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Con Lexie, il tempo passa sempre velocemente: è troppo divertente.
Mi fa ridere, mi fa sfogare ma soprattutto mi fa dimenticare del mio dolore durante tutto il tempo che passiamo insieme.

«Allora, ieri sono andata a lezione e mancava il professore. Era l'ultima ora e nessuno ci aveva avvisati!» si lamenta, «potevo tornare a casa prima, che cazzo!»

Alzo gli occhi al cielo.
Se non si lamenta sempre, non è Lexie.

«Be', se ti lamenti per una cosa del genere non oso immaginare se magari il professore ci fosse stato e ti avesse anche interrogato!» le faccio notare.

«Non sei divertente, Heaven. Ho perso un'ora della mia vita dentro a quella classe» dice come se fosse una cosa ovvia.

Il rumore di un tuono più forte degli altri ci fa sussultare.
Guardo verso la grande vetrata del salotto ormai bagnata dalla pioggia.
Le gocce d'acqua fanno a gara a chi scende per prima. Non sta piovendo, sta diluviando ed io rimango incantata davanti a questo spettacolo della natura.

Resto a fissare per un po' il cielo e lo vedo come un corpo umano, il suo colore potrebbe venire affibbiato al colore della pelle, che non lascia trapelare nulla al di sotto di essa; ma poi ecco che arriva un fulmine, e la sua luce e la sua forma mi fanno venire in mente le vene. È come se anche il cielo fosse in grado di dirci qualcosa, forse, semplicemente che anche lui è vivo.

Questa sera mi sembra di essere ritornata a New York con Harry.

«Hai paura dei tuoni?» mi domanda Lexie alzando un sopracciglio.

«Certo che no» sbuffo.
Non voglio raccontarle ciò che stavo pensando.

«Oh, allora okay. Be', stavo dicendo che avrei potuto sfruttare meglio l'ora buca a fare shopping, invece sono rimasta in classe fino alla fine dell'ora» piagnucola.

«Sì Lexie, ho capito cosa vuoi dire. Mi dispiace che tu abbia perso l'ora. Ora possiamo parlare d'altro per favore o vuoi continuare a lamentarti?» le domando trattenendo una risata.

«Sappi che non c'è nulla da ridere, Heaven» ribatte lei, mentre mi fulmina con lo sguardo. Incrocia le braccia al petto e guarda in un'altra direzione.
È così buffa che mi fa ridere.

Il suono del campanello mi fa smettere di ridere e Lexie si volta nella mia direzione aggrottando la fronte.

«Chi può essere a quest'ora?» mi domanda.

«Non lo so, Logan si sta facendo la doccia quindi lui non è» alzo le spalle mentre mi alzo dal divano.

«Devi andare giù per aprire, Heaven. Non farlo, potrebbe essere qualche malintenzionato!» esclama Lexie.

«Ne abbiamo passate di peggio, non trovi?» le dico aprendo la porta di casa senza darle il tempo di ribattere.

Rabbrividisco per il freddo del corridoio, ci vorrebbe qualche termosifone anche qui.
Forse non è stata una buona idea scendere a mezze maniche, ma oramai è fatta.

Apro il portone dell'entrata e quasi mi viene un colpo.

Capelli ricci, occhi verdi, tatuaggi e una maglia a mezze maniche bianca.
È così che si presenta, fradicio ed infreddolito.

«Ciao, Heaven» mormora guardandomi.

«Harry! Vieni dentro sei tutto bagnato!» gli dico aprendo di più il portone.

«Era una notte come questa, ti ricordi?» dice lui guardando verso l'alto.

Rimango immobile, non riesco a dire una parola.

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