Party Poison Unchained | Frerard

I Brought You My Bullets

Frank non avrebbe mai potuto immaginare che imparare ad usare un fucile sarebbe stato così problematico. Non tanto a causa del suo essere terrorizzato dall'avere in mano un'arma da fuoco, e nemmeno dal dover sottostare agli insegnamenti di Gerard Way. Il non riuscire a manovrare quell'aggeggio era ormai divenuto un suo cruccio personale, e i continui tentativi arrecavano più danni alla sua frustrazione che ai barattoli di latta, ancora tutti al loro posto, ordinati così come Gerard li aveva inizialmente posti. Con le loro etichette annerite e i loro tappi sfigurati avevano tutta l'aria di essere lì a sbeffeggiarlo.
Ray lo osservava da lontano, e per quanto cercasse di offrirgli il suo supporto morale, le risate divertite che arrivavano di tanto in tanto all'orecchio di Frank erano più pungenti di qualsiasi altra fastidiosa presa per i fondelli.

-"Non guardare il fucile! Non guardar- Frank! Il bersaglio! Il bersaglio! Devi concentrare l'attenzione sul bersaglio! No, aspet-"

Ogni sparo andato a vuoto riecheggiava più rumorosamente e più lungamente del precedente.
C'era qualcosa nel reggere l'arnese così vicino al viso, nel dover resistere fino alla completa azione di sparo, nel cercare di riuscire a prendere la mira, che a Frank proprio non andava giù. Non ne era capace. Era un pianista, non un cecchino.
Questa volta udì chiaramente anche le risa di Mikey.
Se qualcuno glielo avesse chiesto, domandandoglielo con serietà, Frank avrebbe risposto con incredula sincerità che no, non credeva di essere del tutto sveglio.
Tuttavia, non si sentiva di essere vittima di un qualche spiacevole senso di straniamento.
In risposta alle sue riflessioni a riguardo, Gerard si avvicinò di nuovo a lui, e per l'ennesima volta prese a guidarlo nell'impugnare correttamente il fucile.
Lo sentì alle spalle, serio e delicato, mentre lo aiutava a sollevare le braccia nel giusto modo. Quelle mani grandi e forti, e per la prima volta da quando lo aveva conosciuto affabili, lo setacciavano meticolosamente, accertandosi che stesse in posizione. Riposizionò il calcio nell'incavo della spalla destra di Frank, accompagnò la sua mano sinistra sotto l'asta, e gli riaggiustò lentamente i gomiti.
Infine racchiuse il viso di Frank tra le mani, sollevandolo con le punte delle dita, affinché lo zigomo destro del ragazzo premesse contro il calcio del fucile.
Istintivamente, come già altre volte aveva fatto, si ritrasse, rifiutando quell'intimo contatto con l'arma.
Dritto all'orecchio, come se fosse un segreto, Gerard gli disse.

-"Non aver paura. Non è questo ciò di cui bisogna aver paura..."

La canna del fucile era scossa da un leggero tremolio, e di nuovo Gerard si trovò costretto ad allungare il proprio braccio per afferrarla e sostenerla.
Frank sentiva il suo corpo e il suo viso così vicini da non poter impedire al suo sguardo di lanciargli una fugace occhiata di sottecchi. Fu fortunato abbastanza da coglierlo nel momento esatto in cui guardava verso il cielo, gli occhi appena socchiusi per schermirsi dal sole. La luce diretta, ormai già intensa a quell'ora del mattino, aveva sciolto le sue iridi solitamente muschiate in un surreale verde cristallino.

-"Non devi avere paura. Sei tu ad impugnare il fucile."

Prese la mira, e fece un profondo sospiro.

Gerard lo lasciò andare, e Frank premette il grilletto.
Riuscì a sfiorare il fianco di un barattolo, nulla di più.

-"Dammi il fucile."

-"Sì."

Obbedendo, Frank indietreggiò involontariamente, preso da un vago timore ora che Gerard era armato. Nel frattempo l'altro aveva già imbracciato il fucile, con una naturalezza e una familiarità tali da far sembrare l'arma un'estensione delle sue braccia.

-"Osserva come lo sto impugnando. Il calcio deve essere tenuto ben fermo proprio qui, tra la spalla e il petto, e i gomiti devono essere posizionati alla stessa altezza. Poi..." e si rivolse con lo sguardo verso di Frank nel parlare, come ad assicurarsi che lo stesse seriamente ascoltando e guardando. "appoggi lo zigomo al calcio."