Capitolo 2

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Un piccolo tocco alla spalla.

Taehyung si mosse un poco, rannicchiandosi meglio sul letto e nascondendo il suo volto tra i capelli e le braccia.

Un altro piccolo tocco.

Il grigiò grugnì lievemente, tastando il letto che non trovò e non sentendo neanche più il materasso sotto di lui.
Aprì di poco gli occhi vedendo... del legno.
Tante assi sottili di legno al posto del suo cuscino.

Un tocco più forte.

Si svegliò, girandosi mentre la sua bocca veniva catturata in un profondo sbadiglio e quasi non si strozzò alla vista di un poliziotto che lo guardava con disappunto.

«Signore, deve alzarsi da qui.» gli disse con tono impaziente, continuando a punzecchiargli il braccio in modo fastidioso e Taehyung lo guardò confuso, vedendo solo in un secondo momento di essere su di una panchina.
Come diamine c'era finito lì?

«Perché?» chiese stoicamente, sbattendo le palpebre e facendolo fare anche all'agente, basito dalla domanda.
«Perché non può usare il parco come casa, vada in qualche altro angolo lontano dalla strada.» spiegò paziente, continuando a spingerlo per farlo alzare.

«Ma io ce l'ho una casa... non sono un barbone!» protestò, rifiutandosi di sollevarsi per chi sà quale motivo.
«Sì, dicono tutti così, ora se ne vada.» La sua schiena venne spinta quella volta con entrambe le mani e, nonostante le sue proteste, venne letteralmente buttato fuori dal cancello.

Taehyung sbuffò, dando uno sguardo al cielo e vedendo il Sole poco più avanti dello zenit, segno che doveva essere circa l'ora di pranzo.
Il grigio non poteva ritornare immediatamente nel parco, sicuro che lo avrebbero cacciato subito, perciò ritornò di malavoglia sui suoi passi, entrando nell'appartamento e specchiandosi, per sua sfortuna, nello specchio dell'ingresso.

Il suo primo pensiero fu: "Oh Dio, c'è un barbone in casa mia!"
Il secondo invece: "Oh Dio, sono io quel barbone!"
Ora capiva perché quel poliziotto, e sicuramente molte altre persone, lo avevano considerato tale.

Si chiese con quale coraggio il giorno prima - anzi quella stessa mattina - fosse uscito in quelle condizioni senza curarsene. Non poteva assolutamente andare in giro in quel modo, sia perché era abbastanza conosciuto e avrebbe dato una cattiva impressione, sia perché non doveva spaventare il suo obbiettivo prima ancora di parlarci.

Tra sbuffi e sospiri, si lavò in fretta, indossando dei vestiti puliti e stirati e concedendo al suo stomaco un pasto un po' più consistente di una misera merendina che giaceva nella dispensa dai suoi lontani quattordici anni.

Era un po' più presentabile, si sarebbe azzardato a definirsi "bello" fino a poche ore prima ma, comparato alla bellezza di quel misterioso uomo, non riusciva più ad apprezzarsi, né lui né tutto il resto del mondo.

Capì fosse inutile tornare al parco tanto presto, anche perché aveva visto il castano esattamente al tramonto e fuori il sole era ancora alto nel cielo.
Rientrò nel suo laboratorio, che altro non era che una semplice stanza abbastanza spaziosa da contenere il grande cavalletto e la più soleggiata della casa, e sgranò gli occhi nel vedere il casino che aveva lasciato.

Non si ricordava di aver usato tutte quelle matite e di aver cancellato così tanto, come non si ricordava di aver usato più di un foglio.
Sembrava in un post-sbornia senza fine quel giorno e gli veniva quasi da ridere.
Si rimboccò le maniche e iniziò a riordinare la scrivania e il pavimento, preparando la stanza come se ci dovesse ospitare qualcuno.

Certo, se fosse riuscito a portarci quell'uomo per usarlo come modello dal vivo probabilmente sarebbe finito per diretto nel paradiso, ma non poteva pretendere che uno sconosciuto accettasse l'invito.
Sarebbe parso piuttosto maniaco, ma se si fosse presentato come un pittore magari... chissà.

Tela Bianca // Taejin Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora