Capitolo 20

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Mi sentivo l'aria bruciare in gola e le gambe cedere. Il fianco mi doleva ad ogni singolo passo. Sentivo il sudore che mi impregnava la maglia, ed i capelli appiccicati alla fronte. Continuavo a correre senza una meta, sentendo attorno a me la loro presenza. Agivano nell'ombra.
Non riuscivo per qualche strano motivo a vederli, ma sentivo la loro aura dietro di me, i loro occhi fissarmi e studiarmi. Sapevo di averli alle calcagna.
Continuai a correre, ignorando come  i rami più bassi mi ferivano il volto e come rimanevano agganciati alla mia maglia e nel mio zaino. L'acqua continuava a scorrere davanti a me, indicandomi la via, ma io, oramai stanca, cominciavo a rallentare, lasciando che la foresta si chiudesse anche sopra di me oltre che sui miei assalitori. Spinsi con forza sulle ginocchia e sui talloni, cercando di riprendere il terreno perduto. Le mie scarpe, entrando nell'acqua, si bagnarono , e con esse i miei piedi e le mie caviglie. Continuai a correre ed a seguire l'acqua. Vidi il ruscello cambiare traiettoria e sviare il suo corso verso destra. Frenai bruscamente ancorando le punte dei piedi al terreno, e parando le mani davanti al volto per non sbattere contro un albero. Mi spinsi  e ripresi la corsa.
Lo zaino mi pesava sulla schiena, rimbalzando contro di essa ad ogni mio passo,in quella corsa che mi pareva senza fine. Riuscivo a vedere il sole calare oltre la foresta: tra poco sarebbero scese le tenebre, e secondo Mither quello sarebbe stato il loro momento. Non dovevo fermarmi. Lei sapeva dove mi stava guidando. Dovevo resistere.
Vidi l'acqua fluire via sempre più in profondità nella foresta, e con essa sparire anche la luce. Mi lasciai inghiottire da quella semi oscurità.
Correvo, correvo senza oramai alcuna direzione o meta precisa  di fronte a me. Dove mi stava portando? Dove mi sarei dovuta nascondere? Ero stanca, ma non potevo cedere. Continuai a seguire il ruscello, che spariva dietro di me man mano che proseguivo. Corsi fino a che non vidi il limitare della foresta. Mi feci forza e continuai a seguirlo.
Tolsi ogni singolo ramo dalla mia strada, scansandolo in malo modo con le mani... Ed uscii.

Mi guardai rapida attorno, per restare paralizzata da ciò che mi si era parato di fronte.
Davanti a me stava il piccolo promontorio, e su di esso la casa della nonna. Mi guardai dietro, dove avevo lasciato la foresta, e di nuovo davanti a me. Mither mi aveva riportato a casa.
Il ruscello continuò la sua corsa fino alla casa, distrutta. Mi avvicinai con cautela.
Di essa non rimanevano che le macerie: cumuli e cumuli di cenere e pezzi caduti, scricchiolanti. Era come se l'incendio fosse avvenuto solo qualche ora prima,invece che giorni addietro. Sentii un forte groppo alla gola guardandomi attorno. La mia casa, la casa dove ero praticamente cresciuta non c'era più. Il ruscello parve fermarsi, in attesa, su ciò che una volta era la porta di quella dimora. Quando mi avvicinai, riprese la sua, ora più lenta, corsa verso l'interno. La casa era pericolante, ma, senza toccare niente entrai comunque.
L'acqua correva sul pavimento, silenziosa, ed io la seguivo, lasciando dietro di me impronte visibili nella cenere. Non riuscivo a capire. Da alcuni cumuli di cenere vedevo uscire ancora del fumo, segno che il fuoco si era spento da poco. Ma io ero stata via giorni, non poteva essersi spento solo adesso. L'acqua si diresse verso quella che una volta era la cucina.
All'interno di essa, si fermò, per accumularsi in un punto, come una pozzanghera. Gorgogliava nella stessa posizione, immobile. Mi avvicinai, inginocchiandomi a terra. La cenere bagnata lasciò intravedere sotto di essa una fessura. Spostai delicatamente con le mani i resti, rivelando una botola. L'acqua sparì all'interno di essa.
Cercai furiosamente un gancio, qualcosa, per aprirla,ma non c'era niente. Vidi vicino al vecchio camino l'attizzatoio del fuoco, e corsi a prenderlo. Piantai la sua punta nello spazio tra le assi del pavimento e della botola, e con forza la sollevai. Questa cadde indietro, aprendosi completamente. Al di sotto di essa intravidi delle scale. Mi guardai attorno, perplessa. Non avevo mai visto questa botola nella casa della nonna, nemmeno occasionalmente. Mi sentivo sempre più tradita; quante altre cose non conoscevo di quella che in teoria doveva essere la mia famiglia?

Mi incamminai, scendendo quelle ripide scale. Queste terminarono in una grande stanza sotterranea, ancora intatta. Le sue pareti di pietra avevano resistito alle fiamme, proteggendo il suo contenuto. Al centro della stanza stava un enorme tavolo in legno, sul quale erano riposti molti libri e pergamene, le quali erano molto simili a quelle che avevo visto nella villa. Un calamaio stava su un angolo, abbandonato accanto ad una vecchia lampada ad olio. Appoggiata ad una parete vidi la vecchia scopa di saggina della nonna, quella con la quale puliva sempre casa, e dentro una grande apertura nel muro, un immenso calderone. Alle pareti erano appese grandi quantità di lavanda ed altre piante secche, chiuse tra loro in mazzi poco omogenei. Una sedia era abbandonata in un angolo. Mi avvicinai al tavolo, ed osservai i libri e le pergamene. Su di esse erano disegnati molti sigilli, che oramai avevo imparato a riconoscere, ed anche molte piantine. In una di esse riconobbi dei disegni. Vidi figure molto simili alla donna del mio sogno, ed attorno ad essa svariati appunti nella calligrafia di mia nonna.
Ne presi alcuni in mano.

-"sirene... Tritoni...." - e poi una parola attirò la mia attenzione - "Mither".

Tutto ruotava attorno a lei. Cominciai a capire: avevo visto una delle creature di Mither, una sirena. La scaglia che si incastrava nel mio libro, al sicuro nel mio zaino, era una delle sue figlie.
Ma perché mi aveva riportata qui? Cosa ci facevo e perché sembrava non esser passato nemmeno un giorno?

Una luce provenne dal mio zaino. Lo aprii rapida, vedendo la scaglia sul libro illuminarsi. Aprii lo zaino, infilando dentro rapidamente tutti gli appunti della nonna e tutto ciò che riuscivo a farvi entrare, poi lo presi veloce e lo posai sul tavolo. Questo si aprì rapidamente, come la prima volta, aprendosi su una pagina, seguendo la sua volontà. Lessi a voce alta, più per me stessa che non perché servisse davvero a qualcosa.
-"il labirinto di Gyra"
Il luogo descritto era circondato da una foresta, in cui il tempo scorreva lento rispetto a quello del mondo degli uomini. Un posto in cui molte creature cercavano  rifugio e dove molte altre si perdevano. Il libro si aprì su un'altra pagina.
Una creatura in particolare trovava rifugio in questo posto, lontano dal mondo degli uomini, ma non lontano abbastanza per esserne escluso.
-"vampiro"

Come un flashback, tutto ciò che era successo alla villa tornò prepotente alla memoria. Il liquido rosso che Namel beveva in continuazione, i poteri di Somir, la loro predilezione per la notte e le poche volte che li avevo visti di giorno... Era tutto lì.
Sentii una forte stretta al petto, e la consapevolezza farai strada nella mia mente.

