Secondo Capitolo.

194 19 11
                                    

Benjamin's pov.
Federico, il mio compagno di band, mi ha abbandonato per fare il galantuomo e io mi sono ritrovato a dover sistemare da solo la nostra attrezzatura. Non credevo ci fossero tutti questi fili, cavi che non riesco neanche a sistemare decentemente perché sono un disordinato cronico. Quindi alla fine arrotolo tutto a caso e poi in futuro, sarà il mio migliore amico a sistemare, anche se lui è più disordinato di me, quindi non so come faremo. L'unica cosa che sistemo con cura è la mia amata chitarra, poi il resto non mi interessa.
Fede rientra nel locale e finalmente si degna di darmi una mano, o meglio, mi guarda riordinare con un sorrisino da cretino stampato in volto.
«Quando la smetterai di fare il cascamorto con le ragazze e mi darai una mano a sistemare?» gli chiedo divertito, sapendo di metterlo in imbarazzo. Per mettere in imbarazzo me, invece ce ne vuole.
Io e lui siamo parecchio diversi caratterialmente parlando e credo che questo sia un bene, perché questo ci dà la possibilità di confrontare le nostre idee diverse ed arrivare ad un punto di incontro, trovando magari qualche cosa di innovativo, che possa ampliare le nostre idee, i punti di vista e gli obbiettivi da raggiungere. Sinceramente parlando, non cambierei Federico come compagno di band, per nessun altro, perché io e lui, siamo parecchio in sintonia e ci fidiamo l'un dell'altro.
«Parli tu poi» mi risponde facendo una strana smorfia.
«"Che sono queste brutte parole.."» dice ancora, facendomi il verso per poi scoppiare a ridere. Io gli rispondo alzando il dito medio, per poi prendere parte dell'attrezzatura che portiamo nell'auto del mio amico. Torniamo nel locale ormai quasi vuoto così il proprietario ci paga e ci propone di andare lì a suonare ogni venerdì per un po' di tempo, cosa che ci fa particolarmente piacere perché ci dà la possibilità di farci conoscere. A volte non si può mai sapere, si può partire da un piccolo locale nel centro della propria città per poi arrivare a grandi obiettivi e orizzonti. Sono molto fiducioso nel futuro e nelle capacità mie e di Fede. Anche perché se non siamo noi i primi a crederci, difficilmente lo farà qualcun altro.
Controllo nuovamente se abbiamo dimenticato di prendere qualcosa dal palco, quando un rumore strano, simile ad una vibrazione, attira la mia attenzione. Mi guardo un po' attorno, per poi notare un cellulare su uno dei tavolini alti del locale. Lo prendo fra le mani, premendo il pulsante centrale, così da far illuminare lo schermo, cosa che mi fa notare la foto del proprietario: la ragazza mora di prima che stava con l'amica ubriaca. Nella foto che vedo, c'è lei tutta sorridente che con la mano destra accarezza il pelo di un piccolo cane nero che sembra essere sul punto di addormentarsi. La foto mi fa sorridere, lo ammetto.
Lei ormai è andata via dal locale e io non so esattamente che fare perché so quanto un cellulare possa essere prezioso. A parte per il valore in se per se dell'attrezzo elettronico, ma soprattutto per ciò che c'è dentro: da foto a messaggi. Io credo che reagirei veramente male se perdessi il cellulare, perché lì c'è un po' tutto il mio mondo: pezzi di canzoni scritte, foto con gli amici, messaggi importanti. Ne parlo con Federico e alla fine decidiamo di prendere il telefono, poi contatteremo la ragazza che ho scoperto chiamarsi Roberta, grazie al caro vecchio Facebook che ho aperto solo per vedere il suo nome.
Entriamo in automobile e come sempre, accendiamo la radio, così il mio migliore amico può cantare con tutto il sentimento che vuole, mentre io guardo fuori dal finestrino perso nei miei pensieri e nei miei dubbi. Ultimamente penso parecchio, un po' a tutto. Al mio futuro, alla carriera, alla famiglia. Sono un ragazzo che pensa davvero parecchio, anche se forse non sembra perché cerco sempre di mostrarmi sereno, spensierato, anche se a volte poi non riesco molto a fingere, o almeno non con le persone che mi vogliono bene e mi conoscono.
Il cellulare della ragazza mi vibra fra le mani per la ventottesima volta, letteralmente, mostrando il nome del mittente: "amore", con un cuoricino piazzatoci affianco e sotto mi appare la foto della coppia mentre si bacia al mare, lui che stringe lei per la vita e la mora che sorride con dolcezza. Io non so cosa fare, se sia meglio lasciare stare, lasciar squillare liberamente il cellulare, oppure rispondere. Continuo a pensare cosa potrebbe accadere se rispondessi, a come potrebbe reagire il ragazzo dall'altra parte e a me non va proprio di mettermi a fare discussioni, men che meno al cellulare.
Per me, in generale, le cose devono essere dette faccia a faccia, non attraverso uno schermo di un cellulare. Perché al telefono non si vedono le espressioni del volto, non si sentono i brividi che prendono il sopravvento nei momenti belli, non si vedono i sorrisi, non si vedono le lacrime, le emozioni vengono dimezzate. Faccia a faccia invece, le emozioni prendono il meglio su di noi, si mostrano, si fan sentire, anche quando non vuoi. Faccia a faccia, è difficile fingere qualcosa che non c'è. E poi, i baci, gli abbracci, dal telefono non si possono dare. E non so perché sto pensando questo, visto che il ragazzo che chiama, di certo non mi vuole baciare o abbracciare, ma probabilmente solo prendere a pugni.
Mentre ancora decido cosa fare, il cellulare smette di fare casino, lasciando a me e Fede solo il sottofondo della radio. In fondo meglio così, anche perché inizia a risuonare nell'auto una delle mie canzoni preferite in assoluto: Numb, dei Linkin Park. Inizio a cantare e pian piano, i mille pensieri che mi assalgono in continuazione iniziano a svanire, iniziano ad andarsene. È così forte il potere che ha la musica su di me, è anche come uno scacciapensieri alla fine e non credo che molti possano capire la mia passione. In fondo, a volte non la capisco davvero bene neanche io.

Come Un Fulmine A Ciel Sereno. |Benji e Fede|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora