(Vic's pov)
Aprile 2019
"Haters", dall'inglese "to hate", odiare.
Viene utilizzata nel gergo di internet per indicare coloro che esternano e diffondono odio nei confronti di altre persone per mezzo dei social. Ma non basta.
Gli haters massacrano le persone, le uccidono dentro. E la cosa più orribile è che, nella maggior parte dei casi, lo fanno senza un valido motivo. Perché hai indossato dei jeans fuori moda, perché hai un chilo di troppo, o per puro divertimento.
Gli haters fanno male alle persone, le fanno sentire inadeguate, inferiori, sole. E l'unica soluzione a questo fenomeno sembra essere quella di incassare gli insulti, accettare le umiliazioni e farsi forza, andare avanti, nonostante tutto.
"Vuole sempre essere al centro dell'attenzione, ma il gruppo sta in piedi solo grazie al frontman".
"È famosa solo per essere la ragazza di Damiano, che poi chissà quante altre se ne porterà a letto oltre a lei".
"Suona il basso perché non è buona a suonare la chitarra".
"Non è neanche tutto 'sto granché ed è antipatica".
«Vic, mi stai ascoltando?»
«Sì, Thom. Scusa. Dicevi?»
«Vogliamo uscire o no?»
«Sì, certo.»
«Stavi rileggendo di nuovo quei commenti, vero?»
Ethan. Adoravo prenderlo in giro per il fatto che non parlava mai, ma delle volte lo preferivo di gran lunga quando se ne stava in silenzio. E quando si faceva gli affari suoi.
«Vado un attimo in bagno a darmi una sistemata.»
Mi chiusi dentro e fissai il mio riflesso nello specchio.
Lo so che la gente può essere crudele a volte, anche senza un motivo preciso. E so anche che non si può sempre piacere a tutti. Ma ci sono giorni in cui le parole sembrano più cattive, più pesanti, più opprimenti.
Che cosa avrei dovuto fare?
Cambiare rossetto? Usare l'eyeliner? Più mascara? Cambiare fondotinta?
Tagliare i capelli? Tingerli? Arricciarli, o piastrarli?
Indossare un vestitino sexy, i tacchi alti e le calze a rete?
Sarebbe comunque stato tutto inutile. Quei coglioni avrebbero comunque continuato a sparare stronzate su di me.
Tanto valeva uscire così, con i capelli messi alla meglio, il trucco sbavato di una giornata stressante, con addosso le prime cose trovate dentro la valigia.
In quei giorni in cui mi sentivo uno schifo, quando sentivo di valere meno di zero, avrei voluto essere una rondine, volare via e non tornare più. Ma solo in quei giorni. Perché in realtà non lo avrei mai fatto, non avrei mai abbandonato i miei ragazzi, i miei fratelli, la mia famiglia.
Magari avrei voluto nascondermi, così che nessuno potesse chiedermi "come stai?", e non avrei dovuto fingere un sorriso e mentire con un "sto bene". Che poi, a quelle risposte, Damiano non ci credeva mai.
Non dovevo fingere con i miei amici, non dovevo avere paura. Non avrei dovuto nascondermi da loro, ma ero stanca di gettare sulle loro spalle tutte le cazzate che un paio di cretini si divertivano a scrivere sul mio conto.
Mi sentivo come sotto al diluvio universale con un misero ombrellino in mano. All'inizio, l'ombrello mi aveva riparata dalla pioggia, che però, per quanto fine e leggera, aveva poi inzuppato la stoffa, rendendolo sempre più pesante. Alla fine, quel riparo non sarebbe stato tanto utile, perché sarei comunque arrivata a casa grondante d'acqua.
A volte mi sembrava di impazzire. Anzi, impazzivo proprio, in silenzio, dentro di me. Ma non serviva a niente. Dovevo sfogarmi, urlare, spaccare tutto. Una volta per tutte.
Afferrai la trousse con tutti i cosmetici e la scaraventai a terra, seguita da asciugamani, shampoo e bagnoschiuma, tutto ciò che mi passava sotto gli occhi.
Buttai sul pavimento il portasaponette e scagliai il bicchiere dello spazzolino contro la porta. La ceramica si era frantumata in mille pezzi, esattamente come la mia anima.
Presi la piastra e con tutta la rabbia incanalata nelle mani la scagliai contro lo specchio. Il vetro si crepò, scricchiolò. Dei pezzi caddero a terra provocando ancora più casino.
«Victoria!»
Qualcuno batteva i pugni insistentemente sulla porta.
«Si può sapere che cosa cavolo stai combinando?»
Ethan.
«Apri questa cazzo di porta!»
Un tonfo sul legno, più forte dei precedenti. Thomas.
Seguì qualche minuto di silenzio. I secondi si scandivano a ritmo del mio respiro affannato. L'ossigeno mi bruciava in gola. Il cuore martellava contro al petto, che sembrava stringersi sempre di più, dandomi delle forti fitte.
Avevo le vertigini, tutto prese a girarmi intorno. Afferrai saldamente il lavandino per non cadere. Lacrime di paura scesero dai miei occhi.
«Che cazzo sta succedendo qui?»
La sua voce risuonò tra le pareti della stanza.
«Vic si è chiusa in bagno. Se ne è rimasto qualcosa di quello che era il bagno.»
Sentivo Thom e Ethan dare spiegazioni. Le parole volavano senza seguire frasi di senso compiuto. Non capivo se stavo delirando io, o se erano loro a non riuscire a spiegare quello che stava accadendo. Le voci erano preoccupate, ansiose.
«Vic!»
Damiano. Avrei voluto gridare il suo nome.
«Vic, apri.»
Altro silenzio. Forse cinque secondi.
«Victoria!»
Un urlo fortissimo, seguito da un pugno altrettanto forte.
Dovevo tenere gli occhi semichiusi, infastiditi dalla luce proiettata dai led che incorniciavano ciò che rimaneva dello specchio e brucianti di lacrime salate.
Le urla di Damiano continuavano a rimbombare nella mia testa, ma le sentivo sempre più lontane.
Avrei voluto rispondere alle sue grida, ma tremavo così tanto da non riuscire neanche a parlare.

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Insieme Sempre || Damiano e Victoria ||
Romantizm«... ma è vero che abbiamo un rapporto molto intimo, siamo più che fratelli, più che amici, più che ogni cosa.» Damiano e Victoria. Victoria e Damiano. Nessuno sa quale verità si cela dietro quell'amicizia dannatamente perfetta. C'è chi ipotizza una...