My body lives on lead, but lead is terrible in flavor

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"Spero tanto che questo sole asciughi le mie lacrime e che questo vento spazzi via il mio dolore."

Il beep persistente era come una zanzara che non andava via. Mi accigliai, cercando la forza di farlo smettere. Avevo freddo. Non conoscevo quel posto. Era tutto confuso, ma la stanza era molto luminosa, le luci ronzavano silenziose su di me.

Lentamente e con grande sforzo, riuscii a mettere a fuoco più cose. Il tessuto ruvido del lenzuolo bianco che mi copriva, i tubi rigidi che mi invadevano le narici, un fruscio dolce accanto a me.

Cercai di riprendermi lentamente. Per farlo, dovevo andare in cerca dei frammenti di me stesso che erano sparsi qua e là, e rimetterli al loro posto. Raccoglierli pazientemente, uno ad uno, come pezzi di un puzzle in disordine. Non è la prima volta che mi accade qualcosa del genere, pensai mentre cercavo di muovere i muscoli intorpiditi delle gambe. Mi è già successo di provare una sensazione simile. Quando sarà stato? Provai a scandagliare la memoria, ma quel filo sottile si spezzò quasi subito.

Poi il viso di Jungkook riempì il mio campo visivo sempre più ampio. Avrei voluto allungarmi per toccarlo, ma un dolore pungente mi invase la mano quando provai a muoverla. Trasalii dal dolore, serrando gli occhi per un istante. Lui la prese tra le sue e la accarezzò dolcemente, riscaldandola allo stesso tempo.

- Kookie -. La mia voce si incrinò mentre parlavo. Avevo la gola secca, ma all'improvviso era umida per le lacrime e l'emo­zione. Vedere Jungkook mi aveva commosso, e mi fece sentire impotente. Eravamo stati divisi per troppo tempo, eppure non sapevo dire perché. - Cos'è successo? -.

- Ti hanno sparato, hyung - rispose lui dolcemente.

Chiusi gli occhi e cercai di recuperare la memoria. Tutto era confuso, ma lentamente, come la stanza, gli ultimi ricordi di quando ero ancora lucido mi tornarono alla mente in frammenti disordinati, fotografie psichedeliche di eventi a cui non riuscivo tuttavia a dare un ordine cronologico.

Il ristorante italiano, pieno di famiglie allegre e lavoratori. Gli spari e le urla di terrore, pianti di neonati e sirene in lontananza. Il sangue. Molto sangue. Anche quello di Jihyuk, il suo corpo riverso accanto a me in una posa innaturale.

Jihyuk era ferito.. o peggio.

- Jihyuk sta bene? - chiesi allora, allarmato.

Gli occhi di Jungkook esitarono, poi scosse il capo lentamente. - Non ce l'ha fatta -.

Oh, no. Non ci potevo credere. Non volevo crederci. Avevamo parlato insieme, non ci stavamo certamente congedando nel meglio dei modi. Anche se avevamo discusso, non riuscivo a credere che fosse morto. Jungkook mi mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio, spostando un tubicino che inviava dell'ossigeno freddo nelle narici. Arricciai il naso e tentai di toglierlo.

Jungkook mi fermò, rimettendolo a posto. - No, tienilo -.

- Non lo voglio -.

- Cazzo, hyung. Ti hanno colpito quattro volte. Puoi lasciarlo? Almeno finché non arriva il medico -.

Mi rilassai sul cuscino decidendo di non ribattere, anche perché quel poco di energia che mi aveva svegliato stava svanendo. Ero esausto, ma non volevo ancora lasciare Jungkook. - Scusa - mormorai sconfitto.

Lui sospirò, pieno di apprensione. - Ti fa male qualcosa? Posso chiamare l'infermiera -.

Feci una scansione mentale del mio corpo. Il dolore all'addome era più localizzato di quanto ricordassi, ma non avevo ancora idea di dove fossi ferito. Oddio, quell'uomo. Era stato lui a sparare. Chiusi gli occhi e cercai di ricordare il suo viso. Capelli scuri e occhi scuri. Coperto com'era, non ero riuscito a vedere molto. Ma la sua presenza, la sua corporatura e il modo in cui era vestito mi avevano fatto capire chi era. Non un altro giovane professionista in completo elegante per la strada.

The Sunny is rising again ☀️JikookWhere stories live. Discover now