THE HATEFUL EIGHT

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(dir. Quentin Tarantino)

𝚌𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟿

in cui,
Namjoon odia
la sua voluttà

se fosse potuto tornare indietro nel tempo, Namjoon sarebbe tornato di nove mesi, quando lui e Jimin, al guardarsi, sorridevano nel presente ancora da vivere e nel futuro ancora da scoprire; si erano convinti che nel passato ci si poteva immergere solo in doccia, quando il caffè era ancora troppo caldo per essere bevuto o quando il cielo piangeva sui finestrini dell'autobus e la musica era troppo bella per non essere ascoltata. ma più il tempo passava e più ci affogavano dentro, annaspando per un po' di distrazioni dai loro ricordi.

negli ultimi mesi della loro relazione si guardavano negli occhi, si guardavano fissi, sapete, si guardavano proprio intensamente. si guardavano, si vedevano, ma non sorridevano come prima perché non ce n'era il motivo: i ricordi prendevano il sopravvento e loro, o almeno Namjoon, si lasciavano travolgere dalle onde del passato. si guardavano e vedevano qualcun altro, qualcuno vissuto in un tempo imperturbabile, lieto ed eterno.

aveva visto su instagram che Jimin si era fatto i capelli blu. più ci pensava e più gli si stringeva il cuore, il suo cuore rotto, pensò salendo a due a due gli scalini del palazzo, ancora lento a ripararsi. e i capelli blu, lui lo sapeva, gli potevano solo che stare bene.

tornò a casa all'ora di cena. sapeva quasi con assoluta certezza che il suo coinquilino era al suo lavoro e che di certo non lo avrebbe incontrato, non avrebbe dovuto dare spiegazioni sulla sua sparizione e tutto sarebbe stato scordato la tarda mattina dopo, con una tazza di caffè americano fra le mani di entrambi. non lo voleva ammettere, e non lo avrebbe fatto neanche sotto tortura, ma il giudizio degli altri era talmente importante che a volte si sbagliava e prendeva le decisioni con la testa degli altri. era così: sentiva di avere un solo corpo e mille teste differenti.

Namjoon si sbagliò, almeno quella volta. non ci azzeccò per pochi secondi; il suo coinquilino era all'ingresso, nel disperato tentativo di slacciare un doppio nodo dalla scarpa. erano quelle stupide converse azzurre, quelle che ogni volta evitava di guardare. alzò lo sguardo ed incontrò quello di Yoongi. Namjoon aveva davvero numerose parole da dire riguardo al suo sguardo (era un maledetto scrittore! ne aveva fin troppe di parole secondo lui) eppure una soltanto riusciva a spiegare al meglio la sua percezione di essi: impenetrabilità. Gli si era aperto un bel sorriso sul volto. «dove sei stato di bello?»

Namjoon lo sapeva che era una domanda di cortesia, eppure si mise sulla difensiva a spiegare (giustificare) in modo coinciso la sua assenza, come se avesse fatto realmente qualcosa di sbagliato. pronunciare il nome di Seokjin era camminare sul ghiaccio.

«e perché saresti andato con Seokjin?»

«è l'unico che io conosca ad accettare un drink di pomeriggio».

Yoongi riuscì ad allacciarsi l'ultima scarpa. solo al vederle mettevano al castano un particolare nervosismo, che forse non era neanche quello, forse era tristezza mista a rabbia che poi alla fine non cambia nulla. «non mi diventare un alcolizzato, va bene?»

mosso da un volere superiore – la sua molesta curiosità – agguantò le chiavi al posto suo. «posso vedere il tuo pub?»

«se proprio ci tieni» disse solamente, e scese le scale. Namjoon si precipitò a seguirlo: sfamare le sue curiosità riguardo al moro iniziava a divertirlo, forse più del dovuto, ma si disse che doveva essere proprio quello sguardo impenetrabile a suscitare tante domande che, ovviamente, necessitavano risposte.
nel cammino osservò i lampioni stradali, un buio/luce/buio che pareva si ripetesse all'infinito, e le piccole falene estive erano ancora lungi dal loro nervoso svolazzamento. col silenzio Namjoon si sentiva come le timide luci soffocate dalla notte: il fiato sembrava mancargli e, nonostante il freddo, aveva i palmi velati di sudore. sentiva la chiara indifferenza del coinquilino alla sua tensione –che davvero, lui non sapeva spiegarsi!– e l'unica cosa che desiderava era un bel drink in mano per distendersi i nervi. la prima cosa che gli venne da fare, perciò, fu di raccontare la strana scena successa in quel giorno. «oggi al bar un tizio ha mollato un pugno in faccia a Seokjin.» fece una mezza risata rauca, «ha mezza faccia viola, poverino.»

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⏰ Última actualización: Jul 22, 2020 ⏰

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