43. Ritorno e arrivo

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Quando mi sveglio impiego un minuto a ricordare dove sono. Mi guardo intorno e nella stanza non c'è nessuno, sento delle voci che provengono dal piano di sotto, così mi alzo e scendo anch'io.
Vicino al bancone della cucina ci sono Pasquale, Pierpaolo, Elisa, Camilla e Giuliana. Stanno facendo colazione. Appena arrivano si bloccano tutti e si girano a fissarmi. Solo dopo capisco il perché, ho ancora addosso la sua maglietta. Vorrei toglierla adesso, ma è troppo tardi, farei solo una figura di merda più grande di quella appena fatta. Cerco di ignorare quegli sguardi e vado a sedermi sull'unico sgabello libero, che è proprio vicino a lui. Elisa, per avviare una conversazione, mi chiede: "Giulia, vuoi un succo, spremuta, caffè, tè?"
"Caffè, grazie" rispondo.
"Caffè, ecco a te. Mangia anche una brioche"
Scuoto leggermente la testa e inizio a bere il mio caffè. Mi si è chiuso lo stomaco. Non parla più nessuno, tutti restano fermi. Elisa da una gomitata al marito per far sì che dica qualcosa. Lui posa una tazza con del succo e la guarda un pò imbarazzato, poi si decide a parlare. "Se partiamo di qui alle per le dieci, saremo a Roma prima di mezzogiorno"
"Ah, si, bene. Vado a svegliare i bambini" dice Elisa portandosi dietro Pierpaolo.
"Si, anch'io vado a svegliare Fulvio. Mamma, tu dovresti svegliare papà, sai quanto ci mette" dice Camilla. Sua madre annuisce ed entrambe spariscono su per le scale.
"Credo di non averti salutata bene" dice Pasquale.
Continuo a sorseggiare il mio caffè senza battere ciglio.
"Buongiorno" dice dandomi un bacio molto tenero sulla guancia. Piego un pò la testa di lato e poso la tazza sul bancone.
"Vado a vestirmi, scusa" dico alzandomi. Lui mi segue. Arrivo in camera e chiudo la porta, subito dopo si apre ed entra. Resta a fissarmi.
"Cosa c'è?" chiedo, con un tono più acido di quanto volessi.
"Niente, questa è anche camera mia" risponde a tono.
"Giusto, vado in bagno a cambiarmi"
Non gli lascio il tempo di rispondere, prendo le mie cose ed esco. Appena entro in bagno, entra anche lui.
"Cosa fai? Mi segui?" chiedo scocciata.
"No, rivorrei solo la mia maglia" dice sorridendo.
Me la tolgo sbuffando e gliela butto in faccia.
"Ecco a te" dico e lo butto fuori dal bagno e chiudendo la porta a chiave. Faccio una doccia e mi vesto. In borsa ho solo un paio di pantaloncini di jeans e una canottiera. Li indosso insieme alle converse. Torno in camera a sistemare le mie cose ed esco in giardino. 

Si vede che questa notte ha piovuto, il terreno è bagnato fa ancora freddo. Ognuno sta sistemando le sue cose in macchina. Io aspetto Elisa siccome torno con lei, anche se per adesso non si vede. Pasquale è appoggiato alla sua macchina e mi guarda divertito. Non so da dove gli esce fuori tutto questo divertimento, è davvero uno stronzo quando fa così.

