Capitolo 1

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Taehyung si sedette sulla panchina, come ormai voleva la prassi da qualche mese a quella parte.
Aveva scoperto l'evidente beneficio che l'atmosfera di quel piccolo parco regalava alla sua ispirazione e ne aveva approfittato senza pensarci due volte, tanto preziosa era per un amante del disegno e della pittura come lui.

L'arte rappresentava la sua passione, il suo scopo e il suo lavoro; in poche parole, la sua vita. Sin da piccolo gli era stato riconosciuto un particolare talento nel raffigurare oggetti che a lui riuscivano con estrema facilità, al contrario degli altri bambini.
Lui non aveva mai conosciuto omini stilizzati, cieli colorati a metà o soli triangolari all'angolo del foglio; sembrava esser nato con la capacità di schizzare la realtà su una tela bianca così com'era.

Aveva coltivato quella sua attitudine, l'aveva perfezionata e migliorata allo sfinimento, passando giornate su giornate a rigare la carta con la grafite, a riempire tavoli e pavimenti di trucioli di gomma e fogli accartocciati e a rovinare pile intere di vestiti con macchie di colori acrilici, ad olio e acquerelli.

Agli occhi degli altri, trascorreva la maggior parte del tempo al chiuso, intrappolato tra quattro mura, ma in realtà solo nel suo laboratorio si sentiva immerso nel mondo, circondato dalle sue decine di opere che solo una cosa avevano in comune: la natura.

Non mirava all'arte moderna, all'astrattismo o al futurismo, non si curava di raffigurare gli alti grattacieli o le strade abbandonate perché per lui, l'unica vera modella doveva essere la perfezione che non riusciva a trovare tra le opere artificiali dell'uomo.

Così dipingeva boschi, praterie, spiagge, montagne, cieli e i paesaggi più disparati che riuscivano a trasmettergli un senso di pace e di serenità, azzardandosi ogni tanto a qualche ritratto, per diletto o per commissione.
Il suo talento era stato infatti ripagato, portando i suoi quadri ad un successo meritato ma che mai si sarebbe aspettato, rendendolo uno dei pittori più apprezzati e richiesti della sua epoca.

Succedeva frequentemente quindi che qualcuno lo contattasse per ordinare un dipinto particolare e Taehyung accettava a patto di decidere lui i tempi di realizzazione: l'arte non doveva essere limitata da nessuna insignificante scadenza.
L'arte serviva a rendere la realtà immortale, perennemente immobile e cristallizzata tra i pigmenti della vernice, non doveva essere ridimensionata a nessun tempo umano.

Qualche giorno prima aveva però ricevuto una richiesta insolita da parte di un misterioso uomo facoltoso, il quale non aveva dato nessuna indicazione oltre ad un vago: «Sorprendimi».

Aveva ricercato la sua preziosa ispirazione a lungo, capendo solo dopo un paio di notti che quello che cercava non lo avrebbe trovato all'interno della casa.
Perciò era andato in quel parco, poco distante e non molto affollato, armato di blocco da disegno e di una matita sotto braccio, pronto a catturare qualsiasi cosa che ne valesse la pena.

Aveva anche meticolosamente scelto il momento ideale: quell'istante della sera dove il tramonto incombeva imponente, ancora acceso e immune all'oscurità del crepuscolo.
Scrutava il cielo caleidoscopico, come le foglie assumessero diverse sfumature sotto a quei raggi tenui e rossastri e ascoltava il placido mormorio delle persone e dei cespugli.

Si sentiva sereno, tranquillo, felice... ma non ispirato, non ancora.
Doveva continuare a cercare.
Voltava la testa in ogni direzione, lentamente, concentrandosi su ogni dettaglio: la camminata incerta di un bambino, il sorriso di una coppia, il formicolio di una sua ciocca grigia che gli pizzicava la fronte e il solletico che il pendente dell'orecchino gli procurava sul collo.

Spostò gli occhi scuri dall'altro lato del prato, sorridendo davanti alla vista di un grosso cane che giocava col padrone, scarabocchiando qualche idea qua e là sul foglio con la punta della matita che andava consumandosi.
Eppure, non aveva ancora trovato il soggetto giusto.

Tela Bianca // Taejin Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora