VIII-spirito di scuola

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4 ottobre 2017

Jeongguk appende il borsone al gancio accanto alla porta facendo attenzione a camminare senza fare rumore per non svegliare nessuno.

Sono le undici passate, non è mai arrivato a casa così tardi. Sa che oggi ha esagerato—gli allenamenti finivano alle sette e dopo è stato circa altre quattro ore ad allenarsi correndo il più veloce possibile, facendo i pesi e correndo percorsi d'agilità finché il sangue non gli pulsava in testa e grondava di sudore.

Ad un certo punto il suo petto sembrava troppo stretto e dei puntini neri stavano cominciando a raggrupparsi ai bordi della sua vista—le sue gambe vacillavano. Poi ricorda solo di essersi svegliato per terra in fondo al campo. Aveva deciso che era il momento di fermarsi—svenire non gli farà alcun bene.

Dovrebbe mangiare qualcosa, lo sa, ma è troppo stanco. Vuole raggomitolarsi a letto e dimenticare tutto.

Va al piano di sopra , i suoi piedi sono leggeri, e si ferma non appena raggiunge camera sua. La porta è chiusa.

Stringe le labbra e si sporge in avanti così che il suo orecchio è gentilmente poggiato alla porta. Può percepirli a malapena—dei singhiozzi soffocati. Vorrebbe entrare così disperatamente che deve stringere i pugni per impedirselo. Taehyung è lì, a piangere, da solo dopo aver vissuto qualcosa di traumatico—naturalmente Jeongguk non può lasciarlo lì, non può andarsene come se niente fosse—

Chiude gli occhi e si allontana dalla porta, il suo cuore martella nel suo petto.

Succede tutti i giorni, dalla mattina dopo Daeshim. La prima volta che aveva trovato una porta chiusa ed il suono di un pianto, aveva provato a consolare Taehyung, ma era stato accolto con un grido incrinato ed un occhio nero. Immagina che sia il segno universale di non avvicinarsi e, se questo è quel che Taehyung vuole, Jeongguk non si può opporre. A lui importa solo quel Taehyung vuole.

Di solito non ha problemi ad aspettare che Taehyung si addormenti, ma stanotte—non può più stare sveglio. Lancia uno sguardo alla camera dei suoi genitori e pensa, fanculo.

Ancora un po' inumidito dalla doccia, resta con in boxer ed una maglietta, e apre con il gomito la porta della stanza. La stanza è buia a parte per un fascio di luce gialla sul letto e che sale su sul muro.

Sua madre è un fagottino d coperte al centro del letto—suo padre è ancora in viaggio. Jeongguk si schiarisce la gola.

"Mamma?"

Sua madre fa un suono assonnato e poi si solleva sui gomiti strizzando gli occhi.

"Jeongguk? Stai bene?"

"Sto... " guarda il pavimento provando a mantenere una voce stabile "Stanotte posso dormire qui?"

A questo l'espressione di sua madre passa da assonnata a sveglia e allertata ed è comprensibile. Jeongguk non le chiedeva di dormire con lei da quando aveva sei anni.

"Certo, tesoro." Dice in fine per poi spostarsi per fargli spazio.

Jeongguk si arrampica sul letto e, con la testa nascosta nel suo cuscino, si raggomitola subito accanto a lei. Lei compre entrambi con la coperta. La sua mano va tra i capelli di Jeongguk e li accarezza, proprio come quando era piccolo. Il tocco è nostalgico e gli fa venire un groppo in gola.

"Mamma sono così stanco" sussurra con voce rotta. La sua mano si ferma per un attimo e poi ricomincia.

"Va bene" dice lei "Puoi essere stanco. Vieni qui."

Lui si avvicina e lei lo circonda con le braccia anche se ha diciassette anni ed è più alto, più pesante e le sue spalle sono quasi il doppio della grandezza delle sue. Ma infondo non importa perché lei è sua madre e lui non si è mai sentito così un bambino come in questo momento.

Maybe I'm fine with being by myself [ita]Where stories live. Discover now