Poco dopo arriva anche Elisa.
"Giulia, c'è un piccolo problemino"
"Se è come quello di ieri sera preferisco non saperlo"
"Be', non mi pare che ieri sera sia andata tanto male"
"Smettila. Allora, qual'è questo piccolo problemino?"
"L'auto non parte"
"Chissà cosa mi pensavo, tutto qui?"
"È la mia auto, quella con cui dovremmo tornare a Roma insieme io e te"
"Ah, OK. E ora?"
"Pierpaolo ha già chiamato un carro attrezzi..."
"Giulia viene in macchina con me, tranquilla Elisa" dice Pasquale intervenendo nella nostra discussione. Mi prende per un braccio, e mi trascina verso la sua auto.
Salutiamo tutti e ci allontaniamo.
"No, io con te non ci vengo" gli dico cercando di non urlare.
"Non iniziare a fare la scema. Noi due dobbiamo parlare"
"No, non dobbiamo parlare di niente. Non ho niente da dirti"
"Ma io si, quindi finiscila di comportarti come una bambina ed entra"
"Stronzo" sbuffo entrando e sbattendo lo sportello.
"Vacci piano con la mia piccolina" dice mentre entra riferendosi alla sua macchina. Mette in moto e parte per ritornare a Roma.

Gran parte del viaggio lo trascorriamo in silenzio, non voglio parlare con lui. Accendo la radio e guardo fuori dal finestrino. Subito dopo lui la spegne e inizia a parlare. "Possiamo parlare un attimo di noi adesso?"
"No"
"E dai Giulia, per favore"
"Ti ho già detto che io non ho niente de dirti"
"Ma io si, quindi ascolti"
"Non voglio sentirti"
"Senti Giulia, so che tu ancora non mi hai perdonato per quella stronzata che ho fatto due anni fa, ma io ci tengo davvero a te. Potresti perdonarmi?"
"Mi dispiace, non ci riesco. Tu mi hai rovinato la vita, hai distrutto la cosa più bella che avevo"
"Ero io la cosa più bella che avevi?"
"Lo eri"
"Se vuoi posso esserlo ancora. Giulia, io sono qui, non è cambiato niente"
"Invece è cambiato tutto. Sono stata malissimo quando sono andata via, e la colpa è solo tua"
"Lo so, io non dormo la notte per quello che ti ho fatto, non so come farmi perdonare. Ma ora siamo qui, tutti e due, possiamo rimediare"
"Ma rimediare a cosa? A cosa vuoi rimediare adesso? Io non riesco ad andare avanti, non posso perdomarti"
Man mano che arriviamo a Roma il tempo è sempre peggio, ora sta piovendo. Le goccia d'acqua che cadono e sbattono sul vetro facendo rumore mi rilassano un pò. Non riesco più a pensare, non voglio più pensare a niente. Sono stanca, vorrei solo arrivare a casa il prima possibile. Voglio chiudere questa discussione il prima possibile.
"Giulia, io ti amo, e non ho mai smesso di farlo"
Non rispondo. Non so cosa dire o cosa fare. Resto ferma a guardare la pioggia fuori dal finestrino.
"Giulia, dimmi qualcosa, qualsiasi cosa, ma parla"
Ferma la macchina e si accosta in un parcheggio.
"Giulia?"
"Cosa vuoi che ti dica? Che ti amo anch'io e che ti ho amato per tutto questo tempo? Mi dispiace, non è così" dico senza guardarlo negli occhi.
"E poi, perché cazzo ci siamo fermati?" dico guardandolo.
"Siamo arrivati, scendi"
"Arrivati dove?"
"A casa tua"
Mi giro a guardare dove siamo e mi accorgo che ha ragione, siamo sulla strada della mia vecchia casa.
"Io non abito più qui"
"E non me lo potevi dire prima?"
"Ma se hai parlato sempre tu"
Non controbatte.
Gli do l'indirizzo e ripartiamo.
Dopo un pò di silenzio rincomincia a parlare. "Senti Giulia, io ho bisogno di te, non ti chiedo di fare chissà cosa, solo di perdonarmi"
Non rispondo.
Se non arriviamo subito a casa, crollerò, sto mantenendo a stento le lacrime. Non riesco a starlo a sentire così, credo proprio che ha ragione. Non glielo darò mai a vedere, ma credo di amarlo ancora anch'io.
Restiamo in silenzio finché non ferma la macchina. Faccio per uscire, ma attiva la chiusura centralizzata.
"Cosa fai?" chiedo con un filo di voce. Ho paura, paura che capisca cosa provo per lui.
"Adesso mi ascolti, senza fare storie"
"No" sbotto.
"Invece si"
"Invece no. Sei uno stronzo, cosa credi di ottenere così? Vuoi che ti perdoni? Non è bloccandomi dentro una stupida macchina che otterrai ciò che vuoi" non riesco più a trattenere le lacrime, sto piangendo come una bambina a cui hanno hanno portato via la sua bambola preferita.
"Giulia, calmati, per favore"
Ma io non riesco a calmarmi, continuo a piangere come una dannata. Allora lui mi slaccia la cintura e, prendendomi per un braccio, mi fa sedere sulle sue ginocchia. Io non oppongo resistenza, e in un certo senso mi fa anche piacere. Mi stringe tra le sue braccia, io poso la testa sulla sua palla e le mie mani sul suo petto.
"Non piangere, Giulia, non piangere"
Cerco di smetterla, non so cosa mi è preso. Quando finalmente le mie lacrime si placano, mi alzo la testa e resto a fissarlo negli occhi. Anche lui fa lo stesso, ma continua a tenermi stretta a sé.
"Tutto OK?"
Annuisco.
Restiamo ancora per un tempo che a me sembra infinito a guardarci. Poi lui lentamente avvicina il suo viso al mio, fino a far sfiorare le nostre labbra. Mi allontano, per quel che mi permette il piccolo abitacolo. Lui sorride un pò e mi avvicina di nuovo. Mi da un altro bacio, questa volta più lungo e più profondo. Dopo un pò di resistenza anche io ricambio il bacio. Mi è mancato. Mi è mancato da morire stringerlo e baciarlo. Mi è mancato lui, lui e solo e sempre lui. Continuiamo a baciarci e restiamo in macchina ancora abbracciati per un pò.
"Adesso vado a casa" dico cercando di tornare al mio posto.
Lui sblocca la chiusura della macchina e apre il suo sportello per farmi scendere. Lui scende subito dopo di me e prende il mio borsone dal portabagagli.
"Ti accompagno" dice.
Annuisco e cerco nella borsa le chiavi. Apro e iniziamo a salire le scale. In una mano tiene la mia borsa, l'altra è attorno alla mia spalla. Saliamo in silenzio.
Arrivati al mio pianerottolo mi scosto da lui e prendo la mia borsa. Lo saluto con un sorriso, ma lui si avvicina e mi da un bacio. È una sensazione che mi è mancata moltissimo, quella delle sue labbra sulle mie. Ricambio il bacio e continuo a sorridere.
"Adesso vai, però" dico.
"Sicura che non vuoi che entri?"
"Si, va bene così, non c'è mica un lupo dentro che mi aspetta"
"Magari poteri entrare per controllare personalmente"
"Vai tranquillo"
"Va bene, ti chiamo dopo"
"OK"
Mi da un altro bacio e scende le scale. Resto ad osservare i gradini con un sorriso da ebete, poi mi riprendo ed entro, con ancora un sorriso stampato sulle labbra. Appena varco la soglia il mio sorriso si spegne. Ed ecco il lupo. "John? Cosa ci fai qui?"

//spazio autrice
Che bello, sono molto contenta di come sta procedendo la storia. Mi piace, e spero che piaccia anche a voi.

In questo capitolo ne sono successe di cose, e anche in quello precedente, che hanno portato Giulia e Pasquale ad avvicinarsi. Però adesso è arrivato il lupo, e nel prossimo capitolo vedremo cosa succederà con l'americano.
Poi ci sarà anche un capitolo incentrato su Pasquale.

Qui il titolo è un ironico, prima il ritorno dalla campagna a Roma e poi l'arrivo del tizio americano in casa di lei.

A presto
RagaxxaCrazy

Il Mio Amore Where stories live. Discover now