Quando dici la sfiga!

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Percy

- Fuori! Prima che cambio idea - disse la Doods

La guardai male ma mi alzai comunque e uscii dalla classe seguito da Annabeth. Per fortuna non mi fece domande, anche perchè temevo di rispondergli male e non avevo intenzione di perdere la mia nuova amica.

Fuori dalla scuola, nel cortile, c'era l'ultima persona che volevo vedere sulla faccia della terra.

Un uomo dai capelli e la barba neri, il volto abbronzato e gli occhi verde mare come i miei. Mio padre.

- Grazie dell'aiuto, ma no grazie - gli dissi in modo brusco

- Sta calmo. Sono qui perché la preside mi ha convocato e quindi ne ho approfittato per farti togliere la punizione - mi rispose senza scomporsi.

Quello che si agitò, invece, ero proprio io. Perché diavolo la preside aveva convocato mio padre! Perché non mia madre o il mio patrigno?

- E che voleva? - chiesi, cercando di mascherare il mio nervosismo.

- Niente, voleva conoscermi visto che non ne aveva mai avuto occasione. È normale che un insegnante si interessi alla vita dei propri alunni - disse lui.

- No che non è normale! Perché la gente non si sa fare gli affari propri? Perché tutte le persone di questo modo si devono intromettere nella mia vita? -

Ok! Devo ammettere che stavo perdendo la pazienza. Sin da quando facevo le elementari cercavo di nascondere a tutti la verità su mio padre e c'ero sempre riuscito. Perché mi dava fastidio? Mio padre era più ricco di tutti i proprietari terrieri di Manhattan, per il semplice fatto che controllava mezzo oceano. Quasi tutti i porti e le zone costiere dell'America erano di sua proprietà e non parliamo dei territori esteri, inoltre la società che finanziava la maggior parte delle navi da crociera era sua e molte volte aveva fatto da capitano sulle varie navi. E questo spiega perché in diciassette anni aveva praticamente trascurato il figlio, che sarei io per chi non lo avesse capito, e mia madre, che è una donna paziente e gentilissima, avesse perso la pazienza e si sia cercata un altro uomo.

Immagino che pensate "siete matti, eravate ricchi sfondati". Già! Ma voi non sapete, che effettivamente, i miei genitori non si sono mai sposati e che né a me, né a mia madre interessino i soldi e la bella vita.

Tornando a noi, i miei nervi erano saltati perché adesso la preside sapeva chi era mio padre e sua figlia, quella smorfiosa di Drew Tanaka, era la regina delle pettegole e presto tutta la scuola avrebbe saputo la verità su Percy Jackson e io avrei dovuto cambiare nazione, anzi trasferirmi sottoterra.

- Non lo sa se è questo che ti preoccupa! - la voce di mio padre mi riportò alla realtà.

- Cosa? - chiesi stralunato.

- Non mi ha riconosciuto. Mica tutta la città conosce il mio volto, figliolo -

Lo guardai male, ma proprio male. Uno dei miei sguardi da "o te ne vai o prima ti picchio e poi ti annego". Ma mio padre faceva le mie stesse occhiatacce, quindi non gli fece effetto.

- Insomma di che voleva parlare? -

- Del tuo rendimento -

- Raccontane un'altra, oggi è il primo giorno di scuola di che rendimento parliamo! - dissi senza tanti complimenti.

Conoscevo abbastanza bene mio padre per capire quando mentiva, faceva la mia stessa faccia. Mia madre lo diceva sempre, io e mio padre eravamo uguali, sia nel carattere che nell'aspetto.

- Ok, la preside vuole che ti convinca a diventare il capitano della squadra di basket della scuola. Perché hai rifiutato l'anno scorso? - mi chiese.

- Se accetto mi lasci in pace? -

- Non per sempre, sei pur sempre mio figlio -

- E allora comportati da padre - gli dissi stringendo i pugni e senza guardarlo negli occhi.

- Questo si può fare! - disse mio padre lasciandomi di sasso, sinceramente non mi aspettavo una risposta come quella, di solito aveva sempre una scusa pronta per quella frase. Glielo avevo chiesto altre volte, quando non gli urlavo in faccia.

- Ci penserò. Adesso devo andare. Annabeth andiamo! - risposi.

Poi mi allontanai seguito da Annabeth.

E se il destino...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora