#09

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·Eren·

«Siamo quasi arrivati, è proprio lì!» allungo un braccio in direzione del Liberio Cafè, la caffetteria che da anni è il punto di ritrovo della mia comitiva di amici.

Levi decelera, per poi fermare la moto su uno dei posti riservati ai ciclomotori, poggiando un piede a terra.

«Potevi dirlo subito che volevi portarmi qui, invece di atteggiarti a navigatore satellitare lì dietro: conosco bene questo posto.» è il suo commento lapidario, mentre smonto per primo dalla sella sfidandomi il casco.

«Ehi!» gonfio le guance, indispettito, ancor prima di rendermene conto, ma Levi si incammina verso l'ingresso del locale come niente fosse.

Mi piace il modo in cui i nostri caratteri sono così diversi, eppure allo stesso tempo così simili. Sembra quasi siano due parti complementari, dai bordi frastagliati e taglienti, ma che uniti combaciano alla perfezione dando forma a qualcosa di singolare.

All'interno si respira la solita aria tranquilla, fresca, mentre della musica soffusa invade l'ambiente senza disturbare la clientela, semplicemente accompagnando la loro permanenza mentre chiacchierano, lavorano al pc o leggono un libro gustando qualche bevanda. L'arredamento é shabby chic, ma ha uno stile neutro e non troppo "femminile", così da risultare gradevole a qualsiasi ospite.

Levi si accomoda ad uno dei tavoli liberi, ma io proseguo verso la cassa, intenzionato a salutare il proprietario che mi rivolge un caldo sorriso.

«Bentornato, Eren.»

«Ciao Zeke! Come va?»

L'uomo biondo, dalla barba ben curata e gli occhi cerulei, aggiusta con un movimento calcolato gli occhiali che indossa, dalla montatura tonda e sottile.

«Tutto bene, ti ringrazio. Tu invece? È da un po' che non passate da queste parti.»

Zeke ha visto crescere me ed i miei amici, e lo considero quasi uno di famiglia. Per via del suo atteggiamento sempre così pacato e composto, e per l'aspetto vagamente simile, spesso in passato ho pensato a quanto somigli a mio padre. Pensiero stupido, eh?

«Hai ragione, è che siamo tutti molto impegnati di recente e non riusciamo a vederci spesso. Ma non appena sarà possibile, invaderemo la caffetteria, tranquillo!»

«Ahah, quando volete ragazzi, siete sempre i benvenuti!» mi sorride sincero, evidenziando alcune piccole rughe agli angoli degli occhi «Un tuo amico..?» chiede, indicando con un impercettibile cenno della testa Levi.

«Sì, esatto.»

«Mi ricordo di lui, quando viene è sempre in compagnia di una giovane donna molto allegra. Ordina sempre un thè nero amaro. Tu invece cosa prendi?»

«Conosci i miei gusti, sorprendimi!» ridacchio, scrollando le spalle.

«Accomodati allora, Annie vi servirà tra qualche minuto.»

Così mi dirigo verso il tavolo al quale il corvino è già seduto, gambe accavallate e braccia incrociate al petto, che osserva l'ambiente circostante senza soffermarsi su nulla in particolare. Poggio il casco, che avevo ancora tra le mani, su una delle sedie libere, prendendo posto di fronte quel ragazzo così curioso e particolare.

«Lo conosci?» Levi, sollevando appena il mento, indica Zeke ed il suo sorriso serafico. Sembra quasi contrariato dalla cosa.

«Sì, sono anni che frequento questo posto con i miei amici. Stavamo più qui che a casa nostra, a far chiasso, parlare di cose futili, giocare a Uno oppure bisticciare.» quasi rido ricordandomi di quando, durante un litigio abbastanza acceso, avevo spiaccicato la faccia di Jean nella fetta di torta ricoperta di panna che aveva davanti: da lì, l'appellativo di "bastardo suicida" che mi aveva affibbiato.

One Last NightWhere stories live. Discover now