1. Discesa All'inferno (Pt. 1)

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Il bambino corse verso l'uscio afferrando al volo una bisaccia con dentro pane, formaggio e una fiasca d'acqua, e se la mise a tracolla su una spalla.

Sua mamma aveva preparato il tutto all'alba, quando si era alzata per cominciare a svolgere le faccende di casa: c'era il pane da infornare, il bucato da fare, e poi sarebbe dovuta andare al mercato a vendere le ultime patate raccolte al campo appena fuori dalla loro piccola casa.

Ad Eren invece toccava il compito di portare le bestie -una decina di capre- al pascolo insieme all'amico Armin, che avrebbe aggiunto al gregge le sue due capre nere. Una volta tornati a casa a pomeriggio inoltrato, i due bambini avrebbero dovuto aiutare rispettivamente la mamma e il nonno nei campi.

Quella era la loro routine contadina, ma visti i loro dieci anni appena compiuti entrambi vivevano tutto più come un gioco che come un lavoro vero e proprio.

"Eren, fa attenzione, mi raccomando!" gli gridò la mamma mentre infilava la porta di casa.

Come ogni mattina, il bambino le rispose: "Certo!" poi si precipitò alla stalla.

Non appena ebbe sganciato il chiavistello, le capre si riversarono fuori in massa emettendo una cacofonia di belati, ed il bambino dovette correre loro intorno fischiando e menando colpi col bastone -senza mai sfiorare gli animali, comunque- per radunarle tutte in attesa dell'arrivo di Armin.

Il ragazzino giunse poco dopo, conducendo le proprie bestie allo stesso modo dell'amico: più magro e allampanato rispetto ad Eren, la cosa che maggiormente colpiva in Armin erano indubbiamente i suoi occhi grandi, azzurri come laghi di montagna e limpidi tanto da far pensare che il bambino non avesse mai conosciuto il significato della parola "menzogna".

I due si conoscevano fin da quando riuscivano a ricordare, ed il biondino era forse l'unico bambino con cui Eren, dal temperamento borioso e impulsivo, riusciva a scherzare e giocare senza che tutto sfociasse nel prendersi a pugni. Anche perché Armin era completamente negato nel menar le mani... Era questo uno dei motivi per cui la madre di uno ed il nonno dell'altro avevano pensato di farli lavorare assieme: Eren poteva aiutare Armin a sentirsi meno indifeso, mentre Armin poteva stemperare la tendenza dell'altro ad attaccare briga per un nulla.

I due bambini lasciarono andare avanti il gregge, che comunque conosceva bene la strada fino all'altura del pascolo, limitandosi ad agitare il bastone vicino alle poche capre che si staccavano dal gruppo per reindirizzarle nella direzione giusta.

Il cielo era limpido quella mattina, ed ogni tanto in lontananza si udiva lo stridio acuto di un falco; le marmotte facevano capolino dalle tane, osservando i due pastorelli e il gregge di capre con circospezione prima di tornarsene con il musino sotto terra. La pianura era immensa, verde smeraldo, e sfociava - molto, molto lontano a nord - in una catena di monti appena visibili perché perennemente semi coperti da banchi di nuvole così spessi da sembrare morbidi cumoli di lana.

Quelle montagne rappresentavano il confine del mondo di Eren e Armin: oltre, l'ignoto e la tenebra, il demonio.

Così diceva il prete, durante le prediche domenicali alla Dea Madre Ymir: migliaia di anni fa, agli albori del mondo, essa aveva eretto quella catena montuosa generandola dal suo stesso immenso corpo, per difendere gli uomini suoi figli da mostruose creature che di umano non avevano nulla, e che anzi di umani si cibavano.

"Badate" gridava sempre il prete ad un certo punto della predica "perché quelle bestie che vogliono annientarci hanno fattezze simili alle nostre, a volte!"

Eren non aveva mai capito molto di tutto quel discorso - considerando anche che in quanto contadino non aveva mai frequentato una scuola- tranne che oltre le montagne c'erano il pericolo ed una porzione di mondo mai vista prima. Bastava quello ad accendere l'interesse nel suo spirito avventuroso di bambino.

Giunti al pascolo, i due bambini lasciarono gli animali liberi di andare dove volevano, controllando però sempre che non si allontanassero troppo, e si sedettero sull'erba verde smeraldo per riposare le gambe stanche dalla scarpinata, gli occhi rivolti al cielo sgombro di nuvole.

Eren chiuse gli occhi e sospirò beato quando una brezza leggera gli scompigliò i capelli sulla fronte.

"Non invidio per niente i nobili di città" disse ad Armin. "Qua è così bello... A che serve un castello buio se hai tutto questo spazio solo per te?"

"Però devi ammettere che mangiare carne ogni volta che vuoi e non doversi preoccupare delle carestie non è poi tanto male" gli fece notare lui con un sorriso. Poi aggiunse: "Inoltre, se fossimo più di semplici contadini potremmo andare a scuola e imparare a leggere..."

Eren scrollò le spalle con noncuranza: "Io non ci tengo ad andarci, a scuola. Ho sentito che là dentro, appena fai un errore, ti bacchettano le mani o ti mettono in ginocchio sui ceci. Sarebbe umiliante"

Era sempre stato un bambino molto orgoglioso.

"Nemmeno io ci tengo a farmi picchiare in quel modo, però... Immagina quante cose potremmo scoprire se sapessimo leggere! Magari in qualche libro ci sono informazioni sul mondo oltre le montagne e noi non ne abbiamo idea"

"Per conoscere il resto del mondo basta andarci, oltre le montagne" disse molto semplicemente Eren, portando le braccia incrociate dietro la testa a mo di cuscino.

Ma per avere il permesso di recarsi oltre i monti bisognava essere dei soldati.

Restarono in silenzio per il resto del tempo, ognuno immerso nei propri pensieri e lanciando ogni tanto occhiate agli animali intenti a brucare, finché il sordo brontolio dei loro stomaci vuoti non li indusse a tirar fuori il pane ed il formaggio dalla bisaccia di Eren.

Il castano si ingozzò con voracità, mentre il biondino mangiò tutto con la calma più completa. Era incredibile che, pur essendo tanto diversi, andassero così d'accordo.

Per il resto del giorno rimasero al pascolo, giocando ogni tanto a chi lanciava i sassi più lontano o a rincorrersi tra le capre, che ogni volta sembravano lanciare loro occhiate scocciate, e quando si mossero verso casa era ormai quasi il tramonto.

E fu proprio allora, alla fine di quella giornata, tranquilla, uguale a tutte le altre vissute prima, che l'inferno di Eren Jeager ebbe inizio.

ANGOLO AUTRICE.

Allora gente, l'avete chiesta, mi avete mandato messaggi e commenti per averla, e finalmente eccola qua! Una nuova Ereri! E , sarà di stampo fantasy.

In realtà, all'inizio volevo scriverne una perfettamente "normale" ambientata nel nostro mondo, ma poi ho letto una raccolta che spiegava vari motivi per cui la Ereri potrebbe essere canon (se tu sei l'autrice e stai leggendo, scusa ma non ricordo il tuo nome, quindi sei libera di spammare la tua raccolta nei commenti) e in uno dei capitoli era scritto che non ci sono abbastanza Ereri Fantasy in italiano, e là bho mi è venuta l'illuminazione.

Ora, le idee per questa nuova storia sono ancora in corso di definizione, e i capitoli potrebbero non essere molto lunghi visto che sto scrivendola sul cellulare, ma spero che vi possa piacere lo stesso.

Sangue di demoni (Ereri) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora