CAPITOLO 6 - LA LETTERA parte I

12 0 0
                                    




Caro, mio fidato, amico Archibald,

non avrei mai voluto scriverti questa lettera, ma il passato, il mio passato, che tu non conosci è ritornato e mi tormenta, non so quanti giorni avrò prima della fine che ho sempre immaginato e che me lo porto dietro da quasi 40 anni.

Per la mia vecchia patria sono stato un traditore e per quella nuova sono uno inaffidabile.

Il mio vero nome è Friedrich Van Frugenstein e sono nato a Berlino, discendo da una famiglia di baroni, il nome della mia famiglia era rispettata un tempo ma ora è sinonimo di morte, di crudeltà ed io mi vergono, come allora, di essere un loro discendente.

Sono sempre stato affascinato dall'antropologia, una scienza ricca d'informazioni sull'essere umano, i miei erano contrari a questo ramo scientifico preferivano che fossi un avvocato o un chirurgo. Trovai l'occasione giusta di allontanarmi da loro, da quella vita che mi attanagliava, che non mi faceva respirare, odiavo ogni centimetro della mia dimora; finalmente potevo continuare i miei studi, approfondirli a Cambridge sotto la guida del prof. Williams, che tu conosci bene, ti ho parlato di lui ti ho fatto leggere i suoi saggi tante volte.

Come vedi cerco di allungare il discorso per evitare di rivelarti quello che ritengo il mio errore più grande, l'inizio dell'incubo che ancora oggi mi perseguita e che sarà la mia morte. Ero un ufficiale delle SS e facevo parte dell'associazione scientifica del terzo Reich, l'AHNENERBE, sotto il comando di Himmler, nel reparto di antropologia e scienze biologiche, diretto dal dott. Gustav Von Blomberg, amico fraterno del Fuhrer e di Josef Mengele.  

Prima che tu possa avere un'idea negativa su di me, ti dirò che lavoravo in incognito per il governo inglese, ero anche un doppiogiochista.

E' intricato, lo immagino ma ora ti spiegherò: durante la mia permanenza a Cambridge feci amicizia con un ragazzo, John Niven,  dividevamo la stessa camera nel campus e ti rivelo che per la prima volta ho capito come si vive, il significato di bellezza, di felicità e mi sono preso la mia prima sbornia. John ed io eravamo come fratelli, e in quel momento mi dimenticai di essere un Van Frugenstein; avevo deciso dove passare il resto della mia vita: l'Inghilterra. Cambridge era il luogo dove iniziare una nuova vita, cambiando anche il nome, in modo tale da tagliare qualsiasi legame con la mia famiglia.

Il mio sogno però fu distrutto quando decisi di ritornare in patria per alcune questioni burocratiche non sapendo che il partito nazionalista di Hitler conquistò l'intera nazione e lui divenne il capo.

Prima che bloccassero qualsiasi comunicazione con altre nazioni, prima che mettessero mani su ogni cosa, riuscì, fortunatamente, a inviare una lettera a John dove spiegavo quello che stava accadendo e di come avessi bisogno del suo aiuto quando avrei raggiunto clandestinamente l'Inghilterra, sempre se non mi scoprivano prima e di conseguenza sarei stato accusato di traditore della patria e punito con la morte; inutile dirti che la mia famiglia non avrebbe alzato un dito anzi sarei stato, con la mia morte, un simbolo di fiducia verso Hitler e il suo ideale malato.

Non sono un uomo di guerra, non m'interessava combattere, il mio unico campo di battaglia era sul quello scientifico: la conoscenza e scoprire più cose dei miei predecessori.

La risposta che ricevetti da John, mi sbalordì parecchio, mi disse che avrei dato un grosso aiuto alla mia nuova "patria" se sarei rimasto lì e se fossi entrato in un ramo del terzo reich dove, avrei potuto informali di qualsiasi mossa del nemico.

Non capivo per quale ragione, il mio fidato amico mi invitò a restare in Germania, solo dopo la guerra mi confidò che, indirettamente al mio aiuto, riuscì a farsi riconoscere all'interno dell'esercito, solo dopo la guerra capì che John, era un'agente segreto.

Anche il fato iniziò a giocare "sporco" sul mio conto, come ho detto prima riuscì, dato le mie conoscenze accademiche, a entrare in questa società, AHNENERBE e con il prof. Von Blomberg iniziammo a fare delle ricerche per ottenere più informazioni sulla questione della razza ariana, la razza perfetta secondo il pensiero nazista...e credimi che ogni parola che usciva dalla bocca di uno di loro, una piccola percentuale di scienza o di intelligenza scompariva.

Per un lungo tempo non avemmo grossi risultati dalle nostre ricerche ma non dimenticai anche il mio secondo lavoro, e cercai di inviare qualsiasi mossa agli alleati senza farmi scoprire usando un metodo che solo John ed io potevamo capire.

Nel mio piccolo appartamento avevo un pianoforte a coda, regalato dai mie genitori per aver aderito al partito nazionalista. Era nero, classico con 88 tasti, 52 di color bianco e 36 di color nero. Le lettere dell'alfabeto inglese sono 26, giusto?

10 tasti neri suonano delle note ma le altre 26, con un meccanismo di radio-trasmettitore nascosto nella cordiera, dove i fili si confondevano con quelli del piano, trasmettevo i messaggi, e il pedale centrale aveva la doppia funzione: quando ero solo, inviavo messaggi ma se all'improvviso avevo ospiti che volevano rilassarsi ascoltando un po' di musica, premendo due volte il pedale si attivava un congegno che mi permetteva di suonare le note, trasformandolo da una macchina per scrivere a un normale pianoforte.

E ogni sera inviavo messaggi suonando agli alleati.

Così durò fino agli inizi di agosto del 1945 quando non inviai più messaggi per qualche settimana quando Von Blomberg mi scelse tra i suoi assistenti per un viaggio in Africa Settentrionale, in Libano dove Rommel aveva scoperto uno strano sarcofago. Non sapevo altro in quel momento.

Hitler inviò immediatamente un gruppo di scienziati: noi gli antropologi, biologi e archeologi. Prendemmo l'aereo il giorno dopo, partimmo poco dopo l'alba.

Arrivammo a Tripoli in prima mattina, appena scesi dall'aereo c'era una camionetta dell'esercito ad attenderci e ci portò in mezzo al deserto libanese dove c'era Rommel con il suo team sul luogo della scoperta.

Percorremmo il deserto silenziosamente, nessuno osava parlare. Arrivammo a Hfara, una zona desertica a quaranta minuti da Tripoli, in mezzo al deserto sorgeva una strana torre di pietra, alta quasi 30 metri, con una porta di legno.

Era un'immagine singolare, come se qualcuno l'avesse costruita in quel punto per un preciso motivo, sia io sia il resto del team rimanemmo folgorati da quest'aspetto.

Ai piedi della torre c'erano tre altre camionette e due soldati, come guardiani, fuori dalla porta.

Appena ci avvicinammo alla torre, avvertì un freddo gelido che mi attraversava, e dalla faccia degli altri capì che non ero l'unico a provare quella sensazione nonostante ci fosse un sole che riscaldava le pietre.

La natura ci stava avvisando del pericolo.

Entrammo nella torre e trovammo una botola al centro con una scala, il soldato ci disse che Rommel era lì ad aspettarci.

Scendemmo in un lungo corridoio illuminato da torce sistemate su entrambi i lati di questa specie di tunnel; l'aria era più fredda e sentivo come una specie di brusio che mi seguiva; il tunnel ci conduceva in una specie di grotta, umida, con un odore nauseabondo, c'erano quattro colonne, di pietra, con delle arcate che formavano un cubo gigante dove all'interno c'era il sarcofago; la stanza era piena di soldati e Rommel appena ci vide ci accolse calorosamente e subito dopo ci mettemmo al lavoro e notavo un particolare che solo dopo capì il motivo di tutta questa fretta nel ricevere  i risultati.

L'ESSEREWhere stories live. Discover now