chapter eighteen

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«Insomma, Jack, resti per pranzo sì o no?»
Jack Dylan Grazer tornò a posare il suo sguardo su Noah, una volta terminata la sua rapida apnea.

«Certo, okay» farfugliò, facendo spallucce. La verità era che non stava prestando attenzione, perché non gli importava.

Tutto ciò a cui riusciva a pensare era Finn. Se avesse fatto bene a lasciarlo andare via, se non avesse esagerato un po' troppo con i toni, e soprattutto se fosse consueto che gli mancasse già così tanto.

Forse il coglione sono io pensò, mentre la figura indistinta di Noah continuava a parlargli in sottofondo ai suoi dubbi.

«Uhm? Cosa, amico?»

«Stavo dicendo» riprese egli, evidentemente seccato «che sarebbe figo sapere dove cazzo hai la testa.»

Jack socchiuse appena le palpebre. «Amico» replicò, tentando di non apparire più nervoso di quanto fosse. «Posso fidarmi di te?»

«Altrimenti non sarei tuo amico.»
«Bene» riprese dunque, affondando le proprie unghie sul palmo sinistro, celato dietro la schiena già colma di timidi brividi.

«Jack? Sto aspettando.»

«È che sono stato uno stupido» sbottò infine il ragazzo minuto, premendo le unghie contro la carne con ancora più convinzione. «Lui si è solo sfogato con me, mi ha detto i suoi pensieri, ciò che lo tormentava, ciò che pensava di essere. Io avevo giurato di esserci sempre, per lui. Sai no? Quel giorno, in terza media. Lui se ne stava tutto solo in un angolo di quell'aula sporca, così io mi sono avvicinato. Ero ancora un timido bambino, non ci sapevo fare con le parole. Ma lui mi era sembrato un tipo apposto dalla nostra prima chiacchierata, così ho deciso almeno di provarci. E non l'avevo mai realizzato prima d'ora, ma credo sia quella la volta in cui mi sono completamente innamorato di lui. Ad ogni modo, ho fatto una promessa. E l'ho infranta.»

Noah lo guardò stranito, senza trovare alcunché da commentare. In effetti non aveva decisamente capito ciò Jack stesse blaterando, e neppure lo trovò rilevante.

Vide le lacrime rigare scontrosamente il volto dell'amico, e gli parve la cosa più giusta da fare.

Si avvicinò con cautela; infine gli stampò un mesto bacio sulle labbra.

Quest'ultimo non reagì a primo impatto, sebbene avesse tenuto gli occhi spalancati per l'intera durata di quel furtivo, rapido schiocco.

«Noah» mormorò infine, lievemente scosso «che cazzo ti prende?»

«Cosa? Ah, io pensavo che.. Insomma..»

«Sono gay, Noah. Non una puttana!» esclamò Jack, pronto a precipitarsi verso l'uscio della camera.

«Jackie, ti prego, non andare. Io non so proprio perché l'ho fatto, tu stavi piangendo e io volevo solo..»

«Vaffanculo!» scandì dunque il ragazzo minuto, prima di rivolgergli un'ultima occhiata piena di frustrazione. «E non chiamarmi più così.»

Chiuse la porta in un tonfo privo di garbo e si diresse verso il soggiorno; infine attraversò la sala senza degnare della minima spiegazione la signora Schnapp e raggiunse il pianerottolo della casa, la vista dolcemente offuscata dalle lacrime.

Dove sei? pensò allarmato, percorrendo lo stretto viale senza un momento di sosta. Finn, dove cazzo sei finito? Ho bisogno di te, pezzo di merda, bastardo! Ho bisogno di te.

Riuscì ad addentrarsi nella strada di Garden Square, e fu lì che la vide.

Un'auto color porpora, parcheggiata dinnanzi ad un magazzino di alimentari.

Nick Wolfhard aprì lo sportello di essa e rivolse a Jack un misero segno con la mano sinistra. Il ragazzo guardò la propria: era arrossata, e riportava ormai delle superficiali cicatrici.

«Merda» bofonchiò, e probabilmente non si accorse neppure della nuova presenza di Nick dinnanzi a sé.

«Ciao, Jack. È un piacere rivederti!»
«Ehi! Anche per me. Non sapevo dovessi tornare dall'uni-»
«Senti, hai visto Finn qui in giro, per caso?»

Porca puttana. Porca puttana. Porca puttana. Calmo Jack, calmo. Devi solo rispondere alla domanda con sincerità. Da quant'è che non lo vedi? Una mezz'oretta, forse. Okay, ottimo.

«Non so, oggi non l'ho proprio visto.»

Il maggiore dei fratelli Wolfhard tirò su con il naso. «Ah. Io l'ho visto qualche secondo fa, dopo una litigata. Sono tornato sui miei passi per una riconciliazione, ma sembra sparito dalla circolazione. Ho chiamato a casa, e mia madre non ha notizie.»

Cazzo. Cazzo. Cazzo.

«Posso provare a chiamare Sophia e gli altri. Terrò gli occhi aperti!»
«Grazie mille, Jack. Avrei voluto averlo io un migliore amico come te, al liceo» rispose Nick, prima di riaccomodarsi dentro il veicolo con un «beh, fammi sapere!» che – e Jack lo sapeva – stava per «sei completamente inutile, merda, ho perso mio fratello!»

Il ragazzo minuto non si trattenne dal pensare al suo primo bacio con il riccioluto. A quanto fosse impacciato prima di conoscerlo, e a quando tutti ancora pensassero che fossero solamente una misera coppia d'amici con manie di succhiotti e bacetti vari.

Insignificanti. Per noia. Senza amore.

Infine emise un lieve, soddisfacente sorriso. «A quanto pare, tu hai più bisogno di me, ora» sussurrò, sollevando lo sguardo verso il sole alto.

Per favore, se esisti, dammi un segno. Dimmi dov'è, se sta bene. Se posso scoprire dove si trova.

Infine, rise. Una fragorosa risata, di quelle memorabili, buffe, goffe, sbagliate.
Di quelle che prima o poi riescono a metterti lo stomaco in subbuglio, anche se contemporaneamente riesci a sentirti bene, vivo.

Dio, ma certo! Sto arrivando Finn, è una promessa.

E questa volta, intendo mantenerla.


Ciao persone! Dopo un capitolo su Finn non potevo non farne uno su Jackie, lmao.
Anyway ho scoperto che Jack è in Canada, quindi si spera per una FACK REUNION BABIEEEES!

Comunque pt 394, d'ora in poi proverò a  postare un capitolo a giorni alterni (uno sì, l'altro no), spero di riuscirci.

Buonanotte, vi amo e grazie per le 3k visualizzazioni, aw.
(E per i commenti stupendi che mi fanno sempre taaaanto piacere.)

See you soon (quanto cazzo sono british?)

not a love ➳ fackDove le storie prendono vita. Scoprilo ora