GANGS OF NEW YORK

427 58 10
                                    

(dir. martin scorsese)

𝚌𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟽

in cui,
Namjoon crede
ma non prega

il tavolo in soggiorno era sporco di polvere e tagliuzzato da tante piccole scritte fanciullesche. "ti amo!", "ti voglio tanto bene mami", "chissene frega!". erano memorie, frasi inconcepibili e distanti. una parte del tavolino era bruciacchiato e molte delle frasi erano illeggibili. Namjoon passò i polpastrelli sui ricordi di Yoongi, piccole curve affilate cariche di malinconia. si sentì per pochi istanti nostalgico e, preso da una rabbia primordiale, pressò le unghie sulle incisioni arsicce.

sentì una porta cigolare nel silenzio pomeridiano.

«buon pomeriggio.»

Namjoon alzò lo sguardo dal suo laptop roseo. Yoongi lo guardava distrattamente con un occhio aperto e l'altro chiuso, segno di una terribile sonnolenza. un paio di occhiali tondi erano appoggiati sul suo delicato naso e, con un maglione largo e un paio di pantaloncini a quadri, il corvino sembrava più piccolo del solito, lasciando il castano spiazzato (era quindi così bello, Yoongi, appena svegliato?).

«sei davvero magro, tu.»

Yoongi schioccò la lingua infastidito. «vuoi del caffè?»

«no, grazie.»

il minore continuò a fingere di scrivere; fingeva, sì, poichè il corvino che si preparava il caffè era smisuratamente interessante e Namjoon non riusciva neanche a trovare un motivo per cui dovesse esserlo. forse i suoi movimenti, considerò, così sciolti. o forse quei capelli arricciati sulla nuca o quelle dita sottili, sempre in movimento. Yoongi si girò all'improvviso e Namjoon abbassò lo sguardo, cancellando quell'insensato poema di lettere casuali. «sicuro di non volerlo?»

con la caffettiera in mano e i capelli arruffati, il corvino causò la pelle d'oca al minore che, imbarazzato, rispose con un'alzata di spalle. lo vide aggiustarsi gli occhiali trasparenti col medio, distolse quindi lo sguardo. «finiscilo tu.»

lo aveva incontrato in una fredda mattina d'inverno, dietro ad un giornale vecchio di tre anni ed un caffè macchiato alla vaniglia, che tanto macchiato non era; ma questo fatto Min Yoongi ancora non lo aveva capito, nonostante i giornalieri dibattiti su quanto schifo facesse il caffè americano con il proprietario del bar.

aveva l'incipit. dopo mesi, aveva l'incipit!

«allora, che scrivi?»

Namjoon chiuse il computer con un guizzo, trasalendo dallo spavento. forse scrivere di lui non era una buona idea, forse usare proprio il suo nome non era una buona idea. ma di chi, altrimenti? non riteneva nessun nome all'altezza di quel ragazzo magro e dalle sottili dita marmoree, nessun nome poteva anche solo lontanamente surrogare quello attuale. era un rischio a cui non poteva rinunciare se non specificatamente detto dal ragazzo dinanzi ai suoi occhi, ma era troppo imbarazzante per poter essere detto. aprì di nuovo il laptop e cercò la più recente e-mail di sua madre, che di computer ne capiva peggio dei suoi figli.

Yoongi alzò gli occhi al cielo. «davvero, davvero poco sospettoso.»

il castano scrollò le spalle. hey, Min Yoongi, sei la mia ispirazione dopo quattro mesi di carta bianca! «un'e-mail. niente d'importante o di sospettoso, solo una commissione per mia madre».

Yoongi appoggiò la tazza sul tavolino bianco e si accese una sigaretta. sbirciò il computer del minore. «sei tipo il suo segretario?»

mellifluous - namgiWhere stories live. Discover now