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Il posto in cui siamo mi piace, è così da sempre. La musica è tranquilla mai eccessivamente forte, non c'è bisogno di alzare la voce per essere sentiti dalla persona più vicina. I cocktail che servono sono buoni e anche l'imbottitura dei divanetti è comoda. Mi piace persino il fatto che mio fratello mi tenga gli occhi addosso da lontano, come se non sapesse che in realtà ne sono consapevole; eccome se lo sono. Sta chiacchierando con il solito gruppo di ragazzi che conosce da anni, con l'immancabile sigaretta tra le labbra. Ci sono relativamente poche cose che desidero dalla vita e una di queste è che Dylan si levi quel vizio che porta con sé da ormai troppo tempo; eppure di cambiare idea non ne vuole proprio sapere.

Kat, seduta al mio fianco, sta muovendo la testa a tempo di musica, ma tiene gli occhi chiusi; non lo vede il sorriso che mi spunta sul viso quando mi rendo conto dell'espressione di eterna beatitudine che si fa spazio sul suo volto. Prendo un sorso dal bicchiere che tengo tra le mani prima che Kat apra gli occhi e mi sorrida, avvicinandosi fino a sfiorarmi la guancia con le labbra dipinte di rosso.

«Grazie per essere qui, significa tanto per me» me lo dice a voce bassa e il suo respiro sa appena di Mojito. «Ti voglio bene.»

«Ti voglio bene anche io.»

Kat tende a diventare sdolcinata quando beve qualcosa di troppo, ma questa sera glielo permetto. Anzi, sono persino contenta che lo sia. Stiamo festeggiano la prima messa in scena dello spettacolo teatrale e il suo ruolo era tutto fuorché una parte orribile.

Seduti al tavolo con noi ci sono i suoi colleghi di corso e sono tutti attori bravi tanto quanto lei; alcuni parlano tra di loro, altri sorseggiano soddisfatti i loro drink. Kenan, il ragazzo di colore seduto esattamente di fronte a Kat, le sorride e alza la mano che tiene ben salda la bottiglia di birra ormai quasi vuota, attirando l'attenzione dei presenti.

«A Kat» mormora, inumidendosi le labbra. «Senza la quale saremmo ancora in mezzo a una strada, a provare nel seminterrato di Adrien e a fare finta di essere qualcuno.»

Kat ha le guance in fiamme quando tutti si uniscono al brindisi, facendo cozzare gli uni contro gli altri bicchieri e colli di bottiglie.

«Ti vogliamo bene.» Fa eco Judy; i rasta sono acconciati in un nodo scomposto sopra il capo.

Sento Dylan al mio fianco posarmi una mano sulla spalla, ma abbassarsi all'altezza di Kat.

«Anche se non sei tutta questa grande bravura che i tuoi amici millantano tanto.» La prende in giro. Kat non esita a sferrargli una gomitata sulle costole, ma sorride quando mio fratello le bacia la guancia, facendovi schioccare le labbra due, tre volte di seguito.

«Grazie a voi per avermi permesso di unirmi al vostro gruppo» a Kat luccicano gli occhi. «Siete la mia seconda famiglia.»

Le stringo la mano senza pensarci due volte. Non conosco bene queste persone, è la terza volta che li incontro, ma sembrano tenere a Kat tanto quanto Dylan e me e questo mi basta; i bicchieri e le bottiglie cozzano nuovamente in un secondo brindisi. La musica aumenta appena qualche minuto più tardi e due ragazze si alzano dai divanetti per raggiungere Kat e trascinarla poco più in là, dove gente più coraggiosa di altra sta ballando ormai da un po'. Kat di certo non si sottrae, ma io scuoto la testa quando mi tende la mano, quasi a convincermi ad accompagnarla. Non insiste quando rifiuto una seconda volta; la mia risata deve echeggiarle nelle orecchie mentre in equilibrio precario raggiunge il centro del locale, solo per lasciarsi andare a una strana danza.

«Vado a prendere una boccata d'aria.» Dylan si abbassa per mormorarmelo all'orecchio, con il bicchiere ancora stretto in mano.

«Dovresti lasciare qui le sigarette allora.» Borbotto, alzando gli occhi al cielo.

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