho attraversato un periodo della mia vita che voglio dimenticare.
Sono a mala pena riuscito a passare il quarto anno...
L'ho passato solo per il nome dei miei genitori... e di questo me ne vergogno.
Frequentavo brutta gente, cambiavo ragazza come i calzini, bevevo e fumavo.
Tutto per richiamare l'attenzione dei miei...
Ma loro facevano tutto il contrario di quello di cui avevo bisogno.
Al posto di essere più presenti oppure di aiutarmi a cambiare, facevano finta di nulla!"
Risi amaramente.
Intanto Giulia si era seduta, troppo lontano da me.
Ma non potevo biasimarla, dopotutto le avevo appena detto di averle mentito. Chissà cosa stava pensando in quel momento.
"Cercavano di non infangare il loro nome, quindi mi giustificavano, mi coprivano a scuola quando mi comportavo male.
Insomma sì, ero il classico ricco, figlio di papà.
Purtroppo le cose stavano sempre peggiorando.
Frequentavo questo giro...
Non ho mai fatto nulla.
Lo so che non mi giustifica, ma non ho mai venduto nulla, oppure minacciato qualcuno, o qualsiasi altra cosa tu stia pensando in questo momento.
Di soldi ne ho eccome quindi non avevo bisogno di lavori illegali.
Però la gente che frequentavo lo faceva."
Mi fermai per un attimo e poi ripresi a parlare.
"In... in questo gruppo c'era una ragazza che continuava a girarmi attorno e a non lasciarmi mai in pace.
Era carina, quindi una sera ci sono andato a letto insieme...
Giulia sappi che mi sento così una merda a raccontarti queste cose che non hai idea.
Questa ragazza non mi interessava, almeno non nel senso in cui voleva lei.
In mia discolpa posso dire di averle fatto capire sin dall'inizio che non volevo niente di serio con lei."
Da masochista che ero alzai lo sguardo verso di lei.
Ma al contrario di quello che pensavo, non mi stava osservando con sguardo accusatorio.
Sembrava piuttosto triste e leggermente preoccupata.
Decisi di voltarmi di nuovo.
Non credo che sarei riuscito a continuare altrimenti.
"Credo che lei volesse più di una semplice notte.
Questo per me non era possibile, almeno non in quel periodo.
Quindi da puro stronzo che ero, dopo varie volte che avevo cercato di farle capire le mie vere intenzioni, l'ho trattata male.
Era la prima volta che ferivo così tanto una persona, ed era una bruttissima sensazione.
Mi sentivo uno schifo ma anche per lei sarebbe stato meglio così.
Adesso arrivo al punto.
In pratica non sapevo che questa ragazza fosse la nipote di uno dei più potenti uomini di questo traffico.
Evidentemente si sono arrabbiati con me e mi sono venuti a cercare.
Pensavo che se me ne fossi semplicemente andato via da quel gruppo mi avrebbe lasciato in pace.
Ma evidentemente mi sono sbagliato.
Non so cosa sia successo, ma sono venuti a cercarmi e siccome anche mio fratello si trovava qui lo hanno confuso e lo hanno picchiato al posto mio...
Dovevo esserci io al suo posto e non ho potuto fare nulla."
Strinsi i pugni così forte che mi fecero leggermente male, ma non me ne preoccupai troppo.
"Quando ti dicevo che dovevo cercare chi fosse stato, in realtà più o meno lo sapevo già e sono andato a cercare i tizi che lo zio della ragazza aveva mandato a cercarmi.
Purtroppo non è stata una genialità perché hanno picchiato anche me, come ti puoi ricordare, quella volta che mi hai aiutato perché ero tutto ridotto male.
Da allora non li ho più sentiti ne visti... ma non c'è un attimo, un secondo nel quale io non pensi che quello che è successo a mio fratello sia in parte o totalmente colpa mia..."
Dopo aver concluso il mio discorso sentivo come se mi fossi liberato di un macigno.
Alzai lo sguardo e il senso di colpa che mi aveva seguito durante il discorso si trasformò in paura.
Paura di perdere la persona che avevo davanti.
"Travis lo sa?"
Chiese lei pensierosa dopo un attimo di silenzio.
Abbassai nuovamente lo sguardo.
"No... non lo sa neanche Lucas... solo quel Colton di merda..."
Risposi titubante.
"Te l'ha detto lui di dirmelo?"
Chiese lei speranzosa in una risposta negativa.
Purtroppo però era così.
Odiavo che fosse così intelligente.
Non dissi nulla.
Ma lei intuì la risposta.
"Mi puoi accompagnare a casa?"
Chiese lei sorprendendomi.
Non mi aspettavo mi rivolgesse subito la parola.
"Certo."
Annuii io alzandomi.
Non le presi la mano, il che fu molto strano, e raggiungemmo la macchina in meno di due minuti.
Arrivati al suo portone di casa presi parola.
"Giulia lo so che mi odi, e hai mille motivi per farlo, però parlami, dimmi qualcosa. Offendimi, dimmi che ho sbagliato, dimmi che sono un codardo, dimmi quello che ti frulla nel cervello."
La supplicai io.
Lei girò lo sguardo verso di me con faccia indignata.
"Io non ti odio..."
Disse lei come disgustata all'idea.
Lasciai un sospiro di sollievo.
"Andreas io non potrei mai odiarti, mi fa solo stare male il fatto che tu non mi abbia mai detto nulla. Capisco all'inizio, ma perché ora? Me lo avresti mai detto se no? Se non ti avesse obbligato Colton?"
Chiese lei alzando leggermente il tono della voce.
"Io, io non lo so... penso di sì..."
Risposi.
Era vero, avevo pensato molte volte di raccontarle tutto, ma non avevo mai avuto coraggio.
"Okay..."
Affermò lei aprendo lo sportello della macchina.
Come avevo immaginato, mi stava lasciando lì solo e io non potevo fare nulla per fermarla.
"Hai detto di amarmi..."
Dissi io dal finestrino quando salì sul marciapiede.
"È così infatti..."
Rispose lei senza voltarsi verso di me ed entrando in casa.

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