Patronus

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Capitolo 2. Patronus

Mi sono allontanato il più velocemente possibile da Hermione, non riuscendo a sopportare quel brutale distacco, che ha portato via la parte più importante di me. Vorrei ribaltare il mondo, spezzare le ossa del destino e scucire con bramosa impellenza i fili di nero cotone che la vita ha tessuto per me, per la mia compagna e per mio figlio. Non sono uno stinco di santo, non lo sono mai stato e mai lo sarò. Lo so che questo è il prezzo da pagare per il mio miserevole e vile vissuto. Il mio passato mi ha plasmato come un damerino arrogante e qualche volta ancora oggi, rivedo negli occhi di Hermione quello sdegnoso sprezzo che riversa sulla maggior parte delle mie azioni e la compassione animare le sue mani e sfiorarmi la guancia. Sono attimi che detesto quelli. Odio la pena e la pietà, sintomi di un animo gentile che io percepisco invece come sentimenti malati e niente affatto piacevoli. Ma adesso che i miei piedi calpestano l'erba rinsecchita, riempiendo il sentiero di orme regolari e man mano più lontane, desidero come non mai che quelle iridi pietose e lucide mi solchino le membra e mi donino sollievo. 

Mi volto un solo istante e le dono un leggero sorriso. Quando attendo inutilmente che lo ricambi, scorgo solo un luccichio trasparente segnarle la guancia. Pugnali invisibili mi traversano le carni da una parte all'altra, fin quando mi sembra di sentire una lama più aguzza delle altre trafiggermi il cuore. Mi paralizzo solo un attimo in attesa di morire, ma purtroppo il mio respiro è tornato regolare e non sono ancora stato considerato degno delle porte dell'aldilà. Sono solo una pedina a servizio del destino, io. Me ne sono accorto quando, attirato dal profumo di violette di Hermione, l'ho trovata sommersa dal fango e sporcata dal suo stesso sangue, e allora ho metabolizzato il fatto che ho lasciato mio figlio da solo nascosto in una foresta verace e mia moglie vagare senza il minimo senno, storpia. 
Il mio colore è il nero. Nera è la mia anima, nero il mio cuore, neri i miei ricordi, nere le mie unghia che avanzano lente sul terreno, nero il mio operato e nero il cielo della notte che mi veglia. Bianca è luce dell'amore, bianca è la mia carne, bianco è il colore della neve che a fiocchi si deposita sui miei capelli e bianca è la scia con cui il mio patronus lascia la mia bacchetta e illumina il cielo.

-Il messaggio è destinato ad Harry Potter. E' importante che pervenga solo a lui. Spiegagli che siamo stati attaccati e che il Manor è stato distrutto. Indicagli le coordinate del posto in cui ho sistemato  Hermione. Digli che non è in grado di camminare e supplicalo di proteggerla anche a costo della sua morte.- Lo guardo solcare fiero la volta nera e mi chiedo come dal buio dentro di me possa essere stato generato tale testimone di felicità. La nascita di mio figlio è l'evento che utilizzo più spesso per evocare la mia aquila, ossimoro della mia esistenza affatto libera e meno ancora indipendente: ancora una volta, uno strano scherzo del destino. Mi guardo intorno, cercando di individuare i segni rossastri che ho inciso sugli alberi sulla strada di andata, mentre ansante e spossato mi trascino, sbattendo da una  pianta all'altra. Un groviglio di ortiche mi graffia le braccia, le spine mi irritano l'epidermide già leggermente arrossata e un alito di vento freddo mi ghiaccia le ossa. 
 

Nel momento in cui mi accascio su me stesso, steso sulla neve che mi raffredda il volto e vinto dalla debolezza degli arti, l'adrenalinico amore per mio figlio mi fa scattare immediatamente in piedi e mi spinge irruente a correre per tornare da lui. Devo trovarlo e portarlo in salvo. Lo devo a lui, lo devo a Hermione, lo devo alla nostra famiglia.
Nella coltre candida e pura della neve ogni affondo del mio stivale consunto rappresenta una vittoria contro i fantasmi del mio passato. Mi trovo a distruggere ogni pezzo peggiore di me, partendo dalla orrida educazione che ho ricevuto, proseguendo con le percosse bagnate della cinta di mio padre e le cruciatus che mi hanno dilaniato le terminazioni nervose, quando ad 8 anni intenerito da uno scoiattolo del mio giardino, l'ho portato in casa ed accudito per un mese, finché Lucius ne venne a conoscenza e lo uccise davanti a me.
Un Malfoy non deve amare. Non deve ridere, non deve affezionarsi, non deve avere pietà. Lessico ricercato di un'anima povera, sillabe recitate con algida postura, pregne di austera indifferenza e di nulla  umanità.
E' anche per quel dolce animale che affondo i piedi sul ghiaccio. E' anche per la mia defunta e meravigliosa madre che avanzo a fatica, per le offese e le calunnie ricevute, per tutte le volte che mi ha protetto dalla furia insana di Lucius, per tutte le volte che il cuoio impietoso dei calzoni di mio padre ha lacerato la sua pelle lattea al posto mio, quando, nascosto dietro i cardini della mia stanza, sopportavo i gemiti deboli di mia madre subire ogni frustata con stoico distacco. Stringo i denti e continuo il mio percorso, che passo dopo passo mi avvicina a mio figlio. Leon sto arrivando, il tuo papà ti prenderà con sè e  torneremo insieme dalla mamma.
Non ho mai avuto la possibilità di conquistare il mio posto del mondo, che fin da quando sono nato, me ne aveva già riservato uno, fortunato agli occhi dei più. Un altro affondo, questa volta più profondo,  mi fa quasi traballare e perdere l'equilibrio. La libertà che mai mi è stata concessa di decidere quale posizione ricoprire, quale compito svolgere, quali persone frequentare.

Che eredità mi ha lasciato la mia nobile famiglia purosangue? Nemici in ogni dove, animati dalla sete di vendetta, che si crogiolano nella speranza di vedermi schiacciato e finalmente ottenere la loro  porzione di sanguinolenta pace. Perché sarebbe una menzogna negare di non conoscere i marchi innegabili di avversari, un tempo amici, con cui condividevi forzatamente obiettivi e con i quali progettavi una  vita non tua. L'incisione sul pugnale d'argento, che mi ha appena lacerato il tendine del braccio sinistro, ha lasciato sulla mia pelle nivea un solco fin troppo familiare e mi ha chiarito l'obiettivo del suo proprietario: devo lasciare questo mondo, allo stesso modo in cui suo figlio lo ha lasciato per mano di mio padre. Non posso non condividere ciò che desidera per me. E' dannatamente fondata la sua sete di vendetta. Ma non posso lascivamente offrirmi a lui, non ancora. C'è qualcuno che mi lega e vincola in modo asfissiante, che mi àncora alla vita e mi da la forza di lottare. Sono solo un ragazzo con il vissuto  di un senex, con l'esperienza di un martire e gli obiettivi di una persona semplice. Mio figlio, la mia compagna, le nostre vacanze al mare, la nostra passione per la lettura, il nostro giardino profumato, le  nostre ciambelle ripiene di marmellata di mirtilli, il solletico sul letto e le piume che provocano starnuti. Questi piccoli ritagli di vita si affollano nella mia mente, pretendendo di vincere sulla volontà dell'uomo che, appena alzo lo sguardo, trovo in piedi di fronte a me e mi schernisce con un ghigno provocatorio.

Do Not Let Me DownWhere stories live. Discover now