-"Adéle"
Scattai sul posto, prendendo il libro rapida tra le mie mani. Alla fine delle scale, stava lui.
-"Namel" - lo dissi stringendo i denti, non sapendo come comportarmi.
Mi aveva tradita, e mi aveva tenuta in quel posto nascondendomi la verità.
Feci un passo indietro.
Lui mi osservò, studiandomi.
-"non devi avere paura di me"
Si avvicinò , tranquillo, verso di me.
Io mi spostai in un altro angolo della stanza.
-"stai lontano da me"
Si fermò. Inclinó la testa di lato,con quella sua snervante calma stoica.
Guardò il libro tra le mie mani, ancora aperto sulle sue pagine. Lo chiusi di scatto.
-"Adéle..." - allungò, quasi con uno sguardo ferito, una mano verso di me.
Io mi ritrassi, andando a sbattere contro il tavolo nel tentativo di scappare, senza staccargli mai gli  occhi di dosso.
-"mi hai mentito"
-"no, ho solo pensato che non dovevi sapere altro."
-"questo è MENTIRE"
Lanciai uno sguardo verso le scale. Se fossi corsa fuori forse potevo lanciarmi dalla scogliera e trovare riparo nella grotta in cui mi aveva portata la mamma.
-"tu  devi essere protetta"
-"si, da te e dalle streghe nere"
Spostai il piede leggermente verso destra , pronta a fare uno slancio.
Una mano scostò i capelli dal mio viso, portandomeli dietro il mio orecchio.
Scattai sulla difensiva, ritrovandomi Namel accanto.

-"cosa.. Come" - corsi indietro, spaventata.
-"tu eri.. Davanti a me"
In un battito di ciglia era comparso in un'altra posizione, bloccandomi l'uscita.
Vidi i suoi occhi brillare di un rosso innaturale, simile al colore... Del sangue.
Arretrai.
-"torna con me alla villa, Adéle"
Strinsi forte il libro tra le braccia.
-"no"
- "non riuscirai a sopravvivere un secondo lá fuori senza la mia protezione"
-"non la voglio"
Namel si voltò camminando per la stanza. Mentre lui era di schiena mi guardai attorno alla ricerca di qualcosa da usare come arma.
-"Adéle, possiamo risolvere tutto assieme."
Notai sul tavolo una boccetta. L'avevo già vista : era come quella usata da mamma per nasconderci alle streghe nere. Feci un passo avanti. Namel si voltò.
-"sono l'unico del quale non devi temere"
Mi avvicinai ancora.
-"tu... Mi proteggerai?" - dovevo solo avvicinarmi ancora un po', solo un altro po'.
-"a costo della mia stessa vita"
-"perché? Perché lo faresti?"
Qualcosa brilló nei suoi occhi rossi, nell'oscurità. Un sentimento che non fui in grado di decifrare.
-"tu, sei più importante per me di quello che credi. Fidati di me, vieni via con me"
Allungò delicato una mano verso di me, con uno dei suoi gesti così eleganti che oramai in quei giorni avevo imparato a riconoscere.
Allungai anche io una mano verso di lui,avvicinandola piano alla sua.
-"io...." - la avvicinai ancora di più.
-"io.... Io non ti credo più! -" presi la boccetta alla mia portata rapidamente e la sbattei a terra con forza. Quando questa andò in frantumi un'immensa nebbia si alzò nella stanza ed io corsi su per le scale e fuori.

Corsi a perdifiato fino al bordo della scogliera. Guardare di sotto mi fece venire forte le vertigini.
-"Adéle"
Mi voltai.
Namel mi guardò. Il suo tono di voce era lievemente sorpreso, quasi non si aspettasse quel rifiuto, ma al tempo stesso come se lo avesse previsto. Camminai indietro, sentendo poco a poco svanire la terra da sotto i miei talloni.
Lui fece un passo verso di me, allungando una mano.
Quando ricomparve davanti ai miei occhi, mi lanciai.
Vidi la sua mano, lenta, stringere l'aria davanti a me, e strinsi gli occhi.

Mither , aiutami.

Ed il mio corpo frantumò la superficie del mare.

The Circle - Born witch - Nata Strega Where stories live. Discover now