Capitolo 39: Il capitano

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 Firenze, 1471

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Firenze, 1471

Neri ignorò il filo letale di quello stupendo esemplare di metallo modellato per infliggere dolore e morte; si concentrò invece sull'elsa della spada, ammirando con l'acquolina alla bocca le pietre preziose con cui era riccamente decorata: rubini, smeraldi, forse addirittura diamanti, e un'impugnatura d'oro massiccio che scintillava persino nella scarsa illuminazione della taverna. Anche con una sola di quelle gemme avrebbe potuto vivere agiatamente senza mai più dover rubare o lavorare in vita sua.

La punta della spada premeva contro la sua gola.

Sollevò lo sguardo sull'occhio di vetro del gigante fulvo, poi lo abbassò nuovamente sul rubino, preferendo avere di fronte agli occhi quella vista mentre moriva.

«Ho avuto una pessima settimana – che dico? – un pessimo mese!» brontolò l'uomo. «E ora questo!» Li fissò in cagnesco, ondeggiando l'arma dall'uno all'altro. «Penso che inizierò da te» disse a Leonardo scoprendo i denti dritti in un ghigno perverso. «Mi ricordi un narentano che qualche anno fa mi ha soffiato un carico di merci parecchio costose.»

Neri, che fino a quel momento era rimasto imperturbabile, ormai rassegnato al suo fato, fu assalito da un tremito violento. Strisciò ai piedi dell'estraneo e premé il suo petto contro la spada acuminata. Inspirando a vuoto, disse: «Fate di me ciò che volete, messere. Mi farò scuoiare vivo, se questo può darvi soddisfazione. Ma lasciate andare lui, non c'entra niente. È tutta colpa mia.»

Leonardo, alle sue spalle, respirava pesantemente, a fatica; gli poggiò una mano sulla schiena, implorandolo di smettere.

Il gigante osservò entrambi, e forse si trattava solo del delirio di un uomo in punto di morte, ma a Neri parve di intravedere un luccichio divertito nel suo occhio sano. «Ancora meglio, allora. Visto che ci tieni tanto al tuo amico sarà ancora più divertente torturarlo sotto i tuoi occhi.»

Poi accadde qualcosa; Neri non capì subito. Era arrivato qualcuno, una donna a giudicare dalla voce, e aveva inveito contro l'uomo, ma le parole erano state pronunciate in una lingua che lui non capiva. Dopo passò alla sua e disse: «Basta, padre! Lasciali andare.»

Finalmente Neri riuscì a intravedere la figura slanciata della ragazza: aveva i capelli raccolti in una lunga traccia dorata e un colorito pallido, in contrasto con la pelle rosea degli zigomi alti, sopra i quali sporgevano due sottili lenti da vista incorniciate da una leggera montatura di metallo. Era vestita diversamente dall'ultima volta che l'aveva vista – indossava delle braghe da uomo! – ma la riconobbe all'istante.

«Helen!» esclamò incredulo.

Solo allora lei distolse lo sguardo furente dal gigante per osservare meglio i due che quello stava minacciando con la sua spada.

«Tu?» Pareva persino più sorpresa di lui. «Neri, se ricordo bene, e... oh, è il tuo amico. Si è ripreso completamente, a quanto vedo.»

«Già... Grazie a te.»

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