Capitolo 16

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Cap.16

Nadia Chamack era sempre stata un portento come giornalista. Una vera forza della natura.

Uscita dalla panetteria, aveva intravisto un gruppetto di anziani a pochi passi dalla piazza e subito li aveva puntati col suo fare mellifluo e professionale.

Riscoprire che proprio Manon fosse stata nuovamente akumizzata non le era di gran conforto, ma il suo istinto le stava facendo suonare tutte le campane d'allarme che aveva in testa, spingendola in una direzione ben precisa.

Doveva proseguire.

Sentiva chiaramente che stavolta vi era qualcosa di diverso.

E lei si fidava del suo istinto.

Ci mise pochi secondi a scoprire che due donne coi capelli corvini erano state imprigionate in una bolla trasparente e che, poi, la figlioletta - santa bambina, anche se un pochino troppo vivace, a detta degli anziani - si era prodigata a fare letteralmente saltare in aria mezza piazza.

Dalle esplosioni in poi, invece, la storia perdeva il filo logico in quanto tutti si erano messi al riparo.

Qualcuno aveva affermato di aver visto arrivare Chat Noir.

Altri dicevano che Ladybug non era con lui, come succedeva di solito.

Qualcuno disse di aver visto Chat Noir a terra, ma niente più.

Eccolo, il momento clou, pensò Nadia: Chat Noir era a terra e Ladybug non c'era.

Tutti confermarono che la coppia di eroi avesse poi risolto tutto come sempre, ma a nessuno era scappato il fatto che proprio i due giovani erano stati fisicamente trascinati dentro la panetteria Dupain, in condizioni a dir poco rassicuranti.

Su cosa fosse successo nel mezzo, nessuno lo sapeva con precisione, se non un giovane turista che, per puro caso, si trovava nei paraggi e che, pensando stessero girando un film con effetti speciali iperrealistici, si era armato di cellulare ed aveva cominciato a scattare delle foto alla rinfusa, tra un botto e l'altro, senza prestare particolare attenzione, ma - semplicemente e meccanicamente – puntando verso dove sentiva più rumore.

Come in preda ad una crisi isterica, Nadia ansimò - pazzo o meno, quel turista era una traccia importante e le foto scattate di sicuro dovevano essere interessanti - si disse tra sé e sé.

Cominciò a scorrere le immagini sul cellulare che il giovane le aveva passato.

Quello che vide la lasciò senza parole.

Riconobbe subito la figlia Manon, anche se mascherata.

Riconobbe immediatamente le due donne nella sfera: Marinette e sua madre.

Vide una foto di Chat Noir a terra e Manon in piedi vicino a lui.

Vide Ladybug in posizione di combattimento, ma con una spalla completamente lussata.

Vide Sabine che brandiva a mo' di spada un enorme diapason, di fronte all'akumizzata ed in fianco a Ladybug, mentre Chat Noir continuava a fare pendant a terra col marciapiede.

Vide il Miraculous di Ladybug che stava rimettendo a nuovo tutti i danni, eccetto i due supereroi.

Vide la foto di Sabine che portava con sé Manon oramai non più akumizzata.

Vide la foto con Alya che trasportava il duo mascherato verso la panetteria - foto che avrebbe di sicuro pubblicato di lì a poco.

Ma dove era Marinette?

Perché si erano rifugiati tutti nella panetteria Dupain?

La bocca secca e la lingua incollata al palato.

I denti stretti ed i pugni tremanti.

Gli occhi sbarrati su quelle foto.

Marinette ... Ladybug ...

Ladybug ... Marinette ...

Eccolo, il mistero svelato.

Chiaro.

Lampante.

Cristallino.

Marinette era Ladybug.

Quasi isterica, strinse il telefono del giovane turista fino a far diventare bianche le nocche delle mani e poi si costrinse - con un enorme sforzo di determinazione, visto il suo stato emotivo - ad inviarsi tutte le foto, cancellandole dalla memoria del dispositivo del turista.

Gli allungò un biglietto da cento euro per il disturbo e si dileguò verso l'auto, per puntare al suo portatile.

Aveva il premio Pulitzer in mano e non se lo sarebbe fatto scappare per nessun motivo al mondo.

Arrivò alla tastiera del suo portatile come un falco sulla preda, senza sentire e capire più nulla, drogata dall'adrenalina del momento.

Oramai non era più in lei - esisteva solo la notizia! E che notizia!

Fu allora che Manon, timidamente, si avvicinò alla madre e gli diede un bacio sulla guancia: "Mamma, mi dispiace" - le sussurrò quasi piangendo.

Bastò questo semplice gesto a fermare la furia senza argini della piena in cui Nadia si era trasformata, rendendosi conto di aver trascinato la figlia per tutta la piazza, senza neppure ricordarsi di avercela, una figlia.

Cosa stava facendo?

Che razza di madre era?

E, peggio ancora, cosa stava per fare?

Avrebbe davvero svelato al mondo che l'eroina di Parigi era in realtà una delle ragazze più dolci e gentili che mai avesse incontrato?

Le voleva davvero rovinare la vita, esponendola alla gogna pubblica, e demolirla senza motivo?

Proprio colei che sacrificava tutta sé stessa a proteggere la città, senza nulla in cambio e che, anzi, le teneva pure la figlia durante le sue continue peripezie giornalistiche.

Era questo quello che veramente voleva?

Nadia lasciò il portatile ed abbracciò la figlioletta: "Ti ringrazio, amore mio! Mi hai evitato lo sbaglio peggiore di tutta la mia vita!" - le sussurrò all'orecchio seriamente pentita e vergognandosi di sé stessa.

Madre e figlia rimasero abbracciate per minuti interi, dimenticandosi di tutto e tutti, ma sciogliendosi reciprocamente in quel momento che solo una madre ed una figlia riescono effettivamente a condividere.

Una lacrima solitaria scese sul viso di Nadia.

Oramai lo sapeva, ma qualcosa avrebbe dovuto fare lo stesso: dopo aver lasciato Manon seduta sul sedile, compose un articolo asettico e veloce, descrivendo a grandi linee quanto accaduto e postando, come perla, la foto in cui i due supereroi - Marinette - venivano portati a spalla dentro la panetteria "di famiglia".

Con un sorriso, pubblicò la notizia sul web, ignara di quanto, in realtà, avesse svelato.

MarinetteